Esiste ancora la spesa “intelligente”? Alcuni consigli su come orientarsi anche a Vicenza

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spesa intelligente
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(Articolo di Benedetta Ghiotto e Matteo Boschetti da Vicenza Più Viva n. 5, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Supermarket, discount o negozi di vicinato affilano le armi che l’inflazione spunta sempre di più.

Il prezzo della spesa media per famiglia è aumentato considerevolmente già a partire dal primo periodo pandemico. Questo aumento è dovuto in prima istanza alla cosiddetta stagflazione, ossia la crescita generale dei prezzi di pari passo con una mancanza di sviluppo economico che ha condannato il Paese a un periodo di stagnazione economica. I riflessi sociali di questa situazione finanziaria sono peggiorati dalla retribuzione dei lavoratori.
Nel 2020, la retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti è stata considerevolmente più bassa del 2019. In particolare, il dato del Veneto (-1.368 euro) è più accentuato della media nazionale (-1.287 euro).
Nemmeno nel successivo 2021, presentatosi come un anno di transizione, di ripartenza economica, è stato possibile invertire questo trend negativo a causa dello scoppio della guerra in Ucraina. Secondo i dati di settembre 2023, riportati dal Comune di Vicenza, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) ha registrato un incremento dello 0,7% rispetto al mese precedente e del 5,4% rispetto allo stesso mese del 2022. Statisticamente, gli aumenti maggiori si sono verificati per i servizi di ristorazione e l’abbigliamento, mentre i prodotti alimentari sono diminuiti dello 0,3%.
Di primo acchito anche un solo lieve calo del costo alimentare potrebbe essere recepito come una buona notizia, tuttavia assume una sfumatura diversa, se confrontato con l’anno precedente: ecco, dunque, che si può notare come i prodotti alimentari siano rincarati di oltre il 9%.
Allora sorge una domanda spontanea: Vicenza è una città per ricchi?
A rispondere è l’Unione Nazionale Consumatori che, nella classifica delle città italiane più care, pone Vicenza in un una posizione intermedia, cioè al 42° posto (ed il Veneto in decima posizione nella classifica nazionale) con un rincaro annuo di 1.420 €.
Con il Patto antinflazione, ormai concluso, i prezzi dei prodotti di prima necessità dei supermercati si erano pressappoco allineati, lasciando alla gente la scelta su dove conveniva fare la spesa. Ad oggi con l’inflazione ancora elevata ed il divario sempre maggiore tra ricchi e poveri, sta diventando sempre più significativo per un numero crescente di persone ottimizzare gli acquisti.

Carne: conviene il macellaio o il supermercato?

Anche se all’occhio di un compratore distratto la carne può sembrare uguale, coerente con il principio della nonna “tutto fa brodo”, la qualità è ciò che fa la vera differenza. Di fatto, i prodotti di carne dei supermercati possono provenire da diverse fonti e preparazioni, molto spesso orientate a poter essere conservate con l’obiettivo finale di essere vendute ad un maggior numero di persone. Per fare in modo che ciò accada, si possono utilizzare diversi metodi: la refrigerazione, in cui il prodotto viene conservato tra 0 e 4 gradi per evitare la crescita batterica; la congelazione, di solito al di sotto dei -18 gradi che però può incidere maggiormente sulla qualità della carne; l’imballaggio sottovuoto, il quale impedisce l’ossidazione. Nella grande distribuzione è più comune la congelazione, che garantisce una durata maggiore ma ha importanti riflessi sulla qualità del prodotto e sulle sue caratteristiche e proprietà biochimiche.
Se invece si sceglie di comprare dal macellaio si hanno diversi vantaggi, in primis l’opportunità di un servizio personalizzato. Ad oggi, molti si specializzano nella vendita di carne fresca e di alta qualità, con una maggiore scelta di tagli, o addirittura offrono prodotti unici con provenienza selezionata ma anche straniera. Se si è più esigenti e disposti a sacrificare un po’ la convenienza, si può essere più tranquilli sulla provenienza e sulla freschezza dei prodotti optando per tagli di prima scelta di sola origine italiana se non regionale.
Tuttavia, ci sono alcune considerazioni da fare nel caso il prodotto macellato sia acquistato presso la macelleria. Oltre al prezzo, molto spesso leggermente più alto per il servizio e l’attenzione nella scelta della carne anteriore alla vendita, bisogna tenere conto anche degli
orari di apertura del negozio e della ridotta presenza di personale. Insomma, in base alle proprie preferenze è possibile scegliere di combinare le due possibilità, rinunciando ad un po’ di risparmio per un servizio più attento e sano, optando invece per il supermercato per la spesa di tutti i giorni.

Confronto indicativo dei prezzi
Confronto indicativo dei prezzi

Panifici e latterie

I panifici e le latterie offrono prodotti più freschi rispetto al supermercato essendo prodotti o giungendo in negozio giorno per giorno, ma anche in questo caso l’acquisto da tali esercizi commerciali può risultare difficoltoso da conciliare con gli orari del lavoratore medio. Inutile dire che, avendone la possibilità, è consigliabile acquistare dai negozi di quartiere. Così facendo, non solo si supportano le attività indipendenti, ma anche la qualità dei prodotti è migliore perché molto spesso i prodotti provengono direttamente dal negoziante con ingredienti di qualità e senza conservanti rispetto soprattutto al pane dei supermercati che, salvo casi non più rari in cui la cottura avviene nel market stesso, può essere congelato o precotto.
Acquistando dalle latterie inoltre c’è la possibilità che vi sia maggiore disponibilità di prodotti tipici locali e l’occasione di supportare l’agricoltura locale riducendo così l’impatto ambientale. Ma anche in questo caso non sono sempre più frequenti le catene distributive che si approvvigionano di prodotti locali a un prezzo competitivo viste le quantità che trattano.
Insomma la vecchia regola di confrontare i prezzi (e le offerte), se si ha tempo e voglia (o necessità) è quella principale.

I negozi etnici di Vicenza

Se cerchiamo un prodotto etnico per riassaporare un gusto provato in viaggio o desideriamo, se stranieri, prepararci un nostro piatto tipico, spesso si deve ricorrere a ingredienti che normalmente non riusciamo a trovare nei supermercati. Giungono in soccorso il gran numero di negozi etnici presenti soprattutto nella zona di Viale Milano. Di fatto, i cittadini stranieri rappresentano circa il 15% della popolazione di Vicenza.
Per questo motivo molte persone decidono di supportare le varie comunità presenti aprendo un esercizio con i prodotti tipici dei Paesi di provenienza. Per esempio, in Corso SS. Felice e Fortunato c’è Yigo market, un negozio dove principalmente sono venduti prodotti asiatici. Poi, per organizzare una serata a tema, ci si può andare per procurarsi tutto il necessario come noodles e soju, un liquore tipico coreano ricavato da riso o frumento, per poi concludere con dei dolcetti tipici giapponesi come i Mochi.
Se invece stiamo cercando dei prodotti tipici del Nord Africa e sudamericani li potremmo trovare al Supermercato Etnico di Via Firenze. Il locale è un po’ piccolo, ma è ben fornito di spezie e caramelle tipiche oltre che di articoli che troveremmo anche nei supermercati, che offrono sempre più spesso prodotti etnici per rispondere alle esigenze dei 15.000 vicentini non… di Vicenza.
Diversamente se volessimo dei prodotti dell’est Europa potremmo rivolgerci al Mix Markt in Viale Milano. Il negozio fa parte di una catena italiana fondata nel 2008 in cui sono venduti principalmente prodotti moldavi, ucraini, rumeni, polacchi, bulgari, armeni e georgiani. Al suo interno vi è un reparto di alcolici molto ben fornito in particolare di amari tipici e, soprattutto, di snack e insaccati che normalmente non vedremmo esposti sugli scaffali.

Consumatori: chi sono e cosa cercano

Fermandosi fuori dai vari supermercati si incontra ogni genere di consumatore, da quello occasionale all’abitudinario da anni. In cima alla lista degli habitué c’è indubbiamente quella dei pensionati, solitamente donne, che fanno normalmente la spesa di prima mattina. Se fermate nella loro faticosa camminata fuori dal locale commerciale, le clienti “anziane” chiariscono subito che il supermercato è solo una delle mete della spesa mattutina. Prediligono il supermercato per la pasta, le poche cose già pronte che acquistano “come il pesto” e i prodotti di igiene personale o della casa che sia. Solitamente raccolgono tutto in un carrellino in tela che poi viene riempito durante il percorso. Mete obbligatorie sono successivamente il panificio, dove magari trovare anche qualche dolce per il pranzo, il fruttivendolo e il macellaio mentre il pescivendolo rimane per i più una visita sporadica, perché il costo del pesce fresco è meno alla portata. Tutti questi esercizi commerciali che frequentano si ritrovano all’interno del quartiere, prediligere i negozi “vissin casa” evidenzia tanto la ricerca di comodità di tali consumatori, quanto un certo radicamento verso la tradizionale quotidianità. Infatti, domande inerenti alla qualità dei prodotti acquistati o alla possibile frequentazione di esercizi commerciali un po’ più lontani, vengono zittite dalla frase dialettale “mi me son sempre trovà ben fasendo così”.
Tutt’altro discorso invece si può fare per i consumatori occasionali che si recano al supermercato sporadicamente in funzione di ciò che manca in dispensa e in quel contesto esauriscono la loro spesa. Per questo “tipo” di consumatore il focus rimane lo stretto necessario, riportato in maniera pedissequa nella lista della spesa, nella maggior parte dei casi telematica. Non sorprende, dunque, che nessun rappresentante di questa categoria sia stato disponibile a fermarsi per rispondere a qualche domanda. Per costoro la spesa non è un momento della propria giornata, da investire di quotidianità, ma una fastidiosa incombenza che spezza l’avvicendarsi della loro fitta agenda.
Insomma, anche fare la spesa è un’arte. Il modo con cui si sceglie il prodotto e il luogo dove si compra, nonché il carrello finale tratteggiano figure sociali diverse in relazione al
tempo a disposizione, all’età, al lavoro e alla disponibilità economica. La crescita dei prezzi con l’accentuarsi dell’inflazione, nonostante la vasta gamma di supermercati, negozi etnici
o negozi di vicinato evidenzino prezzi e tempistiche per l’acquisto diversi, ha avuto forti impatti sulla popolazione. Ed ecco dunque che in primis diviene ancora più povero chi povero è già. Una realtà ben mostrata dai dati Istat: se dividiamo in cinque fasce di spesa le famiglie italiane, a settembre 2022 gli italiani con i cordoni della borsa più stretti facevano i conti con un’inflazione del 17,5% contro il 10,4% del quinto con la spesa maggiore. Ma rimane sconfitta anche la classe media che, in un’ottica di forte biforcazione tra ricchezza e povertà, si spezza in favore dell’una o, più spesso, dell’altra. In quest’ultimo caso, crescente è la diffusione dei cosiddetti woorking poors, di coloro cioè che pur avendo un lavoro stabile, il cui stipendio, però, non basta più a sostenere a pieno le spese di tutti giorni. Costoro sono dunque costretti ad operare dei tagli ove possibile a partire dalla spesa, per la quale vengono prediletti discount a basso prezzo e qualità rispetto ai supermercati migliori se non agli esercizi commerciali autonomi. Il carrello della spesa di una persona o famiglia dice molto sulle condizioni e la qualità della vita che questa stessa sperimenta e, di conseguenza, sul presente impoverimento che la società sta vivendo.