Regionali Veneto, Partito Comunista Italiano critica la scelta di Rifondazione Comunista: “Così si rompe il fronte della sinistra di classe

Dopo l’appoggio di Rifondazione Comunista a Giovanni Manildo, il Partito Comunista Italiano del Veneto prende posizione: “Mesi di lavoro comuni cancellati da una decisione verticistica”.

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Giorgio Langella (Partito Comunista Italiano) con Gabriele Zanella, segretario regionale PRC in un dibattito del 3 ottobre scorso
Giorgio Langella (Partito Comunista Italiano) con Gabriele Zanella, segretario regionale PRC in un dibattito del 3 ottobre scorso

Il dibattito a sinistra, nel panorama politico veneto, si accende dopo l’annuncio ufficiale dell’appoggio di Rifondazione Comunista (PRC) alla candidatura di Giovanni Manildo, espressione del centrosinistra, sostenuto da una coalizione ampia che va dal Partito Democratico ai Verdi. Come ricordato da ViPiu.it nei giorni scorsi, la scelta di Rifondazione rappresenta una svolta significativa per il partito, che ha deciso di inserirsi nel cosiddetto “campo largo” in vista delle elezioni regionali del 23 e 24 novembre rendendo vani i contatti precedenti col Partito Comunista Italiano.

Una scelta che però non incontra l’approvazione del PCI del Veneto, che in una nota esprime “profondo rammarico” per il mancato accordo con i compagni di Rifondazione. Il PCI ricorda che da mesi era in corso un dialogo per la costruzione di una proposta unitaria della sinistra comunista, autonoma sia dalla destra di Zaia che dal centrosinistra guidato da Manildo. “Dopo mesi di confronto avviati sin da gennaio per costruire un progetto realmente alternativo alla destra e al centro-sinistra veneto – si legge nella nota – il PRC ha improvvisamente deciso di aderire al cosiddetto ‘campo largo’, comprendente anche il PD. Una scelta che ha interrotto il percorso unitario e reso impossibile la presentazione di una lista comune”.

Il PCI parla di una “decisione assunta in modo verticistico, priva di confronto con i soggetti sociali di riferimento della sinistra di classe”. Una mossa che, a giudizio della segreteria regionale, “contribuisce ulteriormente alla frammentazione del fronte comunista e progressista in Veneto”, privando l’elettorato di sinistra di una rappresentanza autonoma e coerente con i valori storici del movimento operaio.

La critica, pur mantenendo toni di rispetto, è netta. “Resta aperta per noi la domanda se, in una fase tanto difficile, esistano ancora spazi di reale confronto per rappresentare i lavoratori, le lavoratrici, i giovani e le classi popolari della nostra regione”, conclude il comunicato.

Il Partito Comunista Italiano, che rivendica la necessità di un’alternativa radicale ai due blocchi di potere dominanti in Veneto, sembra dunque intenzionato a proseguire il proprio cammino autonomo, in linea con la sua tradizione di partito di classe. La rottura con Rifondazione segna un nuovo capitolo nella frammentazione della sinistra veneta, che negli ultimi anni ha più volte tentato, senza successo, di ricompattarsi attorno a un progetto politico comune, stavolta, parrebbe impedito da scelte verticistiche e non locali.

Il tema della rappresentanza, del rapporto con il centrosinistra e della coerenza dei valori socialisti e comunisti torna così al centro del dibattito politico regionale. Mentre il PRC ha scelto la via della partecipazione diretta a un’alleanza di governo, il PCI ribadisce la necessità di un fronte indipendente, “radicato nei bisogni reali dei lavoratori e non nelle logiche di schieramento”.

In un Veneto segnato dalle crisi ambientali, sociali e occupazionali, il dissenso tra i due principali partiti della sinistra comunista rischia di lasciare orfano quel pezzo di elettorato che ancora chiede un’alternativa autentica al sistema di potere regionale consolidato negli anni.