
In un dialogo serrato di ViPiu.it con Giuseppe Arnò, il presidente di Asib, del cui consiglio consultivo si onora di far parte chi scrive, analizza con ironia e schiettezza il declino strategico dell’Europa, incapace di misurarsi con USA e Cina. “Servono competenze, deterrenza e meno burocrazia. O ci svegliamo noi, o ci svegliano loro”.
Presidente Arnò, partiamo dalla sua provocazione su La Gazzetta Italo-brasiliana: «Ehilà Europa, qualcuno a Bruxelles è ancora sveglio?». Una domanda semplice, ma che sembra inchiodare l’Unione alla sua crisi più profonda.

La sensazione è che l’Europa si indigni molto e si riformi pochissimo. Arriva la nuova National Security Strategy degli USA, Trump ci dice apertamente che “non serviamo a niente”, e la risposta europea qual è? Un comunicato. Serio, indignato, ma pur sempre un comunicato. Sembra il grido dell’alunno che non ha fatto i compiti.
Lei parla di «titanomachia», lo scontro tra Stati Uniti e Cina. Perché l’Europa è così marginale?
Perché sta alla finestra mentre gli altri fanno la storia. L’Indo-Pacifico è il ring dove si decidono ricchezze, rotte, tecnologia, sicurezza globale. E cosa fa Bruxelles? Osserva. Gli USA chiamano Giappone, India, Corea del Sud, Australia. Noi? Siamo in nota a piè pagina: “partner strategico di lungo periodo”, che tradotto significa “se fate i compiti, magari vi invitiamo alla prossima riunione”.
Lei indica una terapia “brutale ma necessaria”: allargarsi e armarsi.
È così. Non possiamo affrontare il XXI secolo con lo spirito di una riunione condominiale. Allargamento vero, accordi globali veri, deterrenza vera. L’Europa ha tecnologia, industria, know-how: manca solo il coraggio di usarli. Per ottenere rispetto bisogna saper incutere anche un po’ di timore — educato, ma reale.
In più passaggi attacca l’assetto decisionale dell’UE: parla di «politicocrazia».
Sì, perché non è più tecnocrazia. È politica travestita da competenza. Le poltrone si assegnano bilanciando geografie e famiglie politiche, non capacità. E quando la politica guida dossier tecnici senza capirli, succedono disastri: dal mancato Piano pandemico alle opacità su missioni e incarichi, fino alle eterne polemiche su chi sia “più europeista”.
A proposito di dossier tecnici: sul Green Deal lei ha scritto righe piuttosto pungenti.
L’Europa è capace di costruire regolamenti perfetti… che non funzionano. Ci indigniamo contro gli USA quando dicono una banalità: che certe alleanze politiche non bastano a costruire crescita. Poi arriva Draghi e, miracolosamente, tutti lo capiscono. È come l’idraulico che ti avvisa da mesi: ma tu ascolti solo l’architetto col papillon.
Cita anche un tema drammatico: l’allarme di Chernobyl.
E lì cadono le pose. Quando una struttura anti-radiazioni non tiene più, non servono comunicati: servono ingegneri. Tecnici veri. Non funzionari scelti per equilibrio politico.
In mezzo a questo quadro fosco, un lampo di luce: la grande cucina.
Per fortuna, sì! Sodano e Genovese che lavorano insieme sono la prova che quando l’Europa non mette bocca, le eccellenze emergono. Nel cibo, nella scienza, nella tecnologia: quando lasciamo lavorare chi sa fare, vinciamo.
Torniamo alla politica: qual è la lezione finale del suo “manuale di sopravvivenza europea”?
Che l’Europa deve crescere — e in fretta. Tagliare burocrazia, costruire deterrenza, parlare con una sola voce, scegliere alleanze robuste, riformare la sua classe dirigente. Perché se continuiamo a delegare decisioni cruciali a persone scelte per equilibrio politico e non per competenza, l’UE potrà decidere tutto da sola… ma continuerà a sbagliare in totale autonomia.
Direttore Arnò, La conclusione del suo testo è quasi profetica: «O l’Europa cresce, oppure verrà cresciuta da altri».
Arnò — È la verità più semplice. Se non ci svegliamo noi, ci sveglieranno gli americani, i cinesi o chiunque abbia più forza. E quel giorno, Trump potrà dire: “Ve l’avevo detto”. E avrà avuto ragione lui.






































