Primo frutto dell’amicizia Italia-Usa a Vicenza, Cgil: gli americani licenziano 32 lavoratori delle basi Ederle e Del Din

Mancato accordo con la filiale italiana, nonostante il tavolo istituzionale aperto con la Regione Veneto. I dipendenti scaricati senza pietà e gli americani probabilmente non pagano nemmeno le indennità all’INPS!

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Per fortuna che siamo amici… La prima edizione dell’Italia-America Friendship Festival doveva sancire un rapporto privilegiato tra la città di Vicenza e gli “ospiti” americani, basato su affinità culturali ma anche su possibili future interazioni e collaborazioni. Insomma, il festival rappresentava nelle intenzioni un segnale concreto che le basi americane in terra berica, Ederle e Del Din, ancorché militari, sono amiche e rispettose della città e dei suoi abitanti. Ebbene, a un mese dal Festival (e a due settimane dall’inaugurazione del Parco della Pace), la Filt Cgil di Vicenza, in un comunicato che riportiamo interamente, ci segnala il primo frutto della grande amicizia…

Amaro epilogo per la vertenza “Caserma Ederle e Del Din”. A nulla è servito nemmeno il tavolo istituzionale aperto con la Regione Veneto nel mese scorso, che avrebbe dovuto favorire un accordo sindacale rispetto alla procedura di licenziamento collettivo aperta dall’azienda SkyBridge Tactical Italy srl e che vedeva coinvolti 32 lavoratori addetti alla logistica e alle manutenzioni delle basi americane di Vicenza.

«In totale spregio alle Istituzioni e approfittando della legislazione italiana l’azienda sub appaltatrice italiana (ma con rappresentati legali americani e committente americano), forti di essere americani in Italia – afferma la segretaria generale di FILT Cgil Vicenza, Giovanna Manuzzato – hanno tirato dritto, licenziando senza pietà e senza nemmeno tentare di discutere l’accordo».

«Il risultato? Una trentina di lavoratori e lavoratrici con altissima professionalità lasciati senza reddito, senza prospettive, senza risposte», sottolinea la sindacalista.

Senza l’accordo la procedura di mobilità si trasforma infatti in una roulette russa. «I criteri di scelta dei lavoratori da licenziare diventano opachi, arbitrari, spesso discriminatori – accusa Manuzzato -. Chi ha figli, chi è più anziano, chi ha problemi di salute: tutti sacrificabili. E il paradosso è che tutto questo avviene “nel rispetto della legge”».

L’azienda infatti al tavolo regionale invece di optare per la “sanzione” più bassa e quindi per chiudere un accordo con un minimo di buonuscita per i lavoratori licenziati, ha scelto il mancato accordo optando così l’indennità massima (circa 12mila euro a lavoratore da pagare all’INPS) abbandonando al loro destino gli ex dipendenti.

La procedura prevede il coinvolgimento di 29 lavoratori, e la “cernita” dei lavoratori era già stata fatta a monte. Tra le lavoratrici lasciate a casa ce n’è perfino una in categoria protetta. Invece i lavoratori “scelti e fortunati” hanno continuato ad avere il pass valido di entrata nelle caserme statunitensi, gli altri no.

«Questi manager che si comportano in questo modo spregevole nei confronti dei lavoratori italiani, servono un esercito, quello USA che dovrebbe difendere i cittadini italiani? E l’esercito statunitense sa cosa fanno?», sottolinea Giovanna Manuzzato della FILT Cgil.

«E’ assolutamente necessaria una rivolta etica – prosegue -. Non bastano più le note stampa indignate. Serve una mobilitazione vera, una presa di posizione netta da parte dei sindacati, dei cittadini, dei media. Il lavoro non è una variabile da tagliare nei bilanci: è la vita delle persone. E quando il sistema permette licenziamenti collettivi senza accordo, quel sistema è marcio», conclude la segretaria generale della FILT Cgil di Vicenza.

«Il mancato accordo sindacale (che rientra nelle casistiche della legge 223/91) non è un dettaglio tecnico, è una vergogna nazionale conclude Manuzzato -. È il segno che il lavoro in Italia è sempre più precario, sacrificabile, invisibile. E’ il segno che, in un periodo di guerra, di riarmo, di corsa agli armamenti e di rioccupazione delle caserme Nato negli “obiettivi sensibili”, si può sacrificare il lavoro e le vite delle persone e il rispetto della normativa». E probabilmente l’INPS non avrà nemmeno la sua parte che ha la finalità di coprire le disoccupazioni.