
La partita delle Acciaierie Valbruna entra in una fase cruciale con l’intervento diretto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che lancia un appello alla Provincia Autonoma di Bolzano per sbloccare l’impasse sul compendio industriale altoatesino.
“Mi auguro che la provincia di Bolzano acceleri e chiuda positivamente la partita delle Acciaierie Valbruna, con 1800 lavoratori tra Bolzano e Vicenza preoccupati per il loro futuro. Alla luce di quanto successo col bando, si passi alla trattativa diretta nell’interesse della città di Bolzano e per garantire crescita e investimenti a un’azienda di eccellenza”, queste le parole del leader della Lega in merito a una vicenda che sta scuotendo l’asse industriale del Nordest.
La questione, da tempo al centro del dibattito per le pesanti ricadute occupazionali, ha visto recentemente un passo formale significativo: la Regione del Veneto si è costituita in giudizio a fianco di Acciaierie Valbruna S.p.A. nel ricorso proposto al Tar di Bolzano.
L’azione legale punta a contestare il bando di gara per l’assegnazione delle aree e degli immobili di Bolzano, in concessione alla società dal 1995. Una mossa necessaria dopo che la Provincia Autonoma ha ignorato le richieste dei tavoli ministeriali di ottobre, dove parti sociali e istituzionali avevano chiesto di sospendere la procedura per aprire un confronto costruttivo.
A rendere il dossier di rilievo nazionale è anche l’esito dell’istruttoria Golden Power, che ha confermato la natura altamente strategica dello stabilimento di Bolzano. Le produzioni del sito sono infatti fondamentali non solo per l’industria civile ma anche per il comparto della difesa, rendendo la continuità produttiva una questione di sicurezza nazionale.
Nonostante tali premesse, la mancata apertura al dialogo da parte di Bolzano ha costretto il Veneto a intervenire per difendere i propri interessi economici: lo stabilimento di Vicenza, con i suoi 1.216 dipendenti e un vasto indotto, dipende funzionalmente da quello bolzanino, che conta altri 564 addetti. La chiusura di uno potrebbe comportare la fine delle attività per entrambi.
Per il tessuto socio-economico veneto, la cessazione delle attività di Valbruna rappresenterebbe un colpo devastante. Oltre all’impatto diretto sull’occupazione e sulla spesa pubblica regionale, verrebbe compromesso l’intero ciclo dell’economia circolare legato al recupero dei metalli e le forniture essenziali per le industrie metalmeccaniche locali.
Il rischio di una delocalizzazione verso impianti esteri del gruppo, leader nella produzione di acciai lunghi speciali e leghe di nichel e titanio, minaccia di sottrarre al territorio competenze tecnologiche insostituibili, motivo per cui la Regione ha deciso di schierarsi fermamente in tribunale al fianco della storica azienda vicentina.









































