
Dalla mozione della Lega nel Consiglio comunale di Lonigo alla denuncia dell’eurodeputata Cristina Guarda (Verdi/AVS), l’agricoltura torna terreno di battaglia politica. Nel mirino la riforma della PAC (Politica Agricola Comune) e le scelte del governo Meloni e della Commissione europea.
La riforma della PAC post-2027, già anticipata nei tavoli europei, sta generando un fronte critico trasversale. A Lonigo, il gruppo consiliare della Lega ha depositato una mozione contro il nuovo impianto di bilancio agricolo dell’UE. In parallelo, da Bruxelles l’europarlamentare vicentina Cristina Guarda (Verdi/ALE) denuncia un disegno di «eutanasia delle aree interne» dietro cui, secondo lei, si celano sia la regia di Ursula von der Leyen sia l’azione politica del ministro Raffaele Fitto — esponente di Fratelli d’Italia come la premier Giorgia Meloni.
Secondo la mozione della Lega leonicena (Bonato, Dani, Gaspari e Dovigo), la proposta di unificare i fondi FEAGA e FEASR in un solo contenitore gestito centralmente ridurrebbe il sostegno all’agricoltura, danneggiando le imprese italiane e indebolendo l’autonomia decisionale dei territori.
Ancora più dura la posizione della Verde Guarda, che accusa apertamente Fitto, in qualità di commissario europeo alla Coesione, di «dirottare i fondi dalle zone disagiate all’industria bellica» e di promuovere, insieme alla Commissione von der Leyen, un nuovo budget europeo che taglierebbe del 30% i fondi alla politica agricola, escludendo le Regioni dalle scelte strategiche. «È un approccio autoritario e centralista», attacca, «in cui l’Italia meloniana fa da apripista alla stretta europea».
Le critiche alla Commissione si uniscono così a quelle rivolte all’esecutivo italiano. In particolare, secondo Guarda, «il Piano strategico nazionale italiano sancisce il destino al declino per le aree interne», mentre la mozione della Lega chiede al sindaco di Lonigo di «difendere l’agricoltura locale da riforme ideologiche, penalizzanti e lontane dalla realtà dei campi».
Due fronti molto diversi — Verdi da un lato, Lega dall’altro — che convergono però nel denunciare un pericolo comune: quello di un’agricoltura italiana lasciata senza difese tra Bruxelles e Roma. E in mezzo, come sempre, i territori.