L’aborto tra storia e attualità. E nella Vicenza democristiana ben il 49,74% votò a favore della “Pro Vita”al referendum del 1981

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Aborto: tra storia e attualità
Nel referendum del 1981, il 49.6% dei Vicentini votò per l' abrogazione.

Con la legge numero 194 del 1978, l’interruzione volontaria della gravidanza diviene possibile per le donne italiane in tutte le strutture pubbliche del Paese.  Prima della cosiddetta “legge aborto”, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) veniva considerata reato dal codice penale italiano. Tale reato era punito con la reclusione del soggetto interessato da due a cinque anni per l’ esecutore dell’aborto o per la donna stessa.

Il 23 gennaio 2024, ben quarantasei anni dopo la sua entrata in vigore, l’accettazione sociale dell’aborto viene ancora una volta messa in discussione. A farlo è un’associazione di promozione sociale, il Centro Studi Macchiavelli,  che già in passato aveva espresso una certa vicinanza alle posizioni “Pro vita”. Pochi giorni fa infatti, il gruppo parlamentare della Lega ha ospitato in un convegno alla Camera dei Deputati alcuni esponenti del Centro Studi Macchiavelli.  I relatori hanno espresso con chiarezza la loro posizione riguardo al tema aborto. Il convegno si è risolto in alcune affermazioni forti da parte dei relatori del centro studi, come “L’aborto non è mai un diritto”, hanno riaperto un dibattito rimasto silente dagli anni ’60.

Dalle contestazioni fino all’approvazione della legge aborto

Fino agli anni ’60, l’aborto volontario era giudicato assolutamente immorale. Questo giudizio era dovuto sia alla forte ingerenza dei principi religiosi nella società del tempo, sia alla presenza continuativa ai vertici dello Stato di uno partito di ispirazione cattolica ed apertamente avverso come la Democrazia Cristiana.

Tuttavia una serie di fenomeni sociali portarono alla radicale modifica della legislazione proibitiva sull’aborto. Fattori fondamentali furono la diffusione del femminismo ed il conseguente cambiamento della senso della moralità collettiva. A ciò si aggiunse il desiderio di prevenire l’elevato numero di aborti illegali, che avvenivano in luoghi e modi a dir poco inadattii causando malattie talvolta mortali.

In questo clima, il Partito Radicale supportò una campagna referendaria pro-aborto. Nel 1975 personalità come il segretario del partito Gianfranco Spadaccia e la militante Emma Bonino si autodenunciavano alle autorità con l’accusa di aver praticato o favorito aborti, venendo di conseguenza arrestati. A tutto questo fermento sociale si aggiunse la richiesta di un referendum abrogativo interessante gli articoli del codice penale riguardanti i reati d’aborto, di istigazione all’aborto e incitamento a pratiche contro la procreazione. Marco Pannella (storico militante del Partito Radicale) e Livio Zanetti (direttore de L’Espresso) promossero la raccolta di 700.000 firme, ma la legge numero 194, a cui si arrivò dopo queste battaglia, entrò in vigore solo nel 1978, segnando una svolta storica.

Il ritorno alle urne nel 1981

Solo tre anni dopo, il 17 maggio 1981, gli italiani tornarono alle urne, per votare due referendum abrogativi che volevano modificare la legge aborto. Il primo costituiva la proposta dei Radicali e interessava la piena liberalizzazione dell’aborto, di cui si proponeva l’estensione anche alle case di cura private. Il secondo, formulato dal Movimento per la Vita era costituito a sua volta da due proposte. Una “totale” proponeva l’abrogazione della legge 194. L’altra “minima” che chiedeva la legittimazione del solo aborto terapeutico, con l’eliminazione di una qualsiasi possibilità di autodeterminazione da parte della donna. Gli italiani scelsero, in quella occasione,  di respingere tutti i quesiti, preservando la legge che consentiva nei primi 90 giorni di gestazione l’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica per motivi di salute, economici, sociali o familiari.

A Vicenza i risultati del referendum, nonostante risultassero sostanzialemnte coerenti con gli esiti nazionali, non tradirono la forte presenza democristiana sul territorio vicentino. Tramite l’archivio di “Eligendo” (il portale dei risultati elettorali curato dal Ministero degli Interni) è possibile risalire ai risultati “vicentini” del referendum del 1981, in particolare in riferimento agli ultimi due quesiti inerenti le proposte, in ordine, del Partito Radicale e del Movimento per la Vita. Quest’ultimo movimento conservatore godeva al tempo del sostegno della DC e, di conseguenza, trovava grande consenso a Vicenza. Date questo premesse dunque, non sorprendono i risultati. Soprattutto per quanto riguarda il quinto quesito “Pro vita”, ben il 49,74%  dei Vicentini votò a favore della proposta anti-aborto.

Sono passati 46 anni dall’entrata in vigore della legge aborto. Ma nonostante ciò il dibattito sulla sua maggiore o minore moralità rimane più attuale che mai, riportando indietro le lancette agli anni ’60. Ancora oggi, la libertà procreativa della donna, anche nei paesi (come l’Italia) che la considerano una conquista consolidata da decenni, convive quotidianamente con la non piena accettazione sociale e, soprattutto, con la minaccia di restrizione se non negazione di questo stesso diritto. Insomma, il tema dell’aborto costituisce un vero e proprio banco di prova per ogni ordinamento in ogni epoca, anche in quella attuale.