Lavoro nero nel Vicentino: il Partito della Rifondazione Comunista si scaglia contro “imprenditori senza scrupoli”

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Caporalato lavoro nero
Caporalato

In seguito ai recenti controlli dei Carabinieri che hanno portato a multe per oltre 100mila euro a Barbarano Mossano e Pojana Maggiore, con commento critico della Flai Cgil il Partito della Rifondazione Comunista della Provincia di Vicenza si scaglia contro il fenomeno del lavoro nero e l’atteggiamento di quegli imprenditori che non rispettano le leggi.

L’operazione dei militari, infatti, ha permesso di scoprire gravi irregolarità in due aziende, una di allevamento di pollame e una agricola per la coltivazione del tabacco.

I Carabinieri hanno individuato dieci lavoratori in nero, tra cui un minorenne, e hanno comminato sanzioni per oltre centomila euro complessivi. Le indagini hanno anche portato a tre provvedimenti di sospensione dell’attività per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Nel secondo caso, il titolare di un’azienda agricola è stato denunciato a piede libero per non aver fornito la formazione obbligatoria ai dipendenti. Tra i lavoratori irregolari c’era anche un cittadino marocchino, assunto senza contratto nonostante fosse in possesso di regolare permesso di soggiorno.

Il Circolo “Luciano Ceretta” di Montecchio Maggiore e la Segreteria Provinciale di Rifondazione Comunista di Vicenza hanno espresso grande preoccupazione per il persistere di questi fenomeni di caporalato e sfruttamento. La loro nota sottolinea che non si tratta di “sfortunati” imprenditori, ma di “imprenditori senza scrupoli” che mettono il profitto al di sopra dei diritti e della sicurezza dei lavoratori. Il partito invita le istituzioni a un controllo più severo e a una presa di posizione più netta contro queste pratiche.

“I blitz dei Carabinieri nel Basso Vicentino – si legge nella nota di Rifondazione – hanno messo in luce quello che denunciamo da anni: dietro l’immagine patinata delle eccellenze agroalimentari venete si nasconde un sistema di sfruttamento spietato, che calpesta la dignità umana e la legge. Minori costretti a lavorare, migranti senza contratto né permesso di soggiorno, turni massacranti sotto il sole e assenza totale di sicurezza”.

Per il partito, le responsabilità, dunque, non vanno ricercate solo in capo ai caporali, ma “ricade soprattutto su quegli imprenditori agricoli locali che, per inseguire il profitto, sfruttano i più deboli e approfittano della fragilità di chi vive in una condizione di ricatto permanente, come i lavoratori migranti. È inaccettabile che nel 2025 in Italia si possa lavorare come schiavi, senza tutele, senza diritti, senza sicurezza. È disgustoso che il profitto valga più della vita di chi piega la schiena sotto il sole”.

Rifondazione comunista esprime soddisfazione per il lavoro dei sindacati e delle Brigate del Lavoro, “che con coraggio e determinazione portano alla luce queste vergogne. Ma – prosegue la nota – denunciamo l’assenza delle istituzioni locali e nazionali”.

Dito puntato verso i controlli “a macchia di leopardo”, insufficienti secondo Rifondazione ad affrontare al meglio il problema.

“Come Partito della Rifondazione Comunista – viene aggiunto – chiediamo interventi immediati e concreti. Aumento drastico e permanente dei controlli nei settori agricolo e zootecnico, con ispezioni a sorpresa e potenziamento del personale ispettivo. Sanzioni esemplari e interdizione dalle attività per le aziende che sfruttano lavoratori o impiegano manodopera in nero”.

E ancora: “Permesso di soggiorno per motivi di lavoro garantito a chi denuncia lo sfruttamento, per rompere il ricatto del datore di lavoro. Applicazione piena dei contratti collettivi nazionali, con parità salariale tra italiani e stranieri. Piani di formazione e sicurezza obbligatori, pagati dalle imprese e controllati dagli organi pubblici”, conclude il Partito della Rifondazione Comunista.