Gli accordi UE-Mercosur temuti dal vicentino Berlato (FdI) per l’agricoltura italiana. L’opinione di Giuseppe Arnò dal Brasile, l’altra parte del mondo

351
Giuseppe Arnò, giornalista direttore de La Gazzetta Italo Brasiliana e presidente dell'ASIB
Giuseppe Arnò, giornalista direttore de La Gazzetta Italo Brasiliana e presidente dell'ASIB

Ci siamo rivolti a Giuseppe Arnò, presidente dell’Associazione Stampa Italiana in Brasile (ASIB), di cui siamo membri del consiglio consultivo, e direttore di Gazzetta online, che, aveva riportato integralmente la posizione di Berlato  (ripresa dal nostro «Mercosur, Sergio Berlato (ECR/FdI): “Senza tutela UE, l’agricoltura è vittima della grande industria”») sui temuti accordi UE – Mercosur, per conoscere l’opinione, come già fatto altre volte, di chi, italiano da tempo in Brasile, vede la questione dall’altra parte del mondo.

Sergio Berlato, EP Plenary session - The New European Competitiveness Deal - A future for the farming and manufacturing sectors in the EU
Sergio Berlato, EP Plenary session – The New European Competitiveness Deal – A future for the farming and manufacturing sectors in the EU

Se ieri i timori dell’eurodeputato vicentino, da sempre vicino al mondo della caccia e dell’agricoltura, per le sorti dei coltivatori italiani conseguenti a quell’accordo erano riassunti nella frase «Con gli accordi UE-Mercosur (vedi in fondo*, ndr), l’agricoltura diventa vittima sacrificale degli interessi di altri settori», oggi il collega Arnò ci dice che «L’intervento dell’europarlamentare Sergio Berlato (ECR/FdI) sul dibattito relativo all’accordo UE-Mercosur mette in luce una delle sfide più complesse della politica commerciale europea: il bilanciamento tra l’apertura dei mercati globali e la salvaguardia delle filiere strategiche interne».

«Berlato – prosegue il presidente di ASIB – denuncia con forza quella che definisce una “sacrificazione dell’agricoltura europea” sull’altare di interessi industriali e commerciali, paventando un futuro incerto per gli imprenditori agricoli, stretti tra normative rigorose e una concorrenza internazionale percepita come sleale».

Ma non è così? «Gli accordi commerciali con il Mercosur rappresentano un terreno di scontro tra due visioni. Da un lato, l’Unione Europea si trova a gestire la legittima preoccupazione dei suoi agricoltori, che si vedono costretti a competere con produttori sudamericani operanti in contesti regolativi meno stringenti. Dall’altro, questi stessi accordi offrono ai paesi del Mercosur un’opportunità di crescita economica e inclusione nei mercati globali, rafforzando le loro economie e contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita nelle aree rurali».

Allora il problema sollevato dal politico italiano, visto da questa parte del mondo, è reale? «Dal punto di vista sudamericano, l’accordo UE-Mercosur è una porta aperta verso un mercato ambito, che potrebbe generare investimenti, innovazione tecnologica e incentivi per una transizione verso pratiche agricole più sostenibili. Tuttavia, molti governi della regione sudamericana percepiscono le critiche europee come un tentativo di protezionismo mascherato, piuttosto che una difesa genuina degli standard ambientali e sociali. Per loro, accedere al mercato europeo significa non solo un’opportunità economica, ma anche un riconoscimento della loro crescente capacità di evolversi verso modelli produttivi più responsabili».

Il dualismo è innegabile. «Questo contrasto pone in evidenza il nodo centrale: come coniugare le esigenze di due blocchi economici tanto diversi? Berlato, dal canto suo, sollecita l’Unione Europea a garantire agli agricoltori europei un futuro dignitoso, valorizzandone il ruolo multifunzionale come custodi del territorio e garanti della sostenibilità ambientale. Parallelamente, però, è essenziale che l’UE costruisca con il Mercosur una vera partnership, basata su trasparenza, equità e un impegno reciproco per standard più alti».

In questa prospettiva come vede dal Brasile l’accordo e come se ne esce dal contrasto? «L’accordo UE-Mercosur – conclude Giuseppe Arnò – non dovrebbe essere visto come un gioco a somma zero, ma come un’opportunità per rafforzare il dialogo tra due economie complementari. La sfida sarà superare i sospetti reciproci e trasformare questo accordo in un modello di cooperazione che metta al centro non solo il commercio, ma anche la sostenibilità e la giustizia sociale».