Articolo 11 Costituzione contro la guerra: a Porto Burci con Bottene (ANPI), De Sanctis (ANPI Nazionale) e Faggionato (Giuristi Democratici)

In vista dell’inaugurazione del Parco della Pace ANPI Città di Vicenza - Sezione Nello Boscagli "Alberto"  e Rete Parco della Pace hanno organizzato l'incontro “L'art 11 della Costituzione e l'urgenza della pace“

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Fabrizio De Sanctis (ANPI Nazionale), Cinzia Bottene (ANPI Vicenza), Mario Faggionato (Giuristi Democratici) a Porto Burci il 25 settembre 2025 in dialogo su Articolo 11 Costituzione, in previsione dell'Apertura Parco della Pace
Fabrizio De Sanctis (ANPI Nazionale), Cinzia Bottene (ANPI Vicenza), Mario Faggionato (Giuristi Democratici) a Porto Burci

L’incontro “L’Articolo 11 della Costituzione e l’urgenza della pace” in vista dell’inaugurazione del Parco della Pace, che si terrà sabato 27 settembre, è stato organizzato da ANPI Città di Vicenza – Sezione Nello Boscagli “Alberto” e Rete Parco della Pace.

L’appuntamento di giovedì 25 settembre 2025 nella sede di Porto Burci, in Contrà dei Burci, 27 a Vicenza, ha visto dialogare Mario Faggionato, avvocato e presidente Giuristi Democratici Vicenza, e Fabrizio De Sanctis, esponente della Segreteria nazionale ANPI. A moderare il dibattito, Cinzia Bottene, dirigente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia locale.

Ad aprire la serata per ragionare assieme su cosa si potrebbe fare per cercare di attuare la nostra Costituzione è stata proprio la Bottene: “Ultimamente sento parecchie rivendicazioni di partiti politici che dicono -Ah è merito nostro se è nato il Parco della Pace – No, il merito è solo dei cittadini. L’articolo 11 della Costituzione è stato un faro per il movimento No Dal Molin e la vocazione alla pace è stata poi disattesa nella costruzione della nuova base”.

Per Mario Faggionato “parlare dell’articolo 11 della Costituzione significa davvero in qualche modo confrontarsi con uno dei principi supremi del nostro ordinamento costituzionale. E’ un principio che è immodificabile, cioè non può essere oggetto di revisione costituzionale e soprattutto prevale su qualsiasi eventuale vincolo o norma contenuta in un trattato internazionale. Perché ha questa valenza? Non solo perché è contenuto nei principi fondamentali della nostra Costituzione, ma proprio per il suo contenuto e per il suo significato straordinario, direi in qualche modo rivoluzionario. Con l’articolo 11, almeno in due aspetti, i nostri costituenti sono stati radicali. Il primo è il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli è un approdo antagonista rispetto all’idolatrato bellicismo conclamato, inseguito, praticato dal regime fascista. E il secondo profilo rivoluzionario è che vi è una rinuncia al nazionalismo, che aveva contraddistinto il nostro Paese, sino ad allora”.

Il fascismo era fondato sulla violenza e sull’esaltazione della forza, e per questo l’articolo 11 era stato creato anche per ripudiare l’ideologia su cui si basava. Basti pensare, ricorda Faggionato, che Mussolini affermava che “la guerra sta all’uomo come la maternità alla donna mentre la pace è deprimente e negatrice delle virtù fondamentali dell’uomo che solo nello sforzo cruento si rivelano alla luce del sole”.

L’articolo 11 appunto afferma, invece, che “l’Italia consente in condizioni di parità con gli altri stati la limitazione di sovranità necessaria ad un ordinamento che assicuri la pace e la garanzia tra le nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali a rivolta a questo scopo. L’unica sovranità appartiene al popolo. Lo stato non ha la sovranità assoluta, secondo quanto stabilito dalla Costituzione, poiché essa è fonte premessa di ogni ingiustizia e violenza internazionale”.

Nel Manifesto di Ventotene, prosegue il presidente dei Giuristi Democratici di Vicenza, veniva sostenuto che “la sovranità assoluta degli Stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera al suo spazio vitale territori sempre più vasti. Che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza, senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nella egemonia dello Stato più forte su tutti gli altri asserviti” ricorda Faggionato.

E per l’onorevole Cossanego, che faceva parte dell’assemblea costituente, “quasi tutte le rovine che si sono verificate in questi ultimi tempi sono dovute alla protervia con cui ogni Stato ha voluto sostenere in modo assoluto senza limitazioni la propria sovranità. Se si vuole veramente arrivare ad un lungo periodo di pace tra i popoli, bisogna invece che le nazioni si assoggettino a norme internazionali che rappresentano veramente una sanzione”.

Non ha avuto vita facile l’articolo 11, riflette l’avvocato vicentino, anche nel corso della vita repubblicana, ma, al di là delle violazioni che ci sono state, si è voluto e si è tentato in qualche modo di limitarne “l’impatto tellurico”, cercando in primo luogo di sostenere che il ripudio della guerra avesse una natura programmatica e poi ritenendo che l’enunciato dell’articolo fosse da scindere in più proposizioni (o commi) per fare intendere che le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento per cui la pace e la giustizia fra le nazioni, la formazione in favore dell’organizzazione internazionale rivolta in tale scopo non fosse più vincolato al ripudio della guerra. E invece, il ripudio della guerra avviene a condizione che venga meno la sovranità assoluta. “Il ripudio della guerra esige come condizione la fine della sovranità assoluta dello Stato, la possibilità di assogettarla alle limitazioni necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni e il conseguente impegno dell’Italia a promuovere e favorire l’organizzazione internazionale” precisa il giurista. L’articolo 11 ha aperto la strada all’entrata nell’ONU e poi nella Comunità Europea.

Il ripudio della guerra è fermo e irremovibile per quel che riguarda la guerra offensiva. E di quella difensiva? Qui, conclude Faggionato, entra in gioco l’articolo 51 della Carta ONU: “L’azione deve essere intrapresa assolutamente per poter resistere e respingere l’attacco armato. L’azione deve essere commisurata non solo all’attacco subito ma soprattutto al crimine che persegue cioè quello di ripristinare la situazione precedente all’attacco; l’azione deve essere ragionevolmente immediata nel senso che deve essere separata temporalmente e finalisticamente dall’attacco subito” .

Fabrizio De Sanctis, esponente della Segreteria nazionale ANPI, ricorda, quindi, la non osservanza dell’articolo 11, a volte in casi clamorosi, come al tempo dell’aggressione alla Jugoslavia o della guerra in Afghanistan, fino ad arrivare ad oggi: “Un’Italia che ripudia la guerra non potrebbe fornire armi ad Israele, addirittura come terzo paese”.

De Sanctis invita alla partecipazione alle prossime iniziative pro-Palestina, tra cui il 4 ottobre, manifestazione nazionale indetta dai palestinesi, e poi la marcia Perugia-Assisi il 12 del prossimo mese.

“L’Italia – continua De Sanctis – sta sfruttando gli enormi giacimenti di gas scoperti nelle acque palestinesi con un accordo con Israele del 2023, peraltro, e questo è un crimine di guerra. Cioè, l’occupante militare non può sfruttare economicamente la terra, ma neanche il mare del popolo occupato, invece lo sfrutta. E noi collaboriamo anche con quel crimine di guerra sfruttando gli immensi giacimenti […] La NATO ha imposto a tutta Europa il 5% del PIL per il riarmo […] ma se si fanno le armi si fanno le guerre” .

La Costituzione – termina De Sanctis – è il contrario del fascismo, ma è qualcosa di diverso anche dallo Stato liberale le cui debolezze permisero il fascismo, nel senso che oltre la pace, la libertà e la democrazia, nell’antifascismo c’è anche il lavoro, anzi è l’articolo 1 della nostra Costituzione. Il disagio sociale attuale rischia di esplodere anche con le armi o con le scelte che si vanno facendo, e ha fatto crescere i fascismi in tutta Europa, questa disperazione ha portato da un lato all’astensionismo, quando dopo decenni cambiano i governi ma tu resti disoccupato, resti precario, non ci vai a votare, e dall’altro i tentativi di cambiare, chi va a votare tenta di cambiare, con un susseguirsi di partiti politici al potere. […] Abbiamo bisogno di una rivoluzione costituzionale, l’attuazione integrale della nostra Costituzione”.

Cinzia Bottene ha, quindi, ripreso la parola sottolineando la necessità di una codifica del diritto di resistenza: “Avendolo vissuto sulla mia pelle, tengo moltissimo a ciò, ed è una cosa codificata in tante nazioni, nella Costituzione francese e in quella tedesca è inserito il diritto di resistenza e anche nella dichiarazione di indipendenza americana, lì è inserito addirittura in modo rafforzativo, perché è inserito come diritto e dovere. Allora, secondo il mio buon senso, trae forza il diritto di resistenza e deriva dall’articolo 1, la sovranità appartiene al popolo, e bisognerebbe veramente rafforzare e trovare un modo di codificare anche questo, perché il popolo ha il diritto di opporsi a cose, ad iniziative, a cose che vanno contro le leggi o che ritiene profondamente ingiuste”.

In chiusura dell’appuntamento, organizzato in vista dell’inaugurazione del Parco della Pace (sabato 27 settembre) ANPI Città di Vicenza – Sezione Nello Boscagli “Alberto”  e Rete Parco della Pace dal titolo “L’art 11 della Costituzione e l’urgenza della pace“, è intervenuta una signora presente con una domanda relativa alla presenza di basi militari a Vicenza: “Qui si preparano soldati per andare a fare la guerra. Guerre non certo di difesa. Come possiamo accettare questo?”

Risponde seco Faggionato: “Al tempo sono fatte battaglie legali sulla base, ma sono state perse. Io continuo a ritenere la presenza militare di questo tipo sul nostro territorio contraria alla Costituzione, abbiamo il diritto di resistere a questa occupazione.

Ovviamente, diritto di resistenza non vuol dire che tu hai il diritto di fare qualunque cosa in base a questo diritto. C’è un bilanciamento anche dei principi della Costituzione. La violenza non la puoi usare, però a mio modo di vedere è l’ora di resistere sul territorio. Certo, hanno un significato anche l’opinione pubblica, una pressione nei confronti delle autorità rispetto a questo, quindi far sentire la propria voce, continuare a fare opposizione rispetto a questo, contrapporre le proprie istanze”.