Il messaggio di Natale del vescovo Brugnotto: «Da questa maternità nasce la speranza che non delude»

Mons. Brugnotto ha incentrato il messaggio di quest'anno sul tema della nascita e della rinascita, per questo il video è stato girato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale (T.I.N.) dell'Ospedale San Bortolo di Vicenza.

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Nel suo messaggio di Natale, il vescovo Giuliano Brugnotto parla dalla Terapia Intensiva Neonatale del San Bortolo, luogo simbolo della fragilità e del futuro. «Un bambino ci è nato» ricorda citando Isaia, invitando la comunità vicentina a sperare, sostenere le famiglie e “rinascere” ogni giorno.

Il messaggio di Natale alla comunità vicentina, quest’anno, il vescovo Giuliano Brugnotto ha voluto pronunciarlo da un luogo che più di ogni altro racconta la vita che si affaccia al mondo: il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale San Bortolo. «Qui, più che altrove, si tocca con mano il mistero della vita che viene alla luce: attese trepidanti, lacrime che diventano sorriso, silenzi che si fanno preghiera», ha detto. «È una casa di speranza. È una soglia dove il futuro bussa» (qui la nota ufficiale).

Il messaggio di Natale del vescovo di Vicenza Giuliano Brugnotto nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale (T.I.N.) dell'Ospedale San Bortolo di Vicenza
Il messaggio di Natale del vescovo di Vicenza Giuliano Brugnotto nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale (T.I.N.) dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza

Da quella soglia, il vescovo ha aperto il suo augurio natalizio con le parole del profeta Isaia: «Un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato». Non un simbolo astratto, ma una presenza concreta: «Dio non ha scelto la forza o il clamore. Dio ha scelto la via della nascita, della fragilità, della fiducia consegnata alle braccia di una madre». Per Brugnotto, la tenerezza del Natale è prima di tutto un appello: «Dio ci visita così: come dono».

Nel suo messaggio il vescovo ha richiamato anche il senso dell’Anno Giubilare che si avvia alla conclusione. «La speranza non è un’idea ottimistica, ma una presenza che entra nella storia», ha ricordato citando Papa Francesco: «Guardare al futuro con speranza significa “avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”». Una prospettiva oggi messa alla prova da incertezze, precarietà, paure che «intaccano perfino il desiderio di trasmettere la vita».

Per questo, davanti alle culle della Terapia Intensiva, Brugnotto ha rilanciato un appello alla responsabilità condivisa: «L’apertura alla vita è una missione affidata agli sposi e al loro amore. Come comunità cristiana siamo chiamati a un’alleanza concreta per la speranza: non ideologica, ma capace di sostenere chi genera e chi accoglie, e di accompagnare chi vive fragilità e solitudini».

Il vescovo ha poi consegnato tre parole alla città. La prima: grazie. «Grazie alle mamme e ai papà che qui attraversano la gioia e la paura. Grazie a chi porta in grembo una vita e porta anche domande e ferite. Grazie al personale sanitario: in voi si vede una forma di cura che diventa consolazione e speranza».

La seconda parola: coraggio. «Il Natale ci consegna un segno umile e invincibile: un bambino. In un tempo in cui molti rischiano di accontentarsi di sopravvivere, il Signore ci chiama a recuperare la gioia di vivere. Ogni nascita ricorda che il futuro può essere una strada». Una comunità, ha detto, diventa “casa di speranza” quando sostiene davvero famiglie e relazioni.

La terza parola: chiamata. «Non si nasce una sola volta. Siamo chiamati ogni giorno a nascere alla fiducia, alla mitezza, alla pace. Gesù ci ricorda che dobbiamo “rinascere dall’acqua e dallo Spirito”: lasciarci rinnovare nel cuore, liberarci dalla rassegnazione». Il Natale, per Brugnotto, non chiede perfezione, ma disponibilità: «Lasciare spazio a Dio che viene. Il Figlio ci è stato dato perché nessuno pensi più di essere solo».

Dal reparto, il vescovo ha affidato la città e la provincia al Bambino di Betlemme: «Affido chi desidera un figlio e non riesce, chi ha paura di non farcela, chi piange una perdita, chi porta una ferita nascosta. Affido i bambini, gli anziani, i giovani, le famiglie chiamate a essere culla di amore».

E ha concluso il Messaggio di Natale con un augurio che nasce dal luogo che lo circondava: «Che la vostra casa sia un luogo in cui la speranza abbia un volto. Che le nostre comunità siano un grembo accogliente. E che il sorriso dei bambini non manchi nelle nostre strade».

«Buon Natale a tutti: un bambino ci è nato, un Figlio ci è stato dato. E con Lui — ha assicurato — ci è stata data la speranza che non delude».