Silent Hill f, il ritorno dell’incubo che parla al subconscio

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(Adnkronos) – Silent Hill f segna il primo, vero ritorno della serie dopo oltre dieci anni, ma non lo fa rimanendo ancorato alle nebbie della cittadina americana che ha reso celebre il franchise. Il nuovo capitolo ci trasporta in un Giappone rurale degli anni ’60, un’epoca sospesa tra tradizione e modernità, superstizione e scienza, patriarcato e desiderio di emancipazione. È un terreno fertile, che la scrittura di Ryukishi07 (autore di visual novel horror giapponese) trasforma in un incubo personale e collettivo, dove il terrore si insinua non solo nei paesaggi, ma soprattutto nella psiche dei personaggi. La protagonista, Shimizu Hinako, non è l’eroina tipica: adolescente ribelle con un padre fallito e violento, fugge dalla realtà rifugiandosi prima nell’immaginazione, poi nell’automedicazione. È il suo subconscio a plasmare l’orrore che affrontiamo, con creature disturbanti che incarnano paure intime, come la tocofobia, o mostri cuciti da frammenti di corpi femminili, simboli di una società che vedeva le donne come pedine da sacrificare. La metamorfosi del suo corpo e della sua uniforme scolastica diventa metafora di rinascita e di transizione, in un racconto che si presta a più livelli di lettura e che non concede mai una verità assoluta. Il cambiamento di ambientazione porta con sé anche un nuovo approccio al gameplay. Niente pistole o fucili: Hinako deve sopravvivere con ciò che trova, dalle mazze alle lame improvvisate, fino ad armi rituali nell’“altro mondo”. Questo focus sul corpo a corpo rende ogni scontro più viscerale, lento e metodico, obbligandoci a valutare colpi, risorse e spazi con attenzione. I nemici, mai banali, si muovono in modo inquietante, aggirando le convenzioni tipiche del survival horror: inseguono oltre scale e ostacoli, si immobilizzano se osservati e appaiono nei luoghi meno prevedibili, alimentando una tensione costante. Sul fronte delle risorse, la difficoltà è calibrata verso l’alto: armi che si spezzano, nemici implacabili e fughe obbligate fanno parte di un sistema che non concede tregua. Anche i puzzle brillano per design, variando in base al livello di difficoltà non per quantità, ma per profondità degli indizi, e acquisendo nuove sfumature nelle run successive. La struttura a “puzzle box story” invita infatti alla rigiocabilità: documenti inediti, cutscene alternative e dettagli narrativi emergono con ogni partita, arricchendo la comprensione della vicenda e trasformando la ripetizione in scoperta. L’atmosfera è sostenuta da una direzione artistica che alterna bellezza e orrore con grande efficacia: i campi di fiori rossi diventano scenari di morte, i dettagli delle creature oscillano tra il grottesco e il simbolico, mentre il comparto sonoro, fatto di rumori stridenti, suoni metallici e silenzi opprimenti, amplifica ogni momento. Le interpretazioni del cast, volutamente distaccate e dissonanti, accentuano il senso di alienazione, sia nella versione giapponese sia nel doppiaggio inglese. Silent Hill f è un titolo che non vuole piacere a tutti, né semplificare il suo messaggio. È un horror psicologico che richiede impegno, che pretende interpretazione, che spinge il giocatore a entrare nella mente di Hinako e, attraverso di lei, a fare i conti con paure, traumi e desideri inespressi. Un’opera disturbante e stratificata, che segna il vero ritorno della saga non attraverso la nostalgia, ma tramite la trasformazione. Come la sua protagonista, Silent Hill f rinasce dalle proprie cicatrici, trovando nuova linfa in un linguaggio horror maturo e audace. —tecnologiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)