Le segnalazioni ai Sistemi di Informazioni Creditizie in Italia e il confronto con il modello americano del Credit score

904
Credit score Usa vs Centrale dei Rischi e Sistemi di Informazioni Creditizie in Italia
Credit score Usa vs Centrale dei Rischi e Sistemi di Informazioni Creditizie in Italia

Riprendiamo e approfondiamo l’argomento delle segnalazioni del sistema creditizio, particolarmente caldo in un momento come questo di crisi delle attività e delle conseguenti necessità di credito e affrontato qualche giorno fa: “Segnalazioni alla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia: le strozzature al credito superano i tre anni della Centrale per archivi singole banche“.

I Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) sono archivi che raccolgono le informazioni relative a ciascun soggetto che ottiene un finanziamento o una garanzia dal sistema finanziario. Documentando la storia creditizia del richiedente offrono, quindi, agli istituti di credito una forma di tutela diversa da quelle reali come l’ipoteca, il pegno o la garanzia.

I SIC possono essere pubblici o privati, e in base a questa distinzione possono differire anche le norme che regolano il loro operato. L’unico SIC pubblico italiano è la Centrale dei Rischi di Banca d’Italia. Questo archivio raccoglie informazioni relative ai soli finanziamenti di importo pari o superiore a 30 mila euro. Tuttavia, questa soglia si abbassa a 250 euro se il cliente è in sofferenza: questo vuol dire che per i finanziamenti inferiori ai 30 mila euro la banca non segnalerà nulla alla Centrale dei Rischi, almeno inizialmente, ma potrà farlo nel momento in cui riterrà che il cliente abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito.

Il principale Sistema di Informazioni Creditizie privato è gestito da CRIF e si chiama EURISC. A differenza dell’archivio pubblico, raccoglie informazioni anche su debiti inferiori a 30 mila euro. Ma, soprattutto, si tratta di un sistema di tipo positivo e negativo, ossia contiene informazioni sui finanziamenti richiesti ed erogati indipendentemente dal fatto che il rimborso sia stato regolare o meno. Ciò significa che i soggetti presenti in questo registro non sono necessariamente cattivi pagatori; anzi, la stessa CRIF stima che più del 95% dei soggetti registrati nel suo database rimborsa regolarmente i finanziamenti ottenuti.

I dati che vengono raccolti dai SIC riguardano: dati anagrafici; dati relativi al rapporto di credito quali la tipologia del contratto, l’importo accordato e utilizzato, le modalità di rimborso; dati contabili come la regolarità dei pagamenti; notizie relative a situazioni eventuali ed eccezionali, ad esempio attività di recupero crediti e contenziosi.

In merito alla conservazione dei dati, le informazioni raccolte dalla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia non vengono cancellate, ma gli intermediari possono consultarle al massimo per gli ultimi 36 mesi disponibili. Per i SIC privati invece la permanenza dei dati negli archivi è disciplinata dalle indicazioni del Codice di deontologia e buona condotta. Nel caso peggiore, ovvero quando un inadempimento non viene regolarizzato, i dati permangono per 36 mesi dalla scadenza del contratto ovvero dall’ultima segnalazione, se successiva; e in quest’ultimo caso è previsto un limite di 60 mesi dalla data di scadenza del rapporto.

L’istituto di credito è tenuto a comunicare al cliente finanziato, con almeno 15 giorni di anticipo, la segnalazione di ritardo nei pagamenti ad un SIC privato. Per le segnalazioni alla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia, invece, l’obbligo di preavviso vale solo se la segnalazione si riferisce ad una persona fisica e ad un credito in sofferenza.

Come spiegato nel precedente articolo, le segnalazioni negative possono diventare un fattore altamente critico per famiglie e soprattutto aziende, non solo durante il periodo di difficoltà nell’adempimento dei pagamenti ma soprattutto nell’immediato futuro. Per comprendere meglio pregi e difetti del sistema, analizziamo il meccanismo adottato negli Stati Uniti.

 

Negli Stati Uniti sono in vigore il sistema del credit history e del credit score.

Il primo è un registro della storia creditizia del mutuatario: raccoglie dati sull’utilizzo della carta di credito, le richieste di finanziamenti al sistema bancario, la puntualità dei rimborsi ecc. Il secondo invece è un punteggio che riassume l’affidabilità creditizia.

Gli istituti di credito utilizzano questo punteggio per valutare il rischio connesso alla concessione del prestito al cliente. Come per il sistema in vigore in Italia, anche questo meccanismo ha lo scopo di rendere il credito meno costoso e più disponibile. Tuttavia, se la meticolosa raccolta di dati ha migliorato l’efficienza dei mercati del credito statunitensi, i detrattori sostengono che l’utilizzo di tali informazioni può portare ad effetti discriminatori. Oltretutto il credit score, tramite il tracciamento delle scelte di consumo, si propone di misurare la capacità di una persona nella gestione del denaro.

Il problema è che anche una scelta apparentemente banale come utilizzare la carta di credito piuttosto che la carta di debito (meglio nota come bancomat) influisce in maniera diversa sul punteggio. In questo modo vengono di fatto premiati determinati modelli di comportamento a scapito di altri, in una maniera che potrebbe facilmente non essere condivisa dal consumatore, che spesso non conosce queste “regole”, stando a vari studi che hanno dimostrato la generale ignoranza dei cittadini americani riguardo questi meccanismi. Infine l’ampia base di dati raccolti (che riguardano anche polizze assicurative, affitti, attività lavorativa) pone dei rilevanti problemi legati alla privacy e alla condivisione dei dati all’insaputa dei consumatori.

A fronte di questi aspetti il sistema adottato negli Stati Uniti permette, a coloro che hanno fatto ricorso alla procedura di fallimento, di riottenere la fiducia degli istituti di credito in maniera più graduale e semplice rispetto al meccanismo italiano. Ricordiamo, infatti, che negli Stati Uniti il procedimento fallimentare viene applicato anche alle persone fisiche.

Quando il soggetto ricorre al procedimento fallimentare, è presumibile che il credit score precipiti e da quel momento in poi sarà difficile richiedere nuovi finanziamenti, o quantomeno si dovranno accettare condizioni meno vantaggiose. Tuttavia, già nei mesi successivi sarà possibile cominciare a ricostruire il proprio punteggio saldando i conti delle carte di credito e pagando puntualmente affitti e bollette. Va però notato che gli avvenimenti negativi che rovinano il credit score influiscono sul punteggio per ben 7 anni. Dopo questo termine tuttavia escono dalla base di calcolo anche se il debito non risulta ancora estinto.

È importante considerare questo meccanismo nel contesto del Codice fallimentare statunitense, che presenta importanti differenze rispetto al procedimento italiano. La principale è proprio un orientamento più favorevole verso il debitore onesto in difficoltà, in modo da concedergli la possibilità di ricominciare eventualmente una nuova attività.

Come abbiamo visto i sistemi in vigore in Italia e negli Stati Uniti puntano ad un aumento dell’efficienza dei mercati finanziari ma, d’altro canto, presentano entrambi dei fattori di criticità. In particolare le differenze di approccio si possono apprezzare innanzitutto in relazione alla questione della privacy sui dati raccolti dagli intermediari e in secondo luogo riguardo le difficoltà di accesso al credito generate dalla presenza di segnalazioni negative. Nessuno dei due modelli risulta risolutivo nei confronti di queste criticità, ma osservandoli si può comprendere come una maggiore fiducia da parte degli istituti bancari comporta purtroppo un maggiore controllo sui dati sensibili del cliente.