Duplice omicidio Fioretto: ergastolo chiesto per Umberto Pietrolungo, la difesa chiede l’assoluzione e nuovi accertamenti

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cold case Fioretto-Begnozzi

Svolta cruciale nel procedimento per il duplice omicidio Fioretto, avvenuto a Vicenza nel lontano 1991 e riaperto nei mesi scorsi. Ieri, in tribunale a Vicenza, si è tenuta una nuova udienza che ha visto le richieste dell’accusa e della difesa per il presunto autore, Umberto Pietrolungo.

Il procuratore capo di Vicenza Lino Giorgio Bruno e il sostituto procuratore Hans Roderich Blattner hanno avanzato al giudice la richiesta del fine pena mai per Umberto Pietrolungo, il calabrese di 59 anni accusato di aver sparato all’avvocato civilista Pierangelo Fioretto e alla moglie Mafalda Begnozzi (59 e 52 anni) la sera del 25 febbraio 1991, uccidendoli. L’omicidio, avvenuto in concorso con un altro assassino al momento non ancora identificato, ebbe luogo nel cortile della loro casa di Vicenza, in contra’ Torretti.

Di tutt’altra opinione i legali della difesa, Marco Bianco e Giuseppe Bruno, che hanno chiesto la piena assoluzione per il loro cliente. Oltre a ciò, hanno richiesto un’integrazione probatoria sulle impronte digitali ritrovate sull’arma usata per il duplice delitto, chiedendo ulteriori accertamenti.

Chi è Umberto Pietrolungo, il presunto autore

Umberto Pietrolungo è un uomo che, fin da giovanissimo, si è lasciato alle spalle una scia di criminalità, dettata anche dalla sua prossimità al clan Muto di Cetraro, egemone da decenni in una consistente porzione della provincia di Cosenza, quella del versante tirrenico, con ramificazioni in Basilicata e nella provincia di Salerno. Un’egemonia nata storicamente sul controllo del settore ittico, tanto che il boss, Francesco Muto, conosciuto come “Franco”, è soprannominato “Il Re del Pesce”. Gli interessi della cosca si sono espansi, poi, ad altri settori economici, mentre il passare del tempo, le malattie e gli anni di carcere hanno fiaccato e probabilmente messo fuori gioco il vecchio capo.

Umberto Pietrolungo è nipote di Lido Scornaienchi, detto “Cunfietto”, braccio destro di Franco Muto. Coinvolto in Calabria in importanti operazioni dell’Antimafia per associazione a delinquere nella commissione di reati che vanno dal traffico di droga all’estorsione e all’usura fino alla turbata libertà degli incanti, aggravati dalle modalità mafiose, nel 2022 è finito in carcere. In quello di Cosenza per la precisione, dove è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Vicenza su richiesta del procuratore ed eseguita dalla squadra mobile della Questura.

Curioso il modo in cui era finito dietro le sbarre in quell’estate. Nell’afa di agosto, i carabinieri del Norm di Scalea lo beccarono in uno stabilimento balneare di Santa Maria del Cedro. Era irreperibile da circa un anno, dopo che sulla sua testa pendeva un ordine di carcerazione per scontare una pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di tentata estorsione in concorso aggravato dal metodo e dalle finalità mafiose. In mezzo, tra gli esordi cetraresi e il ritorno in Calabria, fino al soggiorno nel carcere di Cosenza, c’è un lungo periodo trascorso al Nord. Gli inquirenti, infatti, rendono noto che dal 1982 al 2010 ha avuto la residenza anagrafica in provincia di Genova, a Cogoleto. E di lui gli archivi delle forze dell’ordine hanno traccia per la commissione di reati e per gli incontri con i compaesani di Cetraro operativi al Settentrione.