Aumenta la permanenza nell’occupazione, diminuzione degli ingressi

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MILANO (ITALPRESS) – L’Istat aggiorna al 2024 le matrici di transizione longitudinali desumibili dalla Rilevazione sulle forze di lavoro. La popolazione longitudinale, utilizzata come riferimento per la stima degli indicatori di flusso del mercato del lavoro, non coincide con la popolazione utilizzata per le stime trasversali provenienti dalla stessa fonte; essa infatti rappresenta la popolazione di 15 anni e più residente a inizio periodo (esclusi i membri permanenti delle convivenze), al netto delle morti e dei cambi di residenza fuori comune verificatisi durante il periodo. L’occupazione della popolazione longitudinale tra il 2023 e il 2024 è cresciuta, a seguito della differenza positiva tra il tasso di riallocazione per entrate (5,4%) rispetto a quello delle uscite (5,3%), ma l’intensità della crescita (+0,1 punti percentuali) è stata inferiore a quella del 2022-2023 (+1,1 punti percentuali), a seguito della forte riduzione degli ingressi e della contenuta decrescita delle uscite. Nel 2024 risulta occupato il 94,4% dei 15-64enni che si trovavano nella stessa condizione nel 2023, una quota più elevata di quella osservata nel periodo precedente (94,0% nel 2022-2023) che prosegue il trend in aumento della permanenza nell’occupazione già osservato nel 2021-2022.

Diminuisce invece la permanenza nella disoccupazione (31,5%, -4,8 punti) a vantaggio dell’inattività: la quota di disoccupati che a distanza di un anno risulta occupato scende al 23,0% (dal 26,4% nel 2022-2023); in diminuzione anche la quota di inattivi che diventano occupati (dall’8,5% al 6,9%), a fronte di un aumento della permanenza nell’inattività (87,8%, +2,8 punti). Nonostante il tasso di permanenza nell’occupazione aumenti soprattutto tra le donne (+0,7 punti), nel Mezzogiorno (+1,3 punti), tra gli stranieri (+2,7 punti) e chi ha un basso titolo di studio (+1 punto), la permanenza nell’occupazione è maggiore tra gli uomini (95,3%) rispetto alle donne (93,2%), nel Nord (95,0%) in confronto al Mezzogiorno (93,2%), tra i laureati (96,5%) rispetto a chi possiede al massimo la licenza media (92,5%), tra gli italiani (94,4%) in confronto agli stranieri (93,9%). Tra coloro che nel 2023 erano dipendenti a termine, il 18,0% nel 2024 ha un contratto a tempo indeterminato; il valore era superiore di quasi 5 punti percentuali nel 2022-2023 e pari al 22,7%. Tra i nuovi occupati, diminuisce la quota dei dipendenti a tempo indeterminato, passando dal 28,7% del 2022-2023 al 28,3% del 2023-2024. I lavoratori a tempo parziale che, dopo 12 mesi, hanno ancora lo stesso regime orario nel 2023-2024 sono l’80,0%; erano il 76,2% nel 2022-2023. I flussi 2023-2024 si aggiungono a quelli già resi disponibili per le annualità 2021-2022 e 2022-2023; si rimanda alle tavole allegate alla presente statistica per tutti i valori commentati che non sono presenti nei prospetti o nelle figure del testo.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).