
E’ morto ieri, domenica 22 giugno 2025, Arnaldo Pomodoro, gigante della scultura italiana: aveva 99 anni. A darne notizia è Carlotta Montebello, direttore generale della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
“Arnaldo Pomodoro si è spento ieri sera, a Milano all’età di 99 anni nella sua casa. Con la sua scomparsa il mondo dell’arte perde una delle sue voci più autorevoli, lucide e visionarie”. “Il maestro – sottolinea in un post su Facebook – lascia un’eredità immensa, non solo per la forza della sua opera, riconosciuta a livello internazionale, ma anche per la coerenza e l’intensità del suo pensiero, capace di guardare al futuro con instancabile energia creativa”.
“‘Non ho mai creduto alle fondazioni che celebrano un solo artista come unicum. L’artista è parte di un tessuto di cultura, il suo contributo attivo non può venire mai meno ed è per questo che ho concepito la mia Fondazione come un luogo attivo e vivo di elaborazione culturale, oltre che come centro di documentazione della mia opera, capace di fare proposte originali e non solo di conservare passivamente. Ma il meglio deve ancora venire: questo è stato solo un inizio e nelle mie intenzioni il progetto – rivolto ai giovani e al futuro – si deve radicare, fare della continuità un elemento ineludibile…’. La Fondazione, nata da questa visione e forte della direzione tracciata da Arnaldo Pomodoro nel corso di trent’anni – osserva ancora Montebello – continuerà ad operare secondo la volontà del fondatore, garantendo la conservazione e la valorizzazione della sua opera, impegnandosi a diffondere il proprio patrimonio materiale e immateriale attraverso la realizzazione di mostre, eventi e iniziative in uno spazio inventivo, quasi sperimentale, di studio e confronto sui temi dell’arte e della scultura, che mira a un coinvolgimento, profondo e globale, con le persone e la società. Mancherai a tutti noi Arnaldo e faremo tesoro dei tuoi insegnamenti”.
Arnaldo Pomodoro, uno dei protagonisti più emblematici della scultura contemporanea a livello internazionale, è morto alla vigilia del compimento dei 99 anni. La sua opera, lucida e ferita, solenne e inquieta, ha inciso una traccia profonda nella storia dell’arte del Novecento e oltre. Lo scultore ha scolpito la materia come se fosse memoria, il bronzo come fosse carne: ha raccontato, con le sue forme geometriche spezzate e intagliate, il mistero dell’essere umano nella modernità.
È come se, con ogni sfera che si apre, ogni colonna che si frattura, ogni disco che si squarcia, Arnaldo Pomodoro avesse tentato di dire che la verità non sta nelle superfici lisce e rassicuranti della realtà, ma dentro le sue crepe. La sua opera resta un atlante dell’interiorità umana, tradotto in forme geometriche pure, poi violentemente alterate. Le sue Sfere, celebri nel mondo (presenti in numerose città, tra cui il Trinity College di Dublino, il cortile dei Musei Vaticani e le Nazioni Unite a New York), sono metafore della perfezione ferita. La lucentezza delle superfici è solo apparente: un invito ingannevole. All’interno, si apre un universo meccanico, frastagliato, complesso, che l’artista plasma come un orologiaio della psiche.
Ogni fessura è una soglia. Ogni squarcio, una dichiarazione. Nato a Morciano di Romagna, in provincia di Rimini, il 23 giugno 1926, Pomodoro ha attraversa tutto il XX secolo ne ha dato forma tangibile. Le sue Sfere, i Dischi, le Colonne fratturate e gli ambienti scultorei monumentali sono espressione di un pensiero complesso: un’arte che cerca di rivelare, attraverso la materia, ciò che è nascosto, ciò che è profondo, ciò che è sacro. Prima di diventare artista, Pomodoro si forma come geometra e si avvicina inizialmente al mondo dell’oreficeria e della scenografia.
Con il fratello Giorgio “Giò” Pomodoro (1930-2002) e Giorgio Perfetti (1932-1961) fonda il gruppo 3P, nato per rinnovare l’arte orafa, in una sintesi tra artigianato e invenzione. Il trasferimento a Milano nel 1954 segna l’inizio di un cammino radicale. Espone nel 1955 alla Galleria del Naviglio e da lì sviluppa un linguaggio plastico personale, profondamente riconoscibile. La capitale economica d’Italia diventa il suo laboratorio creativo, e Pomodoro vi resterà tutta la vita. Il primo linguaggio scultoreo di Pomodoro è fatto di altorilievi, attraversati da una scrittura cuneiforme, arcaica, simbolica. Una “scrittura del tempo”, come la definì. A partire dagli anni Sessanta, inizia a lavorare a forme geometriche solide utilizzando bronzo, piombo, stagno e cemento: i materiali scelti da Pomodoro sono sempre strumenti di una ricerca filosofica- sfere, cubi, cilindri, dischi, coni – costruite in bronzo lucente, poi spezzate, aperte, squarciate.
L’esterno è perfetto e levigato, l’interno è disordinato, tecnico, organico: una metafora plastica del contrasto tra apparenza e sostanza. Questa dialettica diventerà la cifra stilistica di Pomodoro. Ogni sua opera è uno spazio da esplorare, un’architettura mentale, un organismo vivente. Pomodoro stesso parlava delle sue sculture come “macchine mitologiche”. Pomodoro non ha mai accettato che la scultura fosse solo oggetto. La sua arte è spaziale, ambientale, totale. A partire dagli anni Sessanta, con opere come ‘La Colonna del viaggiatore’ (1962), ‘Grande Radar’ (1963), ‘Sfera con Sfera’ (1966), ‘Cilindro costruito’ (1968-70) e ‘Mole circolare’ (1968-70) l’artista ha esplorato l’interazione tra scultura e ambiente. Non si tratta solo di dimensioni monumentali: Pomodoro vuole che le sue opere siano attraversate, vissute, indagate. Vuole che lo spettatore si perda dentro di esse, come in un labirinto dell’essere.
Il culmine di questa aspirazione è forse l’opera ‘Ingresso nel labirinto’, dedicata all’epopea di Gilgamesh, un’installazione ambientale che travalica i confini della scultura per trasformarsi in un’esperienza mitica, una soglia esistenziale. Altrove, con opere come il ‘Carapace’ (2010) – la cantina-scultura per la famiglia Lunelli a Bevagna – Pomodoro ha fuso arte e architettura in un gesto unico: creare un luogo da abitare esteticamente, spiritualmente, culturalmente. La produzione artistica di Pomodoro è immensa e disseminata in tutto il mondo. Le sue opere pubbliche sono presenti, ad esempio, a Roma, Milano, Copenaghen, Brisbane, Dublino, New York, Parigi, Los Angeles e Darmstadt. Tra le sue opere più iconiche: ‘Colonna del viaggiatore’ (1962), opera pionieristica nella scultura volumetrica, realizzata per ‘Sculture nella città’ a Spoleto; ‘Disco Solare’ (1991), donato alla Russia e collocato a Mosca durante il disgelo post-sovietico; ‘Papyrus’ (1992) a Darmstadt, in Germania; ‘Lancia di Luce’ (1995), obelisco in acciaio e rame a Terni; il portale bronzeo del Duomo di Cefalù (1998); gli arredi sacri nella chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, in collaborazione con l’archistar Renzo Piano.
Numerose sono le sue opere ambientali: dal progetto per il cimitero di Urbino del 1973 scavato dentro la collina urbinate, poi non realizzato a causa di contrasti e problemi locali, a ‘Moto terreno solare’, il lungo murale in cemento per il Simposio di Minoa a Marsala, dalla Sala d’Armi per il Museo Poldi Pezzoli di Milano, all’environment ‘Ingresso nel labirinto’, dedicato all’epopea di Gilgamesh. Pomodoro ha anche progettato scenografie teatrali di grande impatto, per tragedie greche, drammi contemporanei, opere liriche, ricevendo il Premio Ubu per le sue creazioni sceniche. La sua arte è stata esposta nei più importanti musei e centri d’arte del mondo. Memorabili mostre antologiche lo hanno consacrato artista tra i più significativi. Tra le principali esposizioni: Rotonda della Besana a Milano (1974), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1976), Forte Belvedere a Firenze (1984), Palazzo dei Diamanti a Ferrara (1987), Museo all’aperto di Hakone in Giappone (1994), Marlborough Gallery a New York (1996), Torre di Guevara a Ischia (2003). Fortezza del Priamar a Savona (2007).
Numerose le esposizioni itineranti tra Europa, Stati Uniti, Australia, Giappone, e una straordinaria capacità di dialogare con paesaggi urbani e naturali. Ha insegnato nei dipartimenti d’arte delle università americane di Stanford University, University of California a Berkeley e Mills College. Pomodoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali: Premio alla Biennale di San Paolo (1963), Premio alla Biennale di Venezia (1964), Carnegie International Prize (1967), Premio Henry Moore, Hakone (1981), Praemium Imperiale per la Scultura della Japan Art Association (1990), Lifetime Achievement Award dell’International Sculpture Center di San Francisco (2008). E’ stato insignito della laurea honoris causa in Lettere dal Trinity College di Dublino (1992) e in Ingegneria dall’Università di Ancona (2001). Era Cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana (1996) e Medaglia d’oro ai Benemeriti della Cultura e dell’Arte (2005) Nel 1995 aveva fondato la Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano, con l’obiettivo di preservare e promuovere non solo la propria opera, ma la scultura contemporanea nel suo complesso. La Fondazione si configura come centro di documentazione, esposizione e riflessione, aperto ai giovani artisti, ai curatori, al pubblico. Nel Montefeltro, la terra della sua infanzia, Pomodoro ha creato il Centro Tam (Trattamento artistico dei metalli).
(Adnkronos) – (di Paolo Martini) – culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)