Appalti e affidamento diretto, documento Anac: non abbassare guardia su corruzione, rivalutare formulazione procedura negoziata

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Guardia di Finanza di Vicenza in azione in collaborazione con l'ANAC

Di seguito alcuni passaggi di un documento che l’Anac, l’Autorità Anticorruzione, ha inviato alle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici al Senato sul dl Semplificazioni, e di cui Public Policy ha preso visione

“Con più prudenza va accolta la decisione di occupare lo spazio lasciato vuoto dalla procedura negoziata semplificata espandendo la soglia dell’affidamento diretto puro, che passa dal limite dei 40mila euro a quello di 150mila euro. In fasi complesse e decisive come questa per la vita del Paese non si può abbassare la guardia nella lotta ai fenomeni corruttivi”.

“La norma, in particolare – scrive l’Anac – consente di affidare direttamente lavori fino a 150mila euro e servizi e forniture entro la medesima soglia, fatto salvo il limite della soglia euro-unitaria se inferiore a 150mila euro (cfr. la soglia di 139.000 euro per gli appalti aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali). Oltre detta classe di importo, è previsto il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione di bando, con numero minimo di operatori economici da invitare crescente (cinque, dieci, quindici) in ragione del valore crescente dell’appalto (fino a 350mila euro e fino a un milione di euro per i lavori e fino alla soglia euro-unitaria per servizi e forniture)”.

“Per quanto riguarda il criterio sulla base del quale procedere all’aggiudicazione della procedura negoziata, confermando la scelta già operata dallo Sblocca cantieri”, il dl Semplificazioni “mantiene l’equiparazione tra offerta economicamente più vantaggiosa e prezzo più basso, rimettendo alla stazione appaltante la facoltà di scelta tra i due. Non v’è dubbio che, pur nella condivisibile esigenza di semplificare temporaneamente gli affidamenti, consentire alle stazione appalti l’utilizzo del criterio del minor prezzo per l’affidamento di servizi ad alta componente di manodopera o caratterizzati da un notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo (ex articolo 95, comma 3-bis introdotto dallo Sblocca-Cantieri) rischia di dare vita ad affidamenti al ribasso giocati sull’abbattimento del costo del lavoro o di svilire il contenuto tecnologico della commessa”.

Il nuovo temporaneo assetto “va verificato” al fine di “un adeguato bilanciamento tra l’apertura alla concorrenza e l’efficienza dell’azione amministrativa. Pur convenendo sul fatto che regole improntate ai principi di trasparenza e competitività obbligano le stazioni appaltanti al rispetto di passaggi procedimentali rigidi, sia sotto il profilo delle tempistiche che degli obblighi di pubblicità, occorre evidenziare che è proprio, nella tensione tra legalità, concorrenza ed efficienza, che è necessario trovare – anche in una situazione di eccezionale gravità quale quella presente – un punto di equilibrio che salvaguardi la trasparenza dell’azione dell’amministrazione e un livello minimo di confronto con il mercato”.

“Si rappresenta, a tal proposito, che nel 2019 la fascia di procedure comprese fra 40mila e 150mila ha rappresentato il 54% del totale e che pertanto oltre la metà di esse, con la modifica normativa prevista, sarebbero sottratte a un confronto concorrenziale”, conclude l’Anac.

“La procedura negoziata senza pubblicazione di bando richiede la previa consultazione di un numero minimo di operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici”. La disposizione ricalca quanto già previsto dallo Sblocca-Cantieri, “con l’eccezione dell’introduzione del criterio, da osservare nella rotazione, della diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate. Quest’ultima previsione desta qualche perplessità, in quanto non precisa su che base, regionale, provinciale o altro, vada considerata diversa la dislocazione territoriale, e sembra dunque destinata a causare disomogeneità in fase applicativa, inoltre, introducendo limitazioni di tipo territoriale, rischia di essere produttiva di quegli stessi effetti discriminatori ratione loci che – con consolidato orientamento – la giurisprudenza (e la stessa Autorità) censurano in quanto lesivi dei principi di uguaglianza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza. Si suggerisce, pertanto, di rivalutare l’attuale formulazione, al fine di maggiore chiarezza”.


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