
La Guardia di finanza del Comando Provinciale di Treviso ha denunciato alla Procura della Repubblica locale due imprenditori per bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’accusa è di aver “pilotato” il fallimento di un’azienda di meccanica con sede nell’hinterland trevigiano, costituita nel 2009, che contava su un volume d’affari annuo medio di circa 1,5 milioni di euro e impiegava quattro dipendenti.
L’operazione rientra nelle indagini delle fiamme gialle orientate alla tutela dell’economia legale, con un focus sulla prevenzione e il contrasto alle condotte volte a depauperare il patrimonio di società in condizioni di insolvenza.
Le attività investigative hanno preso il via dal fallimento della società, dichiarato dal Tribunale di Treviso su istanza di due aziende che eseguivano lavorazioni commissionate dalla fallita, operante nel settore della costruzione di macchinari utili alla lavorazione di materiali metallici.
Le indagini hanno evidenziato molteplici condotte contestate ai due indagati nella gestione della società, la quale si trovava in dissesto almeno dal 2015. Questo dissesto era dovuto a una rilevante esposizione debitoria, a iscrizioni a ruolo per debiti tributari e a un’incapacità organizzativa e amministrativa che ha impedito la corretta e tempestiva rilevazione dei margini effettivi di commessa.
In primo luogo, agli imprenditori viene contestato l’aver aggravato l’insolvenza della società, peggiorando la situazione debitoria che, al momento del fallimento, ammontava a 1,4 milioni di euro. L’omissione nel richiedere l’ammissione della società agli strumenti legali di risoluzione della crisi aziendale ha avuto conseguenze nefaste per l’attività imprenditoriale.
In secondo luogo, è stata accertata l’occultazione del dissesto attraverso la sopravvalutazione dei bilanci d’esercizio dal 2014 al 2018 per un totale di 2,5 milioni di euro. Questo è avvenuto tramite omesse svalutazioni di immobilizzazioni immateriali e materiali, omesse rettifiche di ammortamenti infrannuali, omesse svalutazioni di crediti verso clienti, omesse rettifiche di rimanenze iniziali e finali, e omesse rettifiche di fatture emesse e da emettere.
In terzo luogo, le indagini hanno rivelato distrazioni patrimoniali per circa 90mila euro, realizzate mediante la corresponsione di compensi non deliberati a uno dei due amministratori e l’occultamento del saldo di cassa.
Infine, un’altra condotta contestata è la cessione occulta della società, senza corresponsione del prezzo di vendita (pari a circa 450mila euro), a un altro soggetto giuridico costituito ad hoc. Questa nuova entità, avente una sede contigua a quella della fallita e la medesima attività economica, ha visto uno dei due indagati assumere il ruolo di amministratore, permettendo così di proseguire l’esercizio dell’azienda meccanica insolvente, ma senza il peso della pregressa situazione debitoria.
La Procura della Repubblica di Treviso, alla luce del quadro probatorio acquisito, ha disposto la conclusione delle indagini preliminari, di cui è stata data notizia alle due persone sottoposte a indagini.