Ergastolo in I° grado a Umberto Pietrolungo per omicidio Fioretto-Begnozzi: dopo 34 anni ignoti 2° esecutore materiale e mandante

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cold case Fioretto-Begnozzi
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Dopo oltre tre decenni di misteri, depistaggi e piste rimaste senza sbocchi (qui la storia su ViPiu.it) , il duplice omicidio di Pierangelo Fioretto e Mafalda Begnozzi ha trovato un colpevole e la giustizia ha emesso il primo verdetto su uno dei casi più misteriosi e dolorosi della cronaca nera vicentina. Il tribunale di Vicenza ha, infatti, condannato all’ergastolo Umberto Pietrolungo, 58 anni, originario di Cetraro (Cosenza), dato per legato al clan di ’ndrangheta Muto e ritenuto colpevole in primo grado del duplice omicidio di Pierangelo Fioretto e Mafalda Begnozzi, avvenuto il 25 febbraio 1991 nella loro abitazione di Vicenza.

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Per anni, il delitto era rimasto senza colpevoli e avvolto nel mistero, al punto da essere classificato come cold case. Un duplice omicidio efferato, privo di movente chiaro, che aveva lasciato sgomenta la comunità.

La svolta grazie al DNA

La chiave dell’inchiesta è arrivata nel 2023, quando una traccia di DNA isolata già nel 2012 dalla polizia scientifica è stata comparata con i database genetici nazionali. L’esito è stato inequivocabile: la corrispondenza con un profilo emerso dopo una sparatoria avvenuta in Calabria nel 2022. Da quel momento, gli inquirenti hanno potuto dare un nome al presunto killer.

La super indagine, coordinata dal pubblico ministero Hans Roderich Blattner e portata avanti dalla squadra mobile della Questura di Vicenza sotto la guida del vicequestore Lorenzo Ortensi, ha consentito di riaprire il caso e arrivare a processo.

La sentenza

Nell’udienza davanti al giudice Antonella Crea, il tribunale ha accolto la richiesta della procura, con in aula anche il procuratore capo Lino Giorgio Bruno, che nelle precedenti udienze aveva ricostruito nel dettaglio il lavoro d’indagine svolto per anni. La condanna all’ergastolo inflitta a Pietrolungo arriva a chiudere una vicenda lunga 34 anni, ma resta l’incognita più grande: il movente del duplice delitto, che non è stato chiarito nemmeno in sede processuale.

Le difese

Diversa, ovviamente, la posizione dei legali dell’imputato – gli avvocati Marco Bianco, Giuseppe Bruno e Matilde Greselin – che fino all’ultimo hanno chiesto l’assoluzione, sostenendo la mancanza di un quadro probatorio univoco e sollevando dubbi sulle conclusioni dell’accusa.

Le reazioni

Il procuratore capo Lino Giorgio Bruno e il pm Hans Roderich Blattner hanno espresso soddisfazione per la condanna all’ergastolo di Umberto Pietrolungo, sottolineando l’importanza delle scienze forensi, che hanno permesso di attribuire le tracce di DNA e impronte all’imputato dopo 34 anni.

Tuttavia, rimangono ancora senza nome il secondo esecutore materiale e, soprattutto, il mandante del duplice omicidio Fioretto-Begnozzi, con indagini ancora aperte. Bruno ha chiarito che gli esecutori erano legati alla ’ndrangheta di Cetraro, ma parlare di “omicidio di mafia” resta più complesso.

Sul fronte opposto, la difesa – rappresentata dall’avvocata Matilde Greselin – ha annunciato ricorso in appello, definendo la sentenza “ingiusta” e lontana dalla verità reale. Pietrolungo, collegato in videoconferenza dal carcere, ha reagito con grande sconforto alla lettura della condanna.

Una ferita che resta

La sentenza di condanna segna la chiusura formale, comunque solo in I° grado, del caso Fioretto-Begnozzi, ma lascia aperte ancora molte domande, soprattutto sul perché i due coniugi furono brutalmente uccisi nella loro casa. La città di Vicenza vede dunque concludersi una delle indagini più complesse e longeve della sua storia, ma la memoria di quella notte del 1991 continua a restare una ferita nel tessuto civile e umano della comunità.