Cieca burocrazia a Vicenza: il caso della signora Debora Vicari e dell’assegno di inabilità al lavoro negato da Inps e Agenzia delle Entrate

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Inps vicenza
Inps a Vicenza

Un errore della cieca burocrazia. Una piega della norma sotto la quale si crea l’ombra dell’ingiustizia. Un problema di software. Sono soltanto alcune delle spiegazioni possibili per quanto sta vivendo sulla propria pelle Debora Vicari, una donna di Vicenza.

Nei giorni scorsi, ha contattato la redazione di ViPiù esponendo il suo disagio e chiedendo quella visibilità sui media che non risolve i problemi, ma in qualche modo potrebbe “oliare” i meccanismi degli uffici della Pubblica amministrazione italiana che troppo spesso si inceppano.

Per comprendere la sua vicenda bisogna partire dalle condizioni personali nelle quali sostiene di trovarsi: “Invalida civile – dice –, ho subito diverse operazioni, sono divorziata e non ho un lavoro, ma ho un mutuo da pagare”.

Condizioni nelle quali i sostegni pubblici aiutano ad andare avanti, come quello chiesto dalla Vicari, un assegno di inabilità al lavoro dovuto peraltro a motivi di lavoro stesso, riconosciuto dall’Inps, ma impantanatosi negli stessi corridoi dell’istituto e di Agenzie delle Entrate di Vicenza.

Secondo quanto spiegatole, la donna non avrebbe i requisiti per l’erogazione dell’assegno perché nella sua situazione economica (Isee) figurerebbero degli assegni familiari corrisposti dall’ex marito, che in realtà però non percepisce più da oltre un anno (aprile 2021).

Dunque, a una situazione difficile di carattere umano se ne somma una complicata a livello tecnico e che ci facciamo spiegare da Enrico Carraro del Centro di assistenza fiscale (Caf) che assiste la signora.

“Il nodo del problema – ci spiega – è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente o Isee. Come è noto, questo documento fotografa la situazione di 2 anni prima, in questo caso del 2020, periodo nel quale in effetti la signora Vicari percepiva questi assegni da parte dell’ex marito.

Data la condizione stringente nella quale si trova, abbiamo però optato per avvalerci di uno strumento previsto dal legislatore proprio in considerazione del fatto che le condizioni economiche dei cittadini possono evolvere drasticamente nel giro di due anni. Ovvero l’Isee corrente: una fotografia degli ultimi 12 mesi della situazione economica. Ciò è consentito nei casi in cui le condizioni economiche sono mutate in peggio, ad esempio per la perdita di lavoro, entro determinati parametri, proprio come nel nostro caso.

Con questa correzione dell’Isee non ci sarebbero dovuti essere dubbi circa la condizione economica dell’assistita e l’Inps avrebbe dovuto erogare l’assegno di inabilità. Tuttavia, ritardando l’arrivo dell’assegno, abbiamo svolto alcune verifiche e l’Inps ci ha comunicato che, in base a dati trasmessi dall’Agenzia delle Entrate di Vicenza, risultano ancora presenti nell’Isee corrente della signora quegli assegni famigliari, sotto la voce ‘altri tipi di reddito‘.

La loro presenza nel documento porta la situazione della signora fuori dalla soglia per l’ottenimento dell’assegno e quindi la stessa non ha di che vivere”.

Difficile, poi, capire per quale motivo in questo documento figurino delle somme che, invece, non dovrebbero esserci. “L’istituto – risponde il dottor Enrico Carraro – ci dice che non possono in alcun modo rivedere, modificare o cancellare quel dato. Chiedere spiegazioni all’Inps è piuttosto complicato e ancor più complicato ottenerne. In particolare dalla prima linea dell’istituto, ovvero sportellisti e operatori di call center.

Tutto quello che siamo riusciti a sapere dall’istituto è che loro non sono nelle condizioni di poter correggere questo dato”.

Davanti a questa evidenza, alla signora Debora e a una persona che le sta a fianco e che l’aiuta in questa trafila non è rimasto che chiedere ulteriori spiegazioni agli uffici preposti che però tardano ad arrivare. In alcune occasioni – proprio come questa mattina – gli uffici disconoscono anche appuntamenti presi per telefono.

La soluzione sarebbe adire le vie legali, ma tutti sanno bene cosa comporti questo in Italia: prepararsi a tempi biblici per ottenere un pronunciamento.

Di certo, la soluzione non è quella che qualche dipendente poco formato (alla vita, ndr) avrebbe prospettato. Ovvero di farsi aiutare economicamente da qualcuno fino a gennaio 2023, data nella quale la signora Debora potrebbe presentare una nuova istanza grazie ad un Isee aggiornato dal quale dovrebbero sparire quegli altri tipi di reddito che ne hanno pregiudicato il diritto in quest’anno. Tradotto: “Signora, provi a sopravvivere”.

Abbandono: questo è il termine che descrive la condizione della signora Vicari – commenta ancora Enrico Carraro –, anche perché altri enti che si occupano delle persone in difficoltà, e penso al Comune e all’assessorato alle Politiche sociali di Vicenza, non possono fare nulla, perché risulta che ha dei redditi tali da non aver bisogno di aiuto”.

Il caso di Debora Vicari è piuttosto un caso limite, ma secondo il responsabile del Caf vicentino è comunque accomunato a molti altri dalle difficioltà nell’ottenere un diritto o anche solo delle spiegazioni: “Davanti alle difficoltà burocratiche il cittadino molla. Bisogna invece avere la forza di andare fino in fondo – commenta Carraro – proprio come sta facendo la signora Debora.

Di fronte a errori di ogni genere nella documentazione prodotta da Inps o Agenzia Entrate spesso la risposta della prima linea di cui parlavamo prima è di rifarsi con il consulente, in un rimpallo di responsabilità che non aiuta il cittadino”.

“A causa di un dato economico errato nella banca dati fiscale centrale ho perso il diritto a percepire l’assegno di inabilità – dice la donna protagonista suo malgrado di questa vicenda –.

Andare di persona negli uffici, con tutte le difficoltà del caso, e produrre tutta la documentazione non è servito a nulla. Inps e Agenzia delle Entrate di Vicenza si rifiutano di correggere quel dato, sostengono di non poterlo fare pur avendo capito l’errore e non sono in grado di indicarmi un’alternativa valida.

Da giugno scorso – aggiunge – non percepisco più la Naspi, perché da luglio doveva partire l’erogazione dell’assegno di inabilità che mi è stato cancellato d’ufficio, ma ora sono 3 mesi che non percepisco un euro”.

E aggiunge che, nel caso in cui dovesse intraprendere la via legale “chiederò i danni, perché da luglio sto perdendo il diritto alla erogazione di un assegno di inabilità del valore di 1900 euro lordi al mese, l’integrazione del Reddito di Cittadinanza in quota parte, compreso l’aiuto per pagare il mutuo, e tutti i vari bonus sociali”.