Effetto Mamdani: i Dem dominano la scena, ma basta a chiamarlo riscatto? 

La vittoria di Zhoran Mamdani segna un cambio di passo: la politica deve tornare ad ascoltare e rappresentare le persone.

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Mamdani

Zhoran Mamdani è il 111° sindaco di New York, il primo musulmano, votato, però, anche dal 33% degli ebrei, e, con i suoi 34 anni, il più giovane sindaco della città della mela. Con l’affluenza record registrata a New York City (oltre 2 milioni di votanti, non succedeva dal 1969), Mamdani ha preso più di un milione di voti, sconfiggendo con la maggioranza assoluta nettamente l’ex governatore Andrew Cuomo (staccato di più di 10 punti) e il repubblicano Curtis Sliwa. Mamdani, definito “socialista democratico” dai media, nel suo programma per certi versi considerato radicale, ha puntato sul costo della vita e il caro affitti (aggiornamento dopo il primo lancio alle 17.15). 

Altri seggi 

In generale, molti seggi delle elezioni statunitensi hanno confermato la supremazia dei Democratici nelle grandi metropoli americane, ma anche in alcuni Stati. Ad Atlanta il sindaco uscente Andre Dickens è stato riconfermato con ampia maggioranza nella corsa per il secondo mandato. A Philadelphia il procuratore distrettuale Larry Krasner è stato confermato per un terzo mandato, sconfiggendo il repubblicano Pat Dugan. In Virginia, stato nel quale i democratici stavano perdendo consensi da tempo, ha vinto Abigail Spanberger, la prima donna “governatore”, ex agente della Cia, figlia di un poliziotto e fervente sostenitrice del fatto che il partito dovrebbe spostarsi più al centro. Tutti Democratici, ma non tutti spostati a sinistra quanto Mamdani.  

E quindi cosa ci dicono queste elezioni?

A me verrebbe da dire ben poco. O meglio, ci dicono molto ma non tutto quello che vorremmo sentire. Perché no, non è l’essere a sinistra che ha fatto vincere  Mamdani, ma il fatto di avere un programma che interessa alla gente di New York, come il potere di acquisto, così come Spanberger ha un programma che interessa alla gente della Virginia. Parlare alla gente, capire i loro bisogni e riuscire a rispondere a quei bisogni in maniera efficace e diretta è stata la formula magica per vincere le elezioni ma anche la storica formula “democratica”, dimenticata da tempo, anche in Italia, da quell’area politica. Mamdani ha elaborato un programma che affronta le problematiche di New York, rispondendo ai newyorkesi. E ha messo in atto delle strategie di comunicazione politica efficaci. È sceso in piazza, ha parlato con le persone, tra cui molti giovani, e ha reso quei momenti dei momenti social. Ha risposto ai problemi promettendo soluzioni concrete, come gli asili pubblici gratuiti e il blocco degli affitti. Riuscirà davvero a portare avanti le sue proposte?

Tanto più con i possibili attacchi del governo federale, che, con Trump, già minaccia misure che sanno tanto di ritorsioni. Questo, però, è un segnale politico da valutare: se il presidente si agita già tanto, il popolo Maga ha qualche sentore che c’è un popolo alternativo, quello degli Usa, che non si è azzerato?

La sinistra riparta da Mamdani?

D’altronde, non credo che Mamdani abbia vinto tornando a dire dicendo solo cose, una volta, “di sinistra”. Un po’ perché New York e in generale le grandi città non contano realmente nell’identificare dei nuovi trend politici, tant’è che sono 20 anni che la Grande Mela non ha un sindaco repubblicano, un po’ perché in questa tornata hanno vinto sì molti democratici ma anche democratici moderati come Spanberger in Virginia.

Una formula che piace sempre è quella di “la sinistra riparta da…”, purché la sinistra riparta sì, ma dalle persone e dai loro problemi. E dal trovare candidati forti, che abbiano qualcosa di concreto da dire e delle risposte da dare alla gente.

Ma non sarebbe proprio questa la sinistra invece che il perdersi nell’annoso dibattito sullo spostarsi più a sinistra o più al centro, che forse alla fine, risulta solo schizofrenico?