
Il 23 ottobre 2025 sera Carlo Soricelli, dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro, ci scrive che sono 857 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro. Poi ci sono i decessi in itinere, le morti per malattie professionali … gli invalidi, i mutilati, il dolore dei familiari. Persone alle quali è stato tolto tutto. Nei primi 30 giorni di autunno a circa 120 persone è stata tolta la vita mentre lavoravano per vivere.
Quest’anno sono 7 in più degli 850 morti che furono registrati nella stessa data del 2024 (l’anno peggiore da quando l’Osservatorio ha iniziato il monitoraggio); più di 40 rispetto al 2023; oltre 205 rispetto al 2022!!
Di fronte a questa strage chi occupa posizioni di potere nelle istituzioni ci dice “non è tollerabile che accada tutto ciò”, “bisogna intervenire”, “è una tragedia indegna di un paese civile”. Afferma che “bisogna intervenire” … E poi?
Poi niente, tutto passa, scorre via come se non fosse successo nulla. Fino alla prossima tragedia quando si ripeteranno le stesse parole, si verseranno le stesse lacrime, si batteranno gli stessi petti, si faranno le stesse promesse che resteranno inattuate.
Incapacità o malafede? Vedendo quanto accade sarebbe giusto sostituire la “o” con la “e”. Specialmente quando si assiste all’approvazione di leggi come quella che liberalizza appalti e subappalti a cascata (a proposito, domandiamoci del perché dell’aumento considerevole di morti nei cantieri da quanto tale legge è entrata in vigore), all’istituzione della patente a crediti che serve solo alla propaganda governativa, alla mancanza di investimenti seri e strutturali per garantire la sicurezza di chi lavora, all’inadempienza di non voler cancellare la precarietà che è diventata la normalità per chi lavora, alla progressiva cancellazione dei diritti costituzionali.
Ottocentocinquantasette, una lunga parola di 23 caratteri che descrive una sequenza insopportabile di nuove lapidi nel cimitero popolato da chi è morto sul lavoro. Un numero, che rappresenta persone reali che sono state uccise, che non possiamo dimenticare. Un numero che condanna senza appello un sistema spaventoso per il quale, nei fatti, è normale morire mentre si lavora per vivere. Un sistema che è necessario cambiare dalle radici.









































