Italia-America Friendship Festival, da Il Manifesto la denuncia: “Vicenza, città della pace dimenticata”

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Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto
Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto

L’articolo di Riccardo Bottazzo sul quotidiano del 20 luglio smonta la retorica dell’amicizia italo-americana: sotto la facciata culturale, l’Italia-America Friendship Festival copre l’espansione militare USA. I movimenti vicentini protestano, il Comune resta muto.

Nell’edizione del 20 luglio de Il Manifesto (di seguito il testo completo), il giornalista Riccardo Bottazzo firma un approfondito articolo che denuncia l’Italia–America Friendship Festival in corso a Vicenza come una rassegna, patrocinata dal Comune guidato da Giacomo Possamai, che dietro al paravento della cultura e dello scambio internazionale, celebrati a 70 anni dall’inizio della presenza militare Usa in città, cela la solita macchina della propaganda militare.

Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto
Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto

Lo sottolineano da tempo, scrive Bottazzo, i movimenti pacifisti e antimilitaristi vicentini, che sabato si sono ritrovati sotto la Loggia del Capitaniato per contestare pubblicamente un evento che, a loro dire, mistifica il significato stesso di “amicizia” e trasforma Vicenza da “città della pace” a showroom del soft power americano.

Basi militari, armi e silenzi istituzionali

Bottazzo ricorda come la presenza USA in città non sia certo folkloristica: tra la caserma Ederle e la più recente Del Din (ex Dal Molin), Vicenza ospita la 173ª e la 207ª brigata aviotrasportata americana, da cui sono partite missioni in Iraq, Afghanistan e altri teatri di guerra. Missioni vere, con armi vere e vittime reali. Di tutto questo, il Festival tace.

A parlare, invece, sono i rappresentanti di associazioni tra cui ANPI, Legambiente, Coalizione Civica, AVS, Cobas e, naturalmente, del Coordinamento No Dal Molin. Accusano il Comune di aver concesso un patrocinio che legittima una narrazione tossica: quella secondo cui i militari USA sarebbero qui “per amicizia”, quando in realtà la loro presenza condiziona urbanistica, sicurezza e persino la libertà di dissenso sul territorio.

Il doppio standard della politica

Il pezzo pubblicato su Il Manifesto denuncia inoltre un curioso silenzio: quello della destra. A Vicenza nessuno, neppure tra le opposizioni più “patriottiche”, alza un dito per criticare il patrocinio comunale al festival filoamericano, sponsorizzato, tra gli altri da ICM, Industrie Costruzioni Maltauro, attiva in molti appalti militari Usa, e finanziato per 150.000 euro da NIAF (National Italian American Foundation (NIAF), fondazione culturale USA a sua volta finanziata da marchi dell’industria bellica. Anzi, tra maggioranza e opposizione, si registra un consenso trasversale all’espansione dell’influenza militare USA in città.

La retorica della “pace” da esportazione

Il problema non è solo etico, ma squisitamente politico. Il “Friendship Festival”, infatti, si inserisce in una narrazione addomesticata, secondo Il Manifesto, in cui le attività promozionali americane in città – dalle partite di baseball alle esibizioni folcloristiche – servono a nascondere la realtà dei fatti: ovvero che da Vicenza partono missioni militari dirette nei teatri di guerra, che le basi USA sottraggono territorio, risorse e autonomia alla città, e che ogni allargamento della presenza statunitense ha sempre avuto come corrispettivo un irrigidimento del controllo del territorio e della libertà di dissenso.

Il Comune benedice, la politica tace (tranne a Palermo)

Ma ciò che stupisce di più – come evidenziano nel Manifesto anche le voci critiche dei movimenti – è il comportamento del Comune di Vicenza. L’amministrazione Possamai, espressione di un centrosinistra che a parole si professa “europeista” e “pacifista”, ha concesso il patrocinio al festival senza batter ciglio. Nessun dibattito, nessuna valutazione politica, nessuna discussione in Consiglio comunale. Come se tutto fosse normale. Come se fosse normale far volare un C130 americano sopra la Basilica Palladiana.

A settembre nuova mobilitazione

I movimenti, tuttavia, non ci stanno. “Vicenza è anche nostra – affermano – e non può essere ridotta a vetrina bellica per interessi che con la pace non hanno nulla a che fare”.

Se per Possamai lo scopo del format è “celebrare e rafforzare i ponti culturali fra due paesi che da secoli si osservano e si ispirano a vicenda” e se per il contestato ideatore e direttore del Festival, il consigliere esterno delegato, tra le altre attività, ai rapporti con la comunità americana, Jacopo Bulgarini d’Elci, ora anche rilanciato dal suo mentore Variati ai vertici dello staff del candidato del centro sinistra alle regionali del Veneto del 2025, Giovanni Manildo, “In momenti di tensione internazionale è la cultura ad avere il compito, costruendo ponti, di tenere vivi il dialogo, il confronto e la conoscenza tra i popoli”, i movimenti, conclude il quotidiano, chiedono il ritiro del patrocinio comunale e il “licenziamento” di Bulgarini e annunciano per settembre una nuova mobilitazione contro la guerra e contro l’occupazione militare mascherata da evento culturale. Il loro messaggio, per Bottazzo, è chiaro: Vicenza non è una base logistica, è una città. E la pace non si costruisce con le parate ma con la verità.