
La sentenza n. 26923/2025 della Corte di Cassazione, di cui dà notizia il Sole 24 Ore, che riconosce la responsabilità di un’azienda sanitaria per la morte di un anestesista colpito da infarto dopo quasi sedici ore consecutive di lavoro, lo conferma: i turni massacranti fanno male alla salute, non è solo una percezione o un modo di dire. Un tema sul quale spesso si sono levate le voci del personale sanitario, sempre più spesso costretto ad orari infiniti per far fronte di una richiesta di prestazioni che continua ad aumentare. Sulla sentenza, che dà una svolta forse storica alla questione, riportiamo gli interventi di Massimiliano Zaramella, Presidente del Consiglio Comunale di Vicenza con delega alla salute e benessere, che analizza la situazione anche in chiave sanità veneta, e di Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale del sindacato UGL Salute.
Zaramella: «Non è questione di “tenere duro”, chi cura gli altri non può essere lasciato solo»

In Veneto, ogni giorno, medici, infermieri e operatori socio-sanitari lavorano oltre i propri limiti per garantire cure e assistenza a tutti. Turni estenuanti, notti consecutive, reparti sempre più carichi, responsabilità enormi. Eppure, per la legge, questo non è ancora considerato un lavoro usurante.
È un paradosso che grida ingiustizia. La Cassazione lo ha detto chiaramente, come riportato da Il Sole 24 Ore: i turni usuranti in ospedale possono causare danni alla salute.
Non è più solo una percezione, è un dato giuridico e scientifico. E allora, cosa si aspetta a riconoscerlo anche sul piano previdenziale e normativo?
Non si può continuare a chiedere al personale sanitario di “tenere duro”. Chi cura gli altri non può essere lasciato solo, senza tutele, fino al punto di rottura. Riconoscere il lavoro usurante non è un favore: è una forma di rispetto e di giustizia.
Se il personale è stremato, pagano i cittadini

Quando il personale è stremato, chi ne paga le conseguenze sono i cittadini, che trovano ospedali scoperti e assistenza in affanno. Difendere la salute di chi cura significa difendere la qualità e la sicurezza della sanità pubblica.
È ora che anche in Veneto si alzi forte questa voce: riconoscere la fatica del lavoro sanitario è un atto politico, civile e morale. Perché la cura non può logorare chi la offre ogni giorno e la politica deve farsi portavoce di questo se vuole essere credibile al di là degli slogan.
Giuliano (UGL): “Sentenza della Cassazione è vittoria di civiltà. Ora basta con l’abuso”
Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della UGL Salute, commenta la storica decisione della Suprema Corte definendola “un punto di svolta nel riconoscimento dei diritti e della dignità dei professionisti della sanità. È una vittoria di civiltà, un atto di giustizia e verità che non può restare isolato.”
“Da anni denunciamo l’insostenibilità dei turni massacranti che gravano pesantemente su medici, infermieri e operatori sanitari, costretti a sopperire a croniche carenze di organico e a un’organizzazione del lavoro che troppo spesso ignora i limiti umani e professionali. Questa sentenza sancisce un principio fondamentale: una volta accertato il nesso tra stress lavorativo e danno alla salute, è il datore di lavoro a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure preventive, come previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile.”
Non si può morire di lavoro, tantomeno in corsia
“Non si può più morire di lavoro, tantomeno in corsia. La sicurezza dei pazienti passa anche dalla tutela della salute di chi li cura. È ora che le aziende sanitarie e le Regioni si assumano la responsabilità di garantire turni sostenibili, organici adeguati e una reale prevenzione dello stress lavoro-correlato.”
“La UGL Salute – conclude Giuliano – chiede alle istituzioni la piena applicazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa sentenza non è solo un punto d’arrivo, ma un monito: nessun lavoratore deve più essere lasciato solo davanti all’usura di un sistema che chiede troppo e restituisce troppo poco.”








































