
Domani, 26 giugno 2025, a Vicenza potrebbe scriversi una pagina storica per la giustizia ambientale italiana. Dopo quattro anni di dibattimenti e ben 130 udienze, con oltre 300 parti civili e richieste di condanna da parte della Procura pari a 121 anni e sei mesi per nove dei quindici imputati, è attesa la sentenza del processo Miteni, relativo al disastro ambientale da Pfas che ha colpito il Veneto — uno dei casi più gravi d’Europa.
A ricordarlo e a sollecitare un verdetto che dia finalmente dignità alle battaglie civiche e ai diritti lesi, è la, che oggi — vigilia dell’udienza — ha diffuso un appello chiaro: “Chiediamo giustizia per le cittadine e i cittadini di Vicenza e di tutto il Veneto. Questo processo deve rappresentare un esempio per il futuro e sancire che l’inquinamento non può più rimanere impunito.”

La storia è tristemente nota: dal sito industriale di Trissino della ex Miteni, per anni, tonnellate di composti perfluoroalchilici e polifluoroalchilici — i cosiddetti “inquinanti eterni” — si sono riversati nelle falde e nei terreni, inquinando acque, cibo e persone. Oggi si stima che oltre 350 mila veneti siano esposti a livelli significativi di Pfas, sostanze capaci di persistere nell’ambiente per centinaia di anni e associate a gravi rischi per la salute, tra cui malattie neonatali, disfunzioni endocrine e tumori.
Il processo Miteni, cominciato solo dopo anni di mobilitazione da parte di comitati, associazioni e cittadini (fra tutti le Mamme No Pfas, Greenpeace, ISDE Medici per l’Ambiente, Medicina Democratica), è dunque anche il risultato della caparbietà di chi ha rifiutato il silenzio e la rassegnazione. “Le istituzioni per anni hanno taciuto — denuncia la Rete — oggi ci aspettiamo che sia riconosciuto il diritto costituzionale alla tutela della salute e dell’ambiente”.
Parallelamente, la battaglia legale non è l’unico fronte aperto: la Rete Zero Pfas chiede al Parlamento di approvare finalmente una legge nazionale che vieti la produzione e l’uso di Pfas e imponga interventi di bonifica nei territori contaminati, oltre a un piano di prevenzione sanitaria, che consenta ai medici di monitorare i pazienti più esposti, come donne in gravidanza e bambini.
Domani, dunque, il Tribunale di Vicenza non si limiterà a emettere una sentenza per i manager della ex Miteni: deciderà se riconoscere, con piena consapevolezza, che i diritti dei cittadini e la tutela dell’ambiente vengono prima dei profitti industriali. Un banco di prova non solo per la giustizia veneta, ma per l’intero Paese.