
Alta velocità a Vicenza, stato attuale e compensazioni per la città: questo il tema dell’incontro tenutosi oggi pomeriggio alle ore 15 all’interno del calendario di appuntamenti della “Scuola del lunedì”, eccezionalmente presso il teatro parrocchiale della chiesa Sant’Antonio dei Ferrovieri in via Prandina, percé la sala della biblioteca La Locomotiva, sede usuale della scuola, era occupata dal seggio elettorale.
La TAV (o meglio la TAC) è stata dunque al centro dell’appuntamento della scuola, nata nel 1989 grazie a Don Carlo Gastaldello, parroco dei Ferrovieri, come eredità del diritto allo studio che nel 1974 prevedeva un monte di 150 ore affinché gli operai potessero istruirsi ed imparare. La scuola ha il patrocinio del Comune di Vicenza ed è Daniele Bernardini, ex primario di gastroenterologia del San Bortolo e presidente della Fattoria Il Pomodoro, a svolgere il ruolo di coordinatore responsabile, coadiuvato dai volontari (ne abbiamo scritto su VicenzaPiù Viva n°303 in edicola).
Un tema molto caldo nel quartiere dei Ferrovieri – tristemente interessato assieme a San Lazzaro da demolizioni ed espropri necessari all’introduzione (imposizione?) dell’Alta velocità a Vicenza – ed infatti la sala del teatro era occupata da un centinaio di persone interessate all’argomento, non scoraggiate alla vista della copiosa pioggia scesa nel pomeriggio ma ancora con le ferite aperte da un’opera di dubbi vantaggi futuri e certi danni, sanitari e ambientali, di cantieri che dureranno un decennio.
Dopo l’introduzione del coordinatore Bernardini, la parola è passata all’ospite chiamato a fare un approfondimento sulla tematica, l’architetto Francesco Di Bella, già componente della task force voluta dal sindaco di Vicenza per seguire l’iter dell’opera e professionista a conoscenza della situazione e dei progetti in atto (e di quelli previsti in futuro).
L’architetto ha esordito mostrando un video di Iricav 2, il General Contractor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della nuova linea ferroviaria Verona-Padova, e che mostra la linea in oggetto per come si presenterà.

Il 1° lotto dell’Alta velocità a Vicenza, che riguarda la tratta Verona – Bivio di Vicenza, per una lunghezza di 44,2 km, è attualmente in costruzione e sarà completato entro dicembre 2026. A partire dalla stazione di Verona Porta Vescovo la linea correrà parallelamente a quella attualmente in uso fino a San Martino Buon Albergo, dove la galleria artificiale consentirà alla ferrovia di sottopassare l’abitato (e l’autostrada), e di continuare il viaggio fino al bivio della città berica.
Alcuni tratti saranno interessati da operazioni più incisive, ad esempio nei pressi della stazione di Montebello Vicentino, in cui la linea presenta una doppia curva a forma di esse là dove i treni attualmente si trovano a dover rallentare; le curve verranno rifatte a raggio maggiore in modo da sostenere il transito di treni veloci. La creazione della nuova stazione a Lonigo, poi necessiterà anche del collegamento con la rete locale veicolare e pedonale.
Il tracciato del 1°lotto si concluderà nei pressi del sottopasso di Olmo di Creazzo, dove inizierà il 2°lotto “Attraversamento di Vicenza”, lungo 6,2 km per 2,2 miliardi di euro; sono già in corso demolizioni e lavori propedeutici alla costruzione della linea effettiva. La fine dei lavori è prevista per il 2032; di questi, i lavori nella stazione di Vicenza sono in mano ad Iricav 2 (non ad appalti esterni) e prevedono lo smaltimento dei binari morti, la demolizione di pensiline e il rifacimento dei fabbricati. Morale della favola: della attuale stazione non rimarrà che poco più di nulla.

Il 3° lotto, che prevede il collegamento della città berica con quella euganea, non è ancora finanziato, o meglio, con il Decreto legge n°59 del 6 maggio 2021 è stato previsto il finanziamento della sola progettazione (quota 25 milioni). Annunciata inoltre la scelta tra tre ipotesi per il progetto – presentate attraverso uno studio di fattibilità tecnico-economica al Comune di Vicenza nel marzo scorso e che partirà dal cosiddetto “bivio Bacchiglione”, ovvero là ove si separa la linea per Treviso da quella per Venezia.
La prima ipotesi prevede la costruzione in superficie di due nuovi binari con il “salto del montone” a Settecà, ovvero un ponte dove le linee si “scambiano” – se da Milano a Vicenza la linea veloce corre a sud della lenta, da Padova la TAV corre a nord della “lenta” – e l’apposizione di barriere antirumore. Sono 52 mesi i previsti per un’opera da 360 milioni di euro, la meno costosa e la più veloce da realizzare.
La seconda ipotesi prevede la galleria corta: tra il quartiere San Pio X e via Martiri delle Foibe le due linee si abbassano a dieci metri sotto terra con una galleria artificiale che termina in zona Stanga, successivamente si riportano in superficie con scavalco della linea veloce su quella attuale con un salto di montone fuori terra con un risultato urbanisticamente più bello, ma con lavori più lunghi (76 mesi) e più onerosi (840 milioni).
La terza proposta è quella della creazione di una galleria lunga posizionata similarmente alla prima, dove entrambe le linee verranno interrate, fino al nodo Camisano, superato il quale la linea attuale risale in superficie mentre quella ad alta velocità rimarrà in galleria fino a Settecà, riemergendo successivamente, dopo aver sottopassato la linea lenta. Soluzione di 1,2 miliardi per novanta mesi di durata lavori.
E il Comune che vuole dire la sua sulla scelta? Ha richiesto fondi statali, ma il Ministero dei Trasporti non ha ancora dato cenni, fermo restando che adesso no ghe xe schei… con il pubblico che sottolineava ironicamente come la ragione fosse da cercare nel progetto del ponte sullo stretto.
Comunque ci sarebbe anche un’opzione zero per limitare l’impatto dell’Alta velocità a Vicenza che non prevede interventi infrastrutturali, ma la sola implementazione tecnologica della linea veloce; secondo lo studio di fattibilità però “l’aumento di capacità connesso all’applicazione dell’HD ERTMS raggiunge il valore massimo solo in presenza di omotachicità di traffico, omogeneità della tipologia di convogli e del servizio effettuato, condizioni tipiche esclusivamente delle tratte interne ai nodi ferroviari con linee specializzate (es: Passanti Metropolitani)”.
Dopo la conclusione del monitoraggio ambientale ante opera, attualmente è in atto quello “in corso d’opera”, i cui dati sono stati raccolti da Iricav 2, validati da Arpav e trasmessi al Comune, al Ministero e agli enti interessati.

A questo punto dell’approfondita spiegazione, la sala ha iniziato a rumoreggiare, tra domande e osservazioni anche sugli effetti fortemente nocivi per la salute dei cantieri.

In chiusura, Di Bella ha precisato che – nonostante sia stato creato uno storytelling che “giustifica” le infrastrutture invasive con la necessità di far lasciare l’auto a casa ai cittadini e spostare i trasporti da gomma a rotaia – secondo uno studio di Isfort (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti) i tre quarti della mobilità italiana è relativa a percorrenze brevissime, ovvero entro i 10 chilometri, mentre gli utenti di treni veloci, sia pur “portatori” di incassi da biglietti molto maggiori e più profittevoli, sono solo una netta minoranza. Da un’analisi di FerMerci, inoltre, si evince che il trasporto su rotaia in Italia è solo l’11%.
Il commento generale conseguente: l’offerta TAV TAC, con Vicenza non considerata nodo strategico e, quindi, senza fermata per treni veloci ad alta percorrenza, non incrementerà la mobilità di passeggeri e poco o nulla cambierà per il traffico merci che rimarrà vincolato al trasporto su gomma dalle fabbriche ai centri di accesso al trasporto ferroviario
Tra il pubblico c’è chi chiede «ma noi dei Ferrovieri dobbiamo rassegnarci quindi?», chi da medico ISDE afferma «l’inquinamento causa l’8% di morti cardiovascolari», chi la definisce «la più grande opera distruttiva dal Dopoguerra» e chi dopo aver impiegato quindici anni della propria vita a lottare contro l’Alta velocità a Vicenza ringrazia «Variati e le categorie economiche che lo hanno sostenuto, oltre all’indifferenza dei vicentini attenti solo al proprio orto».

































