PFAS, il disastro che il Veneto non vuole vedere. CoVePa: “Serve un nuovo processo, PFAS Due”

Dopo il documento regionale che conferma la diffusione dei contaminanti, il CoVePA accusa: “Rocce inquinate smaltite nelle cave della Pedemontana, emergenza sanitaria ignorata”

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Acqua Bene Comune Vicenza e Coordinamento Acqua libera dai Pfas
Acqua Bene Comune Vicenza e Coordinamento Acqua libera dai Pfas

La contaminazione da PFAS in Veneto torna al centro dell’allarme ambientale.
Un documento ufficiale della Regione del Veneto, recentemente pubblicato, conferma la presenza diffusa di sostanze perfluoroalchiliche nei territori interessati dai lavori della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV), rilanciando le denunce avanzate da anni da cittadini, comitati e associazioni.

Per il Coordinamento Veneto PFAS (CoVePA), rappresentato da Matilde Cortese, Elvio Gatto e Massimo M. Follesa, la situazione è ormai “un disastro conclamato che le istituzioni non vogliono vedere”.
«I PFAS — spiegano i portavoce — sono sostanze tossiche e persistenti, legate a disturbi endocrini, problemi immunitari e patologie tumorali. Ma le bonifiche tardano, i controlli sono carenti e la trasparenza istituzionale è minima».

Le nuove zone contaminate e i materiali smaltiti

Secondo il CoVePA, tra Castelgomberto, Malo e l’alta pianura vicentina si estendono aree che avrebbero dovuto essere già dichiarate “zone rosse”, a causa della diffusione dei contaminanti provenienti dai lavori della SPV.
Durante gli scavi dei tunnel di Malo e Trissino, oltre 3 milioni di metri cubi di rocce contaminate da PFBA — un composto della famiglia dei PFAS usato per accelerare la presa del calcestruzzo — sarebbero stati smaltiti in decine di cave tra Montecchio Maggiore e Bassano del Grappa.

Secondo il Decreto n. 20 dell’8 agosto 2022, firmato dall’ing. Elisabetta Pellegrini e pubblicato sul BUR del 23 agosto 2022, le cave interessate includerebbero siti nei comuni di Montecchio Maggiore, Brendola, Trissino, Castelgomberto, Cornedo Vicentino, Malo, Caldogno, Isola Vicentina, Thiene, Breganze e Bassano del Grappa, tra gli altri.
Molti di questi giacimenti si trovano a contatto con falde acquifere e aree agricole, ponendo gravi rischi per l’approvvigionamento idrico e la salute pubblica.

Il verbale della riunione tecnica del 17 giugno 2025 riporta inoltre che nei siti di deposito di Marano Vicentino, Montecchio Precalcino e Trissino sono stati rinvenuti livelli di PFBA nell’acqua di ruscellamento fino a 2.000 ng/l, segnale di una contaminazione ancora attiva.

“PFAS Due”: la richiesta di un nuovo processo

Per i rappresentanti del CoVePA, “non basta più monitorare, serve un nuovo processo giudiziario che accerti le responsabilità politiche, tecniche e industriali”.
Il coordinamento chiede l’apertura di un’inchiesta “PFAS Due”, con l’obiettivo di verificare chi abbia autorizzato o ignorato l’impiego e lo smaltimento delle rocce contaminate, aggravando la crisi ambientale in corso.

«Il documento regionale, reso noto grazie al lavoro del consigliere di Europa Verde Andrea Zanoni, è una dichiarazione di responsabilità — sostengono i portavoce —. Le istituzioni erano consapevoli, ma hanno agito con lentezza, privilegiando la conclusione dell’opera rispetto alla tutela della salute dei cittadini».

Il CoVePA denuncia inoltre “una strategia dilatoria e burocratica” da parte della Regione, accusata di “mascherare l’inazione dietro campagne di monitoraggio avviate in piena campagna elettorale”.

Richieste urgenti e accuse politiche

Tra le richieste del Coordinamento figurano:

  • l’attivazione immediata delle procedure da zona rossa nei territori contaminati;
  • la caratterizzazione completa dei siti di deposito delle rocce da scavo, in particolare a Malo, Marano e Montecchio Precalcino;
  • la bonifica urgente delle aree inquinate;
  • controlli indipendenti e frequenti sulla qualità dell’acqua;
  • informazione trasparente e gratuita ai cittadini sullo stato di salute;
  • accertamento di responsabilità politiche e penali per chi ha gestito l’emergenza.

Il CoVePA attribuisce precise responsabilità politiche alla Lega e ai principali esponenti della giunta uscente: il presidente Luca Zaia, il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti, l’assessora alle infrastrutture Elisa De Berti e quella alla sanità Manuela Lanzarin.
Critiche anche a Fratelli d’Italia e Forza Italia, oltre che a esponenti del Partito Democratico, accusati di “inerzia e silenzio”.

Un disastro che interpella il futuro del Veneto

«Volevano la SPV a ogni costo — concludono Cortese, Gatto e Follesa —, ma ora quel costo non lo vogliono pagare. I cittadini stanno subendo sulla propria pelle le conseguenze di decenni di sottovalutazione e di scelte politiche sbagliate. Serve un atto di coraggio: dichiarare le zone rosse, bonificare, e far partire un nuovo processo, perché la verità non può restare sepolta sotto milioni di metri cubi di terra contaminata».

Il CoVePA annuncia che continuerà a portare avanti azioni legali e iniziative pubbliche “per rompere il silenzio e pretendere giustizia per un disastro ambientale che non è più possibile ignorare”.