Distillerie Schiavo, un successo “gagliardo” e non solo

168
Marco Schiavo centellina e valuta una sua nuova grappa
Marco Schiavo centellina e valuta una sua nuova grappa

(Articolo su Distillerie Schiavo da Vicenza Più Viva n. 4 gennaio-febbraio 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Marco Schiavo, a capo dell’azienda di famiglia da oltre 20 anni, ci racconta come nascono i loro pregiati distillati e liquori. E anche di imprenditoria vicentina.

Un brindisi da Costabissara alla Malesia, rimanendo un’azienda a gestione familiare, legata ai prodotti del territorio. Un’impresa che profuma di vinacce, ma anche di mandarino e di fiori, e soprattutto di storia. Di 135 anni di storia, per essere precisi. E chi meglio di Marco può raccontarci le Distillerie Schiavo del terzo millennio?
«Ho preso in mano la gestione 20 anni fa, alla morte di mio padre. Avevo 30 anni. La distilleria aveva già avuto delle importanti migliorie tecnologiche e io mi sono concentrato sul prodotto. Basandomi sul palato e sulle esigenze dei consumatori ho cominciato a proporre grappe dalla più morbida, quindi più floreale e fruttata, alla più secca e austera. E, soprattutto, ho investito nel rilancio dei liquori, praticamente scomparsi tra gli anni ‘80 e il 2000. Ho cominciato a riprendere in mano tutte le vecchie ricette del nonno, modificandole secondo il gusto attuale, quindi meno “zuccherosi”.
Abbiamo ricominciato a fare gli amari come si dovevano fare una volta, quindi per infusione, non utilizzando la chimica, che domina il panorama della produzione dei liquori. Un procedimento più vicino alla pasticceria».

A giudicare dai vostri prodotti che vedo in giro, la sfida è risultata vincente …

«È successo un putiferio. Una rivoluzione. Un ambaradan. Ci siamo trovati all’interno del mercato con un prodotto che era nettamente superiore, sia dal punto di vista gustativo sia olfattivo, rispetto a un prodotto chimico. E lì, un po’ alla volta, è cominciata la fortuna, anche grazie al fortunato esordio della Prugna Anno Decimo, dal tipico aroma di mandorla amara. Abbiamo cominciato a usare diverse tipologie di zucchero, quindi siamo diventati un po’ pasticceri, un po’ produttori di liquori e un po’ distillatori».

La distilleria
La distilleria

Questo implica costi di produzione completamente diversi rispetto all’industria, un costo che ricade sul consumatore finale.

«Se fai un liquore di altissimo livello, con un alcol che è fatto in una determinata maniera, aromi per distillazione, una vera infusione per una settimana o più, il liquore costa molto di più. Però dal punto di vista gustativo e soprattutto dal punto di vista di impatto digestivo è completamente diverso e quindi i prodotti sono diventati molto più facili da assimilare, da bere e, quindi, anche da vendere a un certo costo. Per quello noi utilizziamo i canali di vendita horeca, dove c’è il racconto del prodotto e la spiegazione del costo. Nei supermercati rimarrebbero negli scaffali».

Da Costabissara a? Dove si possono bere i prodotti Schiavo?

«La linea Gagliardo, quindi i prodotti da aperitivo, si trovano in quasi tutti gli Stati Uniti, da New York a Los Angeles. Ma la cosa più divertente è che in questo momento stiamo puntando tantissimo alla Malesia. A Kuala Lumpur, puoi godere di uno sky line mozzafiato, bevendo un Gagliardo preparato e servito da ragazze bar favolose. Oppure a Penang, all’Hilton di Penang, il primo del sud est asiatico completamente in bambù… E in mezzo alla foresta puoi berti il tuo aperitivo Schiavo. È pazzesco».

Marco Schiavo
Marco Schiavo

Come spieghi questo grande successo, ormai da 20 anni, del “momento aperitivo”?

«Quando eravamo giovani, il consumo dell’alcol avveniva durante e dopo la cena. Adesso è l’opposto perché abbiamo avuto una progressiva stretta con la guida in stato di ebbrezza, quindi la gente beve molto meno alcol post cena perché le persone ci tengono alla patente, oltre che alla sicurezza. E poi è stato anche un cambiamento sociale: adesso quasi tutti sono super stressati e sotto pressione. Dopo 8, 10 ore di ufficio uno ha bisogno di “scaricare” le tensioni e lo fa prima di rientrare a casa. In questo lasso di tempo c’è il 70% del consumo dell’alcol europeo».

Avete il progetto di ingrandirvi?

«La nostra è un’azienda prettamente familiare, che si muove con i ritmi della famiglia. E quando c’è da fare qualcosa io mi confronto sempre con loro. Da ragazzino sognavo di diventare il grande industriale che poi riusciva a sfondare, come ha fatto Jacopo Poli. Ma
poi ho capito che si perde la testa, che devi stare concentrato h24 sui costi dei prodotti. Invece dobbiamo prendere a esempio le grandi aziende italiane delle Langhe o quelle francesi: 40.000 bottiglie si fanno e quelle sono, punto e basta.
E se costano di più è perché non ce n’è per tutti. A quel punto lì puoi veramente permetterti di fare cultura. Fare cultura vuol dire rinunciare a sporcare l’altissima qualità del prodotto, vuol dire lavorare al ritmo delle stagioni, al ritmo della disponibilità delle materie prime.
Dobbiamo dare molta più importanza alla nostra agricoltura, che sarà secondo me una parte fondamentale della nostra industria 4.0.
L’Italia non potrà mai competere con una Germania con una Francia o con Paesi molto più grandi dei noi, oppure che hanno un bassissimo costo del lavoro. Ma abbiamo dei valori aggiunti come questi terreni favolosi, colline, terreni incolti che se venissero coltivati ad hoc con nuove tecnologie porterebbero ricchezza e anche lavoro. Un lavoro felice, perché quando puoi stare anche all’aria aperta sei più felice».

È affascinante quello che dici sulle nostre campagne. Tuttavia, non stai tralasciando il problema dell’inquinamento? Per esempio, per te che lavori in distilleria, gli Pfas.

«Qui a Costabissara siamo stati fortunati. Ne parliamo spesso di Pfas. Quando andiamo a fare la spesa dobbiamo stare attenti alla provenienza dei prodotti, ma cosa possiamo fare?
Impedire ai contadini delle zone inquinate di lavorare? Purtroppo sono vittime, che pagano per scelte scellerate di mafiosi, sì, chiamiamoli mafiosi. Io spero che un po’ alla volta riescono a sistemare la cosa, che riescono a trovare il sistema per depurare questi territori e cercare di portarli alla normalità.
E poi il tempo farà il resto. Perché credo che, come nel nucleare, ci sia anche un fattore temporale. Purtroppo non abbiamo altro da fare».

Vuoi parlarci del vostro ultimo prodotto?

«È una vodka e si chiama Cabiria. Ma se volete saperne di più, passate da noi, che ve la raccontiamo come merita!».

Marco Schiavo con la famiglia di fronte alla distilleria
Marco Schiavo con la famiglia di fronte alla distilleria