Chiacchierata in rosa alla Loggia del Capitaniato, per parlare di tumore al seno: come affrontarlo, combatterlo e tornare a vivere

Il talk con Centro Donna e Andos, inserito tra le iniziative dell'Ottobre rosa a Vicenza

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Foto di gruppo di relatori e partecipanti alla Chiacchierata in rosa
Foto di gruppo di relatori e partecipanti alla Chiacchierata in rosa

Nelle riviste patinate usava pubblicare rubriche del tipo “Provato per voi”, ma si trattava di creme e belletti, auto nuove, viaggi insoliti, prodotti high-tech. Quello che invece ho provato io ieri sera, alla Loggia del Capitaniato, sono grandi emozioni, che voglio trasmettervi. Non per egocentrismo -alla serata organizzata dalla Breast Unit dell’Ulss 8 Berica e da Andos (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno) ero invitata anche io per portare la mia testimonianza-, ma perché il tema è importante, delicato e ahinoi sempre più attuale.

Ottobre rosa, mese della Prevenzione per la salute della Donna
Ottobre rosa, mese della Prevenzione per la salute della Donna

Il talk sulla malattia è stato certamente uno dei momenti più toccanti (e utili) delle iniziative per l’Ottobre Rosa che stanno interessando la città. Già il titolo “Chiacchierata in rosa” lasciava presagire che, al di là delle imprescindibili citazioni mediche, sarebbe stato un momento informale, per la gente e quindi, a mio parere, molto più diretto ed efficace di altre iniziative, pur lodevoli e indispensabili, per la prevenzione del tumore al seno.

Moderati con garbo da Alice Montagna, che ha dato voce a quelle che sono le domande un po’ di tutti -le donne che vivono il carcinoma, ma anche le loro famiglie e chiunque con un minimo di sensibilità- sono intervenuti, a vario titolo, diversi medici della Breast Unit di Montecchio Maggiore, che -come detto ieri sera- preferisco chiamare in italiano Centro Donna. Anzi, lo parafraserei in Donna al Centro, perché è così che ti senti quando ci approdi.

Relatori e partecipanti alla Chiacchierata in rosa
Relatori e partecipanti alla Chiacchierata in rosa

Poche ma determinanti le parole del direttore, dottor Graziano Meneghini, che ha dato subito un’impronta positiva alla serata, dichiarando che oggi il tasso di mortalità del cancro alla mammella è diminuito del 19% e che il suo centro non si limita all’aspetto medico e tecnologico, ma è un impegno comune di tutta l’equipe per aiutare la donna a non avere paura, ad affrontare al meglio la malattia e a trovarle il percorso di cura migliore. E io sono qui alla tastiera per confermarlo. L’attenzione, la delicatezza, la forte componente umana, la chiarezza e l’instaurazione di un rapporto umano diretto e personale sono proprio quello che cercavo, scegliendo, io vicentina di ritorno da solo due anni, di curarmi a Vicenza invece che a Milano, dove vivevo e dove facevo regolari controlli annuali. E questo ho voluto ribadire anche nella mia testimonianza di ieri: vicentine, non guardate altrove in cerca di chissà cosa, chissà dove, avete qui una vera eccellenza e la possibilità, impagabile, di essere voi stesse e non quel numerino anonimo che vi assegnano per la sala d’attesa.

Tornando al talk, sono intervenuti i senologi dottoressa Francesca Bertuzzo e Luca Alberti, gli oncologi dottoressa Valentina Montan e dottor Rocco De Vivo, i radiologi senologici dottoressa Caterina Zivelonghi e dottor Emanuele Lo Porto e la psicologa dottoressa Alessandra Belfontali. Li cito tutti non per pedanteria, né per dovere di cronaca, ma semplicemente perché, come loro ti trattano come persona, è giusto conoscerli anche noi come identità individuali, al di là del camice.

E se il tema principale era la sensibilizzazione alla prevenzione, sono tanti gli aspetti che sono emersi, alcuni sconosciuti persino a chi, come me, ci è passato. Sull’importanza della prevenzione non solo a livello di screeening (attenzione, sempre più donne giovani sono colpite dal carcinoma alla mammella!), ma anche di stile di vita, nessun dubbio. Aggiungo, mio personale parere, che altrettanto importante è un tipo di prevenzione difficilissima: volersi bene, darsi spazio, scalare la marcia, imparare a dire NO. Insomma, Ricordati di Te, come è impresso nel braccialetto di Andos, di cui sono stati omaggiati i tanti presenti in Loggia.

Ma tutto il resto? Il durante e il dopo? Si è parlato di tipologie di intervento, sempre più orientati -dove possibile- verso il conservativo anziché demolitivo, di genetica e familiarità, di tailoring dei percorsi di cura, di chemio e altre terapie, di qualità di vita (oggi per fortuna non è più una scelta tra vivere e morire, ma si tratta di guarire)…

E le cicatrici? Non quelle sulla pelle, quelle dentro? Un plauso particolare a chi ha parlato dell’impatto psicologico dopo aver ricevuto la diagnosi, ma soprattutto dopo l’intervento, anche qualora sia stato risolutivo. E qui di nuovo mi sono sentita fortemente coinvolta. Tutti pensano, a volte le pazienti stesse, che con l’asportazione del cancro, finisca lì. E invece no, è proprio allora che esplodono le emozioni più inattese e, se non li si affronta preparate, anche i problemi relazionali. Proprio a questo servono, che siano benedette, associazioni di sostegno come Andos. Ad affrontare la sfida, ma anche la convalescenza emozionale. Si perché la donna operata si ritrova a gestire un proprio io interiore inevitabilmente cambiato, che spesso non piace o comunque non è capito da chi le sta attorno. Per tutti, anche chi ti è stato vicino nella malattia, il peggio è passato e… the show must go on. Ma tu lo spettacolo, se così si può chiamare, lo hai vissuto da protagonista e devi continuare a ballare anche a sipario calato. Premesso che ogni modo di reagire è sacrosanto e lecito, ti trovi ad affrontare il nuovo quotidiano: la famiglia che ha giustamente voglia di archiviare, il reinserimento lavorativo, l’umore che fa i capricci, quella gran voglia di festeggiare che improvvisamente diventa voglia di piangere, senza contare l’emotività asincrona rispetto ai coetanei e agli amici: sei tu ma non sei più quella tu, hai un bagaglio che sola puoi capire e portare, vedi la vita diversamente ecc. Insomma, una sorta di solitudine che proprio ora non ti aspettavi, dopo quello che hai affrontato e nonostante il sostegno che hai avuto: devi ricostruire te stessa, trovando una mediazione con la tua nuova identità, con il tuo corpo segnato, con il passato e il futuro. Che ringrazi di avere ma che ti fa paura. Mi ha sconvolta scoprire che dopo un’esperienza di cancro al seno, oltre un quarto delle coppie si separano… E ancora una volta sono grata perché mi è andata bene. Con il cancro ma anche con gli affetti, sempre più forti.

A proposito del dopo, chiudo con un dato positivo e rincuorante, dichiarato alla serata: oggi il 91,5% delle donne guarite, a distanza di 5 anni, non ha recidive.

Forza donne, che siamo una forza!