Delitti e scandali, l’America tormentata dalla sua storia

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di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La settimana che si chiude è stata segnata da un omicidio che scuote le fondamenta della politica americana: l’assassinio di Charlie Kirk, 31 anni, fondatore di Turning Point USA e astro della destra giovanile Maga. Mercoledì, un colpo di fucile da lunga distanza lo ha raggiunto mentre parlava all’aperto alla Utah Valley University. L’assassino è ancora in fuga, ma le autorità hanno diffuso immagini di un giovane con cappellino e occhiali scuri. Il fucile Mauser usato per il delitto è stato ritrovato in un bosco vicino. L’FBI ha promesso una ricompensa da 100.000 dollari e il direttore Kash Patel è volato in Utah per seguire di persona le indagini, dopo aver commesso una gaffe annunciando troppo presto che il killer fosse stato catturato. Intanto tre alti dirigenti hanno denunciato Patel, accusandolo di epurazioni politiche.

Il delitto ha avuto un impatto immediato e devastante. Al Congresso è scoppiata una rissa verbale, con repubblicani che accusavano i democratici e i media di incitare la violenza, e democratici che rinfacciavano il mancato controllo delle armi. Kirk, amatissimo da Trump e molto legato al vice presidente Vance, aveva costruito un impero politico e mediatico capace di mobilitare migliaia di giovani. La sua formula era chiara: dibattito acceso, anche aspro, ma con diritto di parola a tutti in ogni campus universitario. Non mancavano le sue posizioni estreme: dal culto delle armi al concetto che il sacrificio individuale fosse “necessario” per far rispettare il secondo emendamento. Parole che oggi sembrano essersi rivoltate contro di lui.

Trump ha reagito con dolore personale, ma subito ha trasformato l’episodio in un attacco ai rivali politici. Lo stesso presidente continua ad alimentare un clima esplosivo: solo pochi giorni fa, di fronte all’invio di truppe federali a Chicago, ha postato un messaggio con la scritta “War”, evocando il film Apocalypse Now. Servirebbe abbassare i toni, il primo a farlo dovrebbe essere lui. La violenza politica americana ha una tradizione radicata. Da Lincoln a McKinley, da JFK a Martin Luther King e Robert Kennedy, fino al 6 gennaio 2021, omicidi e tentativi hanno deviato traiettorie storiche e lasciato sospetti mai chiariti. Qualcuno già si chiede: a chi giova l’uccisione di Kirk? Alimentando teorie e complotti. Per questo è cruciale che l’assassino venga catturato vivo, e non “alla Oswald”.

Ma la settimana non è stata segnata solo da questo. L’onda lunga dello scandalo Epstein continua: i nuovi documenti includono il famigerato album fotografico per il compleanno del 2003, con imbarazzanti messaggi firmati Trump, Clinton e perfino dall’ambasciatore britannico a Washington, licenziato dal suo governo. Nonostante lo shock per l’omicidio di Kirk, lo scandalo Epstein continuerà a tormentare la Casa Bianca e potrebbe diventare devastante se dovessero emergere dei video registrati nelle case di Epstein. Sul fronte economico, i dati sul lavoro hanno sorpreso in negativo: disoccupazione in crescita, dati industriali preoccupanti. C’è poi l’immigrazione: centinaia di arresti di lavoratori, e anche di tecnici qualificati, come quelli della Hyundai in Georgia, finiti dietro le sbarre come se fossero terroristi. Una stretta che mostra come la promessa di Trump di “ripulire” l’America rischi di colpire anche l’economia produttiva.

All’estero, la scena è dominata da Israele, che ha bombardato un complesso residenziale a Doha uccidendo civili e delegati di Hamas. La risposta del Consiglio di Sicurezza Onu è stata di condanna unanime, persino con la firma degli Stati Uniti. L’ambasciatore israeliano Danny Danon ha replicato attaccando: Israele non ha fatto altro che applicare la risoluzione del 2001, dopo l’11 settembre, che autorizza a colpire i terroristi ovunque si nascondano – proprio come fecero gli USA con Bin Laden in Pakistan. Il discorso di Danon è avvenuto al Consiglio di Sicurezza proprio nel 24° anniversario dell’11 settembre. E poi c’è la sfida portata da Putin, con droni russi che attraversano la Polonia, provocando il primo abbattimento su territorio NATO. Mentre Varsavia e l’Alleanza alzano i toni, Trump ha scritto sui social “Here we go!” – che suona come “ci risiamo, sta per scoppiare qualcosa”. Una reazione più da spettatore che da commander in chief! Al presidente che prometteva di portare la pace, non resta altro che sparare battute sui social mentre la storia accade?

L’America intanto resta avvitata nella spirale di violenza, verbale e fisica. Nel breve periodo certi attentati possono favorire qualcuno, creando vuoti di potere o coprendo verità scomode. Ma nel lungo termine la violenza non risparmia nessuno: erode la fiducia, corrode le istituzioni democratiche, delegittima persino chi crede di guadagnarci. Mentre l’America onorava le vittime dell’11 settembre, due impegni le restano imprescindibili: assicurare alla giustizia il killer e voltare pagina nel linguaggio pubblico, partendo proprio da chi siede nello Studio Ovale.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).