
(Articolo su Adriana Sartori medico di base da VicenzaPiù Viva n. 299, sul web per gli abbonati).
Adriana Sartori è un medico di medicina generale di 63 anni, lavora presso la medicina integrata di Chiampo e Altavalle, che conta circa 15mila pazienti e 9 medici associati. E’ medico di base dal lontano 1994 ed è specializzata in Diabetologia e Malattie del Ricambio. Ci ha raccontato come vede il presente e il futuro della sanità locale, dalla funzionale medicina integrata alla preoccupazione per il possibile “ruolo unico” del medico e del futuro nelle AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali).
Com’è la nostra realtà sanitaria nell’ambito dell’Ulss8? Come potrebbe diventare? Quali sono le preoccupazioni per il futuro?
La nostra realtà attuale (della Vallata del Chiampo) è perfettamente integrata ai servizi del territorio. Come servizio sanitario garantiamo visite mediche ambulatoriali e domiciliari ai nostri assistiti e formiamo un servizio infermieristico di qualità 12 ore al giorno dal lunedì al venerdì, il sabato dalle 8 alle 10 e gestiamo anche i prelievi domiciliari per i pazienti fragili o non deambulanti oltre a quelli eseguiti presso la nosttra struttura; abbiamo anche il servizio CUP per le prenotazioni di visite ed esami. Per quanto riguarda il futuro esiste un piano sanitario, che grazie al PNRR, prevede l’attuazione delle AFT, Aggregazioni Funzionali Territoriali, dove i medici dovrebbero andare a lavorare al servizio della comunità per 7 giorni alla settimana, 24 ore al giorno. In queste strutture ci sarebbe spazio dunque non solo per il rapporto fiduciario col proprio medico di medicina generale, ma anche il medico pediatra, il servizio infermieristico, l’assistenza sociale e la segreteria. Il medico, libero professionista, dovrebbe dunque scegliere tra l’attuale rapporto di convenzione col Servizio Sanitario Nazionale o il cosiddetto Ruolo Unico di Dipendenza col SSN a 38 ore settimanali, di cui 20 in servizio presso la Casa di Comunità. Diventerebbe un’aggregazione dove i medici devono dividersi tra la cura degli assistiti in carico e impegnarsi a coprire tante altre mansioni mediche in carico al nuovo organigramma.

Questo cosa comporterebbe?
Con le AFT gli stessi medici che coprono 7 giorni su 7 e h24 dovranno avere inoltre anche il ruolo di copertura notturno e festivo, attuale guardia medica o continuità assistenziale, oltre che lavorare nelle case di riposo. Il lavoro andrebbe dunque ben strutturato. Questa riforma nasce dalla necessità di avere personale sanitario medico e infermieristico sufficientemente adeguato a coprire ogni bisogno socio-sanitario della popolazione. E se non si arriva a costruire le Case della Comunità strutturate, entro massimo il primo semestre 2026, si perdono i contributi del PNRR. “Work in progress” dunque per le Case di Comunità e le AFT, che sono in fase di attiva discussione e elaborazione. Noi medici anziani abbiamo un rapporto di lavoro come liberi professionisti convenzionati col SSN e la nostra cassa previdenziale è l’ENPAM. I giovani medici o i medici che potrebbero scegliere il ruolo unico diventerebbero dei dipendenti del SSN e avrebbero riconosciuta, a differenza nostra, malattia, periodo di ferie, maternità…con i contributi versati però non più all’ENPAM, ma all’INPS.
Quali sono le criticità?
Io lavoro “sulla carta” 18 ore settimanali, con 1.650 assistiti. Ma il mio lavoro non finisce certo con le ore di ambulatorio, che spesso in una giornata non sono 4 o 5 ma diventano 7 o più, viste le numerose incombenze burocratiche che l’assistenza sanitaria di base comporta. Un semplice esempio? L’applicazione delle note per ricettare correttamente, i Piani Terapeutici, le certificazioni Inps, Inail o assicurative e altro… certificati di invalidità civile e, non ultimo, le cartelle informatizzate sempre da aggiornare. Oltre l’ambulatorio in senso stretto ci sono poi le visite a domicilio, le visite per pazienti in assistenza domiciliare, e i PDTA, attuale ottimo strumento con il quale il medico segue i pazienti con patologia cronica come il diabete mellito, la BPCO, lo scompenso cardiaco, la patologia tiroidea ecc… Con questo impegno lavorativo non indifferente mi sto interrogando su come potrò mai andare a prestare opera in Casa di Comunità, dove si dovranno coprire le esigenze più varie, vaccinazioni e tanto altro.
Il dilemma sarà: “Quanti medici quindi potranno scegliere il ruolo unico delle 38 ore settimanali?”
Sarà difficile che un medico quasi alle soglie della pensione possa scegliere il ruolo unico, come nel mio caso, vivo da oltre 17 anni ormai, già in associazione con altri medici, infermieri e personale amministrativo. La nostra è una forma di assistenza sanitaria integrata nel territorio e la Regione Veneto negli anni Duemila si era distinta per la capacità di innovazione in tal senso con le UTAP di cui a nostra volta facciamo parte. Il ruolo unico si comprende che nasce da una politica sanitaria nazionale deficitaria. Oggi viene riconosciuta una mancata corretta pianificazione nei numeri del personale addetto e nel contempo vi sono nuove esigenze di copertura socio sanitaria assistenziale. I conti non tornano e perciò occorre una nuova organizzazione per fronteggiare i nuovi bisogni. Negli ultimi 3 decenni, dopo la pletora sanitaria degli anni ’80, si è istituito il numero chiuso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e non si è più investito su nuove emergenze in Sanità. Ora con i prepensionamenti e i pensionamenti dei medici, anche spaventati da queste novità, il debito di figure professionali mediche è l’emergenza per la medicina territoriale e per l’Ospedale.
Quali vantaggi ha l’attuale medicina di gruppo?
Le realtà mediche che sono già integrate hanno già svolto negli anni una grande funzione. In questo modo si ha anche la conoscenza dei pazienti degli altri colleghi perché condividiamo in rete tutte le informazioni sanitarie dei soggetti da noi assistiti. La Valle del Chiampo è anche Comunità montana riconosciuta con aree collinari montane come Nogarole, Marana, Crespadoro, Durlo. Con una Casa della Comunità ad esempio ad Arzignano, i pazienti residenti in queste aree disagiate dovrebbero recarvisi non senza un faticoso accesso in termini di lontananza, tempo, necessità di trasporto sicuro. Non possiamo distruggere una realtà come la medicina integrata, che ha anche ambulatori periferici proprio in questi altri Comuni della nostra lunga vallata, dove esiste popolazione anziana, fragilità del territorio e del paziente.

In Regione, nelle sedi Ulss, in Direzione Generale, medici e sindacalisti stanno discutendo sul futuro della sanità. Qual è la preoccupazione per il futuro?
Certo che siamo e sono preoccupata, comprendendo tuttavia che siamo in una fase nuova ancora in costruzione. Con il mio lavoro attuale, già con molta responsabilità, compiti e incombenze temo non mi permetterebbe di svolgere con altrettanta cura un ulteriore ruolo. Noi non diciamo no a priori al ruolo unico, ma occorre condividere tutti i passaggi soprattutto anche come tutela sindacale dei lavoratori in sanità. Ho versato per 32 anni contributi lavorativi alla cassa ENPAM e i prossimi 3 anni con quale serenità potrò affrontare la nuova situazione in quanto sono preoccupata anche a livello contrattuale.
L’esperienza della dottoressa Sartori in Ulss 8 è sempre stata positiva. La preoccupazione per il futuro riguarda appunto le future Case di Comunità e le AFT e come verranno strutturate, per non perdere tutto quello che finora si è acquisito e per continuare ad avere la possibilità di assistere al meglio i pazienti e soprattutto una popolazione sempre più anziana e fragile.