Lettera ex ambasciatori a Meloni per riconoscere la Palestina, Giuseppe Arnò: “Prima equilibrio e coerenza, non riflessi condizionati”

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Riconoscere lo Stato di Palestina”, 40 ex Ambasciatori scrivono al Premier Meloni
Riconoscere lo Stato di Palestina”, 40 ex Ambasciatori scrivono al Premier Meloni

Giuseppe Arnò, il direttore della testata “La Gazzetta online” e presidente dell’Associazione Stampa Italiana in Brasile (Asib) interviene con spirito critico sull’appello dei 40 ex ambasciatori italiani rivolto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, affinché l’Italia riconosca ufficialmente lo Stato di Palestina. Più che negare la legittimità del gesto, Arnò invita a porsi le domande scomode, quelle che nella narrativa diplomatica dominante vengono spesso rimosse. In questa intervista che prende spunto da una sua recente riflessione proprio sul suo giornale, solleva interrogativi tutt’altro che retorici: qual è oggi il vero volto della Palestina da riconoscere? Perché l’appello viene solo da ex ambasciatori? E dov’è la voce unitaria dell’Unione Europea? Un invito a uscire dalla semplificazione, senza cedere né alla propaganda né al silenzio.

Direttore Arnò, che impressione le ha fatto la lettera aperta dei 40 ex ambasciatori italiani alla premier Meloni sul riconoscimento dello Stato palestinese?
È un appello che ha sicuramente un tono nobile, ma più che suscitare consensi genera interrogativi legittimi. Perché, ad esempio, a firmare sono solo ex ambasciatori? Dove sono le voci degli ambasciatori in carica, quelli che oggi operano nelle stanze dove si decidono le strategie diplomatiche? Dobbiamo pensare che la libertà di pensiero in diplomazia arrivi solo con la pensione?

La richiesta riguarda il riconoscimento dello Stato palestinese. Ma su questo punto lei solleva diverse perplessità. Quali?
La prima domanda, la più semplice, è: quale Palestina? Perché il rischio è che ci si trovi ancora una volta davanti a un gesto simbolico, fotocopia di ciò che hanno già fatto Paesi come Spagna, Irlanda o Norvegia, piuttosto che una scelta fondata su una valutazione autonoma, strategica e nazionale. Ci si appiattisce su una moda diplomatica, senza un vero piano politico.

Anche l’Unione Europea è chiamata in causa, in modo critico. Perché?
Perché, come spesso accade, è assente. Ogni Stato membro decide da sé, senza una linea comune. È la solita Europa delle opinioni sparse, non quella della politica estera unitaria. E questa debolezza, alla lunga, rende inefficaci anche le prese di posizione più intenzionate.

Una delle questioni centrali che lei pone è se la Palestina abbia mai riconosciuto Israele. E la sua risposta è netta.
Sì, è no. Non c’è stato un riconoscimento formale, né reale. Eppure c’è chi vorrebbe che domani mattina fosse riconosciuto uno Stato che ancora oggi nega l’esistenza del vicino. È un’illusione pensare che basti dire “pace” perché la pace si realizzi. Ci vuole realismo, e una presa d’atto delle contraddizioni sul campo.

Come legge allora la posizione dei Paesi del G7 che si sono detti favorevoli al riconoscimento della Palestina?
Si tratta chiaramente di una mossa politica, un segnale verso Israele e i suoi alleati, più che una scelta con effetti concreti. Non c’è oggi una struttura statale riconoscibile a cui attribuire quel riconoscimento. È un tentativo di moral suasion, utile sul piano simbolico ma di dubbia efficacia pratica.

E per quanto riguarda l’Italia, cosa dovrebbe fare?
L’Italia dovrebbe chiedersi chi realmente governerà quella Palestina riconosciuta. Un’Autorità Nazionale Palestinese che non controlla Gaza? O Hamas, che nega l’esistenza di Israele? Queste domande sono del tutto assenti nella lettera degli ex ambasciatori. Ed è un vuoto difficile da giustificare.

Quindi, nessun negazionismo del dramma umanitario, ma un richiamo alla responsabilità.
Esattamente. Il dolore dei civili, israeliani o palestinesi, non può essere merce politica né bandiera ideologica. Basta parole vuote: servono decisioni responsabili, coraggiose e coerenti. E, se possibile, qualche risposta in più. Anche da Macron. O magari direttamente dai 40, se il microfono è ancora aperto.