
(Adnkronos) –
L'origine della vita? In futuro potrebbe essere la pelle umana. Sebbene sia una prospettiva ancora lontana, non è fantascienza. Un team di scienziati statunitensi è, infatti, riuscito a creare per la prima volta embrioni umani in fase iniziale, manipolando il Dna, prelevato da cellule della pelle umana e fecondando successivamente l'ovulo ottenuto con spermatozoi. La tecnica è ancora in una fase di 'proof of concept' e richiederà una notevole attività di perfezionamento. Ma lo studio pubblicato su 'Nature Communications', spiegano gli autori, ne dimostra il potenziale per la gametogenesi in vitro, anche se "sono necessarie ulteriori ricerche per garantire l'efficacia e la sicurezza prima di future applicazioni cliniche". E' una tecnica – quella tentata dai ricercatori dell'Oregon Health and Science University – che potrebbe essere utilizzata in linea di principio per affrontare il problema dell'infertilità, dovuta all'età avanzata o a malattie, utilizzando quasi tutte le cellule del corpo come punto di partenza per la vita. Potrebbe, riporta la 'Bbc' online, addirittura consentire alle coppie dello stesso sesso di avere un figlio geneticamente 'imparentato'. Gli esperti affermano che si tratta di una svolta, che necessità però anche di un dibattito aperto con il pubblico su ciò che la scienza può rendere possibile. Sicuramente il lavoro scientifico appena pubblicato 'riscrive' sulla carta le regole: un tempo la riproduzione era una semplice storia, e cioè lo spermatozoo dell'uomo incontra l'ovulo della donna, i due gameti si fondono per formare un embrione e 9 mesi dopo nasce un bambino. Ora, per l'appunto, tutto comincerebbe con la pelle umana. La tecnica sviluppata dal team funziona così: si estrae da una cellula cutanea il nucleo, che contiene una copia dell'intero codice genetico necessario per costruire il corpo umano. Questo nucleo viene poi inserito all'interno di un ovulo donato, privato delle sue istruzioni genetiche. Fino a questo punto la tecnica è simile a quella utilizzata per creare la pecora Dolly, il primo mammifero clonato al mondo, nato nel 1996. Tuttavia l'ovulo così 'allestito' non è pronto per essere fecondato dallo spermatozoo, poiché contiene già un set completo di cromosomi. La fase successiva consiste quindi nell'indurre l'ovulo a scartare metà dei suoi cromosomi in un processo che i ricercatori hanno definito 'mitomeiosi' (parola che è la fusione di mitosi e meiosi, i due modi in cui le cellule si dividono). Lo studio ha dimostrato che usando questa strategia sono stati prodotti 82 ovuli funzionali, i quali sono stati fecondati con spermatozoi e alcuni hanno raggiunto le prime fasi dello sviluppo embrionale. Nessuno si è sviluppato oltre lo stadio di 6 giorni. "Abbiamo ottenuto qualcosa che si pensava fosse impossibile", assicura Shoukhrat Mitalipov (Oregon Health and Science University).
Quali sono i problemi della tecnica? Prima di tutto il fatto che l'ovulo sceglie casualmente quali cromosomi scartare. Dovrebbe ritrovarsi con un cromosoma di ciascuno dei 23 tipi per prevenire malattia, ma finisce per averne 2 di alcuni e nessuno di altri. Il tasso di successo è inoltre basso (circa il 9%) e i cromosomi mancano un importante processo in cui riorganizzano il loro Dna, chiamato crossing-over. "Dobbiamo perfezionare" il tutto, spiega Mitalipov, pioniere di fama mondiale in questo campo. Ma alla fine "penso che sarà" in questa direzione "che andrà il futuro, perché ci saranno sempre più pazienti che non potranno avere figli". "Oltre a offrire speranza a milioni di persone infertili a causa della mancanza di ovuli o spermatozoi – aggiunge Paula Amato dell'Oregon Health and Science University – questo metodo consentirebbe alle coppie dello stesso sesso di avere un figlio geneticamente imparentato con entrambi i partner". Per esempio, in una coppia omosessuale maschile, la pelle di un uomo potrebbe essere utilizzata per produrre l'ovulo e lo sperma del partner per fecondarlo. Ci vorrà in ogni caso tempo. Almeno altri 10 anni di ricerca – si legge in una nota dell'università – prima che l'approccio possa essere ritenuto sufficientemente sicuro o efficace da poter essere sottoposto a sperimentazione clinica, anche supponendo che tale sperimentazione venga autorizzata negli Stati Uniti. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)