
(Articolo sui dazi di Trump da parte di USB Veneto da Vicenza PiùViva n. 297, sul web per gli abbonati ora anche il numero di 298 di maggio, acquistabile in edicola in versione cartacea).
Massimo D’Angelo, rappresentante legale Usb Lavoro Privato Veneto: «basta basare la nostra economia solo sull’export e sulla compressione salariale!”
L’introduzione dei dazi sulle merci europee da parte dell’amministrazione Trump rappresenta un attacco diretto ai lavoratori e alle lavoratrici del nostro Paese. Ancora una volta, le logiche della competizione globale e degli interessi economici dei grandi gruppi industriali rischiano di scaricare i costi sulle spalle di chi produce, crea valore e tiene in piedi il sistema produttivo. Le conseguenze di questi provvedimenti sono già tangibili: migliaia di posti di lavoro sono in bilico, soprattutto nei settori più esposti all’export verso gli Stati Uniti — dall’agroalimentare alla moda, dall’oreficeria al meccanico, fino all’automotive.
Il rischio concreto è che siano proprio i lavoratori a pagare il conto di queste scelte. Le stime, per la sola provincia di Vicenza, parlano di un calo dell’export del 17% nel 2025. Ma la risposta non può limitarsi a strategie di “diversificazione dei mercati”. Se da un lato è importante guardare a nuove destinazioni commerciali, dall’altro è urgente un cambio di paradigma: basta basare la nostra economia solo sull’export e sulla compressione salariale! Siamo di fronte a una crisi strutturale del modello economico neoliberista, che in nome della competitività internazionale chiede allo Stato di mettere risorse pubbliche al servizio dei grandi gruppi industriali, mentre ignora i bisogni del mercato interno, dei salari, del welfare. Le stesse politiche europee, con il Green Deal applicato in chiave punitiva per le industrie e i lavoratori, si inseriscono in questa logica: vincolare, reprimere, ridurre il costo del lavoro, privatizzare tutto ciò che è ancora pubblico. In questo scenario, la risposta del governo italiano è emblematica: non si interviene per tutelare l’occupazione, non si aumenta il potere d’acquisto delle famiglie, non si investe nei servizi pubblici. Si accelera, invece, l’approvazione del DDL Sicurezza, trasformandolo in decreto, per dotarsi di strumenti repressivi utili a contrastare un dissenso sociale che inevitabilmente crescerà. Una scelta grave, che rivela la vera natura delle priorità di chi ci governa.
Di fronte a questa escalation, il movimento sindacale non può restare a guardare. Non possiamo accettare che la crisi venga pagata da chi lavora, da chi produce, da chi è già colpito dall’inflazione e dalla precarietà. Serve una risposta forte, collettiva, determinata: su i salari, giù le armi contro le guerre economiche e militari, per un futuro di giustizia sociale e lavoro dignitoso.