
Il patrocinio a spese dello stato è un diritto sacrosanto che la Repubblica garantisce agli indigenti per consentire anche a chi non ha un reddito adeguato di valersi dell’opera di avvocati e consulenti tecnici quando si deve affrontare un processo civile o penale.
Trae la sua origine nella carta costituzionale all’Art 24: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”
Ovviamente il diritto non spetta a tutti ma solo a coloro che abbiano un reddito fissato come inferiore a 13.659,64 euro annui.
In sostanza presentando apposita istanza all’ordine degli avvocati, nel caso del patrocinio civile, ovvero al giudice del processo penale si può ottenere il beneficio e i compensi dell’avvocato sono pagati dallo Stato.
Fa discutere l’art 129 del DDL di bilancio di prossima approvazione ove al comma 10 si dispone che: “Il regolare adempimento degli obblighi fiscali e contributivi da parte dei liberi professionisti che rendono prestazioni nei confronti delle amministrazioni pubbliche è condizione per il pagamento di compensi per attività professionale da parte delle medesime amministrazioni. A tal fine il libero professionista produce la predetta documentazione comprovante la regolarità fiscale e contributiva unitamente alla presentazione della fattura per le prestazioni rese. “.
Ma ancor di più fa riflettere la proposta di modifica all’articolo 129 del Governo : “Proposta di modifica n. 129.1000 al DDL n. 1689 Il Governo All’articolo 129 al comma 10, primo periodo, dopo le parole: «nei confronti delle amministrazioni pubbliche» inserire le seguenti: «o di altri soggetti con compensi a carico dello Stato» e sostituire le parole: «di compensi per attività professionale da parte delle medesime amministrazioni» con le seguenti: «dei relativi emolumenti».
In sintesi la norma colpisce non solo l’attività resa direttamente alla Pubblica amministrazione ma pure quella svolta nei confronti di soggetti terzi se i compensi sono a carico dello stato.
Il parallelismo con il Patrocinio gratuito è evidente.
Non si mette in discussione il principio per cui tutti debbano pagare le tasse, sia ben chiaro.
È un sacrosanto dovere a cui tutti siamo tenuti, però la norma ha contorni indefiniti e colpisce indiscriminatamente onesti e disonesti.
Basti pensare al caso del professionista che non ha pendenze fiscali ed inizia tranquillamente a svolgere la sua opera a tutela di un indigente. Che accade se arriva una cartella pazza? O se subisce un accertamento totalmente destituito di fondamento, o un banale avviso bonario.
Si dirà che potrà difendersi, certo!, ma nel frattempo la Pubblica Amministrazione gli blocca ogni compenso.
Ma. detto questo, portando la questione su un piano generale, chi sarà ancora disposto a prestare la propria attività professionale nell’incertezza più totale sul destino dei propri “emolumenti”?
Pochi credi,0’ il rischio è l’abbandono di massa del gratuito patrocinio sia civile che penale.
Tradotto in parole povere a farne le spese sarà il cittadino, che dovrà solo sperare di trovare qualcuno che si presta ancora ad utilizzare l’istituto del Patrocinio a spese dello Stato.
Non è un caso che in questi giorni siano insorte sia le Camere penali ma anche il CNF (Consiglio Nazionale Forense) a denunciare la pericolosità di uno strumento così rudimentale nella lotta all’evasione. Tra le altre anche Adusbef, associazione a difesa dei consumatori e degli utenti, nella critica alla legge di bilancio appoggia così il CNF: “il gratuito patrocinio non si tocca!”
La protesta del CNF assume una valenza particolare ove dice: “Ancora più grave è l’emendamento del Governo, presentato nonostante la recentissima condanna della Cedu all’Italia per i ritardi nei pagamenti agli avvocati nei casi di patrocinio a spese dello Stato, che estende la norma addirittura ai compensi “a carico dello Stato”: un intervento che rischia di paralizzare l’istituto, con danno diretto per i cittadini più fragili.
Il CNF sta valutando tutti i profili di incostituzionalità della norma e rinnova l’invito al Governo a ritirarla. “.
Come a dire non bastavano i ritardi, ora andremo alla paralisi con buona pace della Corte europea e dei suoi principi.






































