Gli Arcivescovi di Palermo e di Monreale: “Basta violenze e uccisioni”

21

PALERMO (ITALPRESS) – “Pietrificati. Sgomenti. Ancora un giovane che toglie la vita ad un altro giovane. In modo brutale. Distrutte due vite, travolte famiglie, due in particolare. Il dolore e il turbamento ci travolgono. Caino continua ad uccidere Abele. Continua”. Così, nel loro messaggio sull’uccisione del ventunenne Paolo Taormina, avvenuta nella notte tra sabato e domenica a Palermo, gli arcivescovi del capoluogo siciliano e di Monreale, Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi.

“Mani che si alzano, che impugnano ancora armi di pietra o di ferro per seminare morte – aggiungono -. La stessa violenza, lo stesso dolore. Strazio che contorce le viscere di chi ha perso un figlio, un fratello, un amico e sente la vita segnata ormai da una assenza improvvisa, inspiegabile, violenta, la fine di un’esistenza chiamata a fiorire, a godere la vita, gli amori, un futuro. Strazio del fallimento educativo di una famiglia che ha cresciuto un figlio ma senza trasmettergli il valore inalienabile e intoccabile della propria e altrui vita, senza far passare che la violenza brutale non appartiene all’identità vera degli umani. È solo mostruosità! Va commiserata, non certamente esaltata. Strazio in cui si infrange la fragile speranza di coloro che un figlio, un fratello, un amico lo hanno già perso a causa della violenza e si auguravano non accadesse mai più”.

“La Chiesa – proseguono – si interroga: dove è finito l’insegnamento dell’Innocente ucciso su una croce per dire che siamo fratelli e sorelle, umani, figli amati da Dio, vite da custodire? E la Città si interroga: può la cultura di una civiltà fermentata da tanti popoli, nutrita da tante linfe, dissolversi in un gesto? Quanto spazio abbiamo dato al culto del potere, dell’avere, della bruta forza, dei privilegi di casta, humus propizio per foraggiare mentalità e organizzazioni mafiose di ieri e di oggi? Quanto spazio abbiamo accordato alla loro cultura di morte, al loro subdolo sentirsi come divinità che hanno potere e diritto sulla vita degli altri? Troppo abbiamo sopportato la presenza di questa cultura, che si è infiltrata ovunque, in modi sottili, silenziosi, convincendo tanti di noi che fosse l’unica possibile e che ‘nulla mia cambierà’. E ritorna la sensazione devastante di sentirci falliti: come genitori, come educatori, come Chiesa, come Istituzioni, come uomini e donne di governo. Cosa abbiamo trasmesso ai nostri ragazzi? Come li abbiamo custoditi? Ancora una volta dobbiamo protestare contro la violenza mortale, contro un modo di vedere il mondo che rende legittima la follia più grande dell’uomo, la follia di uccidere un altro uomo”.

“Ricordiamo – sottolineano gli arcivescovi Lorefice e Isacchi – le nottate violente di Monreale e, ancora una volta, di Palermo. Quando ascolteremo la disperazione dei nostri giovani? Il vuoto che abbiamo fatto trovare loro? Come Vescovi sentiamo tutto il fallimento della Chiesa e della società. Non abbiamo risposte, ma domande alle quali non intendiamo sottrarci. Che il crudele omicidio di Paolo Taormina, sulla scia della barbara uccisione di Gesù di Nazareth, diventi punto fermo per una svolta. Che la vita di Paolo diventi segno di trasformazione delle nostre Città, germe di rinascita. È vero, ce lo eravamo augurati già lo scorso aprile, dopo quella notte di sangue a Monreale. Oggi rinnoviamo la stessa speranza. Crediamo che il cambiamento sia possibile! Scegliamo di alimentare il piccolo ulivo che le mamme dei tre giovani uccisi a Monreale hanno voluto piantare in quella piazza bagnata dal sangue innocente. Serve tempo, ma è un segno che, se curato da noi tutti, crescerà e darà frutti. Non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle Istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una ‘politica’ della cura dei cittadini più fragili. Fragili per mancata equa destinazione di beni (lavoro, casa, pane), per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale. Essere presenti nelle vicende lieti e tristi che si vivono nelle case, nelle strade, nei quartieri. Abbiamo bisogno di rivedere le nostre politiche sociali, urbanistiche, di sviluppo culturale ed economico. Le nostre scelte religiose che tradiscono Dio e il suo sogno se restano prigioniere dei luoghi di culto e delle sacrestie. Dobbiamo ammettere i nostri fallimenti. Dobbiamo ammetterli tutti insieme. Siamo stati noi, uomini, a relegare altri uomini in spazi e contesti periferici”.

“Se non partiamo dall’unico ‘centro’ che è l’uomo e la sua dignità – ogni uomo e ogni donna -, se non riprendiamo in mano la Costituzione Italiana a partite dai primi suoi articoli, creeremo sempre più periferie urbane ed esistenziali – aggiungono -. Vedremo aumentare il disagio giovanile che ha nella violenza un segno conclamato: noi adulti non riusciamo ancora a riconoscerlo e a interpretarlo. Se non partiamo dai più poveri – dagli scarti umani generati dalla nostra cultura dell’indifferenza, dell’economia del profitto, del piacere sfrenato, del potere della forza – non potrà mai esserci una convivenza serena nelle nostre Città. Incentiveremo disuguaglianze, ingiustizie e conseguentemente, sottocultura e violenza. Saremo noi – che ci reputiamo ‘giusti’ e meritevoli – gli sponsor invisibili (ma consapevoli!) delle perverse ‘strutture di peccato’ malavitose e mafiose. Basta violenza. Basta uccisioni. Torniamo a educare, a coinvolgerci e a governare nel segno dell’umanità: ogni vita è sempre sacra. Vi invitiamo, sabato 18 ottobre alle ore 21, a ritrovarci allo Zen, nell’Atrio antistante la Chiesa San Filippo Neri, in via Fausto Coppi a Palermo. Ricorderemo Paolo e gli altri giovani vittime di violenza. Li ‘porteremo al cuore’, nei nostri cuori. Staremo insieme alla presenza di Dio. Accoglieremo e pronunceremo parole di vita, di mitezza, di pace, di cura. Perché dalle ceneri e dal sangue rinasca la Vita, ogni vita. Invitiamo tutte le Istituzioni cittadine Civili, Militari, Scolastiche, Accademiche, Culturali e Religiose e, soprattutto, voi giovani che animate i luoghi di ritrovo della cosiddetta ‘movida’. Trascorriamo insieme un sabato sera ‘alternativo’. Scegliamo di ‘esserci’, di essere presenti in modo diverso nella Città, ‘pro-vocando’, portando luce, esperienze costruttive, riscaldando i cuori perché ogni spazio cittadino sia il ‘Centro’ e possa essere luogo di rinascita e non di devastazione e emarginazione. Affidiamoci a Maria Addolorata. Solo lei sa entrare nel cuore trafitto di una madre che tiene tra le braccia il figlio ucciso ma anche in quello della madre di un figlio omicida. La Madre di Gesù ci insegni la via della rinascita, l’amore verso i piccoli, i poveri, i bambini, verso quelli che non hanno voce. La via della non violenza e della pace”, concludono gli arcivescovi di Palermo e di Monreale, Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).