
Interesse per la pubblicazione inedito
    E’ sempre di grande interesse la pubblicazione per gli studiosi di un inedito ed in particolare di un inedito che contiene un lavoro preparatorio (Vorarbeit di un saggio, da rifinire, su un poeta di grande valore umano e culturale come Giacomo Zanella (1820-1888) che tanto lustro ha dato e dà  a Vicenza e alla sua dimora a Cavazzale, dove cheto scorre il fiume Astichello, dal quale prende nome l’importante compimento della sua poesia.La pubblicazione poi di questo lavoro preparatorio, Saggio su Giacomo  Zanella, firmato da un nome ben noto a Vicenza, Mariano Rumor, che fu il  secondo capo del Governo dello Stato italiano, dopo Luigi Luzzati  (1841-1927) che al Liceo Foscarini di Venezia fu allievo e poi, nella  vita, amico del poeta vicentino e per le cui nozze, sempre il vate,  scrisse la sua poesia più famosa: Sopra una conchiglia fossile nel mio  studio, aumenta l’interesse. In vista del bicentenario della nascita di  Giacomo Zanella, nel 2020, si avrà modo di tener presente,  approfondendola con puntualità, insieme alle altre recenti, questa nuova  pubblicazione uscita dall’Editrice Veneta di Vicenza.
L’Autore: Mariano Rumor e l’edizione del suo Saggio
    Mariano Rumor (1915-1990) di notabile famiglia vicentina, che diede  grande impegno al benessere culturale della città di Vicenza, ebbe fin  da bambino la possibilità di avere nella cerchia familiare due illustri  appasionati di cultura. Lo zio paterno l’abate Sebastiano Rumor  (1862-1929), grande estimatore della cultura vicentina ed in particolare  di Giacomo Zanella, dal quale ebbe, poco prima della morte del poeta,  14 sonetti per la silloge Astichello, e di Antonio Fogazzaro. Era un  autentico divulgatore della “vicentinità” intesa come cultura prima di  tutto. Accanto al monsignore   e con un ruolo senza dubbio più  importante nella formazione del giovane Rumor, lo zio materno Piero  Nardi (1891-1974), appassionato cultore dello scrittore A, Fogazzaro, di  cui fu biografo ed editore di tutte le opere a partire dal 1931 per A.  Mondadori, ma anche di tanti altri letterati e poeti italiani tra cui G.  Giacosa del quale curò una biografia e l’edizione delle opere teatrali  tra il 1948-49.  Lo zio Nardi certo influenzò il nipote anche nella  scelta degli studi, Mariano, dopo aver frequentato la piccola Atene di  Vicenza – il  Regio Ginnasio Liceo “A. Pigafetta”, si era iscritto alla  Facoltà di Lettere dell’università di Padova, dove in quegli anni  avevano studiato e si erano laureati  Antonio Giuriolo, il poco  estimatore di Fogazzaro sulla cui poesia aveva composto la sua  dissertazione di laurea e Mario Dal Pra, illustre pensatore che avrà la  cattedra di Storia della filosofia all’Università Statale di Milano  (cfr. A. Giuriolo, Antonio Fogazzaro attraverso la sua corrispondenza,  Introduzione e nota biografico critica a cura di I. F. Baldo,Vicenza,  Editrice Veneta, 2007.
     Mariano Rumor, dopo i necessari esami,  nel 1937 affrontò quello di laurea con una dissertazione sul drammaturgo  e librettista Giuseppe Giacosa (1846-1906), servendosi in modo  particolare dell’epistolario di Giacosa soprattutto per le lettere (25)  indirizzate ad A. Fogazzaro, che pubblicò in appendice al lavoro di Tesi  Il giovane Rumor voleva opporsi alle conclusioni generalmente negative  della critica su G. Giacosa. Il lavoro fu molto apprezzato e la  dissertazione ebbe l’onore di essere proposta per la pubblicazione a  spese della Facoltà di Lettere da parte dei professori: Natale Busetto,  Ramiro Ortiz e Roberto Cessi . Nel 1940 presso la Casa Editrice Dottor  Milani (CEDAM) di Padova uscì il saggio di Rumor. Il saggio, conosciuto  da Benedetto Croce fu dal filosofo napoletano recensito, in realtà  stroncato, in “La Critica (XXXVIII, fasc. I 20 gennaio 1940, p 173), in  poche righe. Scriveva il pensatore: “MARIANO RUMOR. – Giuseppe Giacosa,  saggio. – Padova, Cedam, 1940. Scorrendo questo libro, leggo (p. 75): «  Io penso alle pupattole umane di Becque, ripugnanti per cinismo e per  idiozia, nelle quali la verità si deforma in un tipo unilaterale, che  non ha nessun riscontro con il vero verismo pittorico dei conterranei  Manet e  Cezanne, e penso alla umanità mutevole e profonda di Emma (dei  Tristi ,417zori); alla realtà abbrutita e crassa de La parisienne, e al  mondo tanto vero ed intimo di Tristi Amori,  e misuro la lontananza  enorme di Giuseppe Giacosa da Henri Becque, e, in Italia, da Giovanni  Verga di Cavalleria rusticana, dove il verismo è scatenata furia dei  sensi e immagine ingigantita della vita reale.
L’intenzione del libro  è buona, perchè vuol rinnovare il ricordo e l’affetto per un nobile e  gentile scrittore quale fu Giuseppe Giacosa. Ma purtroppo, l’autore –  quantunque elogiato per capacità critica in un attestato di tre suoi  insegnanti di Padova messo innanzi al volume, – si dimostra affatto  ottuso a intendere i problemi della bellezza e dell’arte, e della  idealità e moralità intrinseca all’arte, come si vede dai recati giudizi  sul Becque e sul Verga.” B. C. 
     Questa recensione è stata  erroneamente considerata da Achille Variati e Giuseppe Caldana,  presentatori dell’edizione dell’inedito, pubblicata nel “Corriere della  sera”. Del resto, a precisione, B. Croce nel 1940 non collaborava con il  quotidiano milanese, lo farà dal 1946 all’anno della morte, 1952. (cfr.  Benedetto Croce e il Corriere della sera: 1946-1952, a cura di G.  Galasso, Milano, Fondazione Corriere della sera, 2010).
   Il  giudizio di Croce avrebbe messo in crisi chiunque. Mariano fu, però,  sollevato da due altre recensioni, uno dello zio Nardi: Rivalutazione di  Giacosa, in “Meridiano di Roma: l’Italia letteraria, artistica,  scientifica, V (26 maggio 1940), p. IV). L’altra, sul “Il Corriere della  sera” del 12 ottobre1940, p.3 con il titolo: Lettere di Giacosa a  Fogazzaro, nella Rubrica “Incontri d’Anime” a firma “c.p.”, dove non  l’Autore non si sofferma sul lavoro critico di Rumor, ma solo sulle  lettere.  Merita un approfondimento proprio la recensione parentale,  apparsa circa 4 mesi dopo quella di B. Croce, che sottolinea come “Rumor  è riuscito a risolvere la scepsi, che la critica (a cominciare da  Croce) aveva contribuito ad accentuare, tutta presa dal preconcetto di  un Giacosa capricciosamente oscillante d’uno in altri tipo di teatro, e  per ciò privo di un proprio centro intimo, d’una propria personale  ispirazione.”  Certo una lode che poi attacca proprio Croce con  “Qualcuno ha trovato da ridire sui riferimenti del Rumor a Ibsen, a  Sudermann, a Bacque, a Verga.” E su ciò, afferma lo zio del nipote:” Il  Rumor ha qualche volta il torto di alludere piuttosto che precisare.”  Ovvero qualche pecca c’è e Croce se ne era accorto, anche se non  comprese che “Il Rumor aveva l’occhio a quella forma di autonomia che il  Giacosa tendeva a far  conquistare ai suoi personaggi, perché  rendessero la similitudine della realtà.” La valutazione che lo zio fece  del saggio del nipote, non pare essere stata colta dal Croce, ma il  pensatore aveva detto la sua e ciò doveva bastare.
    Mariano Rumor  non si scoraggiò; una stroncatura di Croce era pur sempre quella di uno  dei più grandi protagonisti della cultura letteraria, storica e  filosofica italiana e poteva far notizia e se non vanto, almeno  interesse, almeno per l’affermazione: “L’intenzione del libro è  buona,..” (cfr. il mio Rumor studioso e Benedetto Croce, “Giornale di  Vicenza” 56(2002), n.317, p.35). Vinto il concorso per l’insegnamento,  il giovane Mariano Rumor, divenne docente di Lettere al Ginnasio-Liceo  dove aveva studiato, fu certo in buona compagnia; vi insegnavano i  filosofi Giuseppe Faggin e Mario Dal Pra e numerosi altri insigni. Forse  in previsione di sottoporsi all’esame di Libera docenza M. Rumor, che  aveva ammirato il poeta dell’Astichello fin dall’infanzia, decise di  riflettere sulle opere e sulla poetica dell’illustre concittadino.
     Non sappiamo se lo zio P. Nardi abbia invitato il nipote a ciò, ma nel  1940 era uscito l’interessante saggio di Tullia Franzi, Giacomo Zanella  : 1820-1888 (Torino, G. B. Paravia e C.), dopo diversi altri editi in  occasione del cinquantesimo dalla morte del poeta, tra cui piace quello  di G. Solitro, Giacomo Zanella: nel cinquantenario della morte, Padova,  Società cooperativa tipografica, 1938 e l’interesse per occuparsi del  poeta era certo aumentato. Un certo scalpore lo aveva fatto pure  l’articolo di Orio Vergani nel 1941: Per mano all’abate Zanella  (Corriere della sera 12 novembre 1941, p.3), dove si ricordava l’impegno  del sacerdote poeta per le cure con i bagni di mare (cfr. l’ode Sugli  ospizi marini pei fanciulli scrofolosi).
    Il Saggio su Giacomo  Zanella prese forma tra il 1940 e il 1943, tanto che una parte fu  dattiloscritta, mentre un’altra è rimasta solo manoscritta, fino  all’edizione attuale.  Il saggio è rimasto allo stato di lavori  preparatori, perché Mariano Rumor che da cattolico aveva sempre  avversato il fascismo, iniziò dal 1943 ad intraprendere un’altra strada,  documentata dalla lettera a Ivo Coccio (1891-1979) datata 14 agosto,  dove precisa che la sua direzione negli avvenimenti ora che sembra  esserci la libertà e sarà quella del mondo cattolico: “…t’assicuro che  in quella notte del 15 luglio in cui seppi della grande notizia, piansi  di consolazione. Era il sogno di tanti anni, nutrito in fedeltà di  convinzioni interiori, di tradizioni famigliari, di soprusi visti  consumare sui miei cari, che si realizzava finalmente in una certezza di  libertà. Ringraziamo Iddio e preghiamolo che ci conceda di essere degni  della missione che i tempi nuovi ci impongono. Perché, caro Ivo, se c’è  una cosa che nella letizia mi fa tremare, è appunto il timore delle  responsabilità che incombono oggi a noi cattolici. E inutile  nascondercele: a noi spetta cristianizzare la vita sociale, o noi  abbiamo tradita la nostra missione. A che ci saremmo preparati in  vent’anni di catacombe se non a questa suprema missione di apostolato!”  Archivio Storico di Mariano Rumor Busta 335 Fascicolo 260, n°93. Un  grazie a Lorenzo Pellizzari della Fondazione Mariano Rumor di Vicenza  per avermi concesso la possibilità di riprodurre questa lettera.
     Così, abbandonati gli studi letterari, Mariano Rumor si occuperò di  politica dapprima nelle file dell’opposizione al fascismo e poi come  Deputato, Senatore Sottosegretario, Ministro e Capo del Governo della  Repubblica Italiana e del Parlamento Europeo, e sempre da protagonista  del Partito della Democrazia Cristiana fino al 1976 e poi più in ombra a  causa delle accuse relative allo scandalo Lockheed, non lasciando né un  delfino né un’eredità politica, dato che, alla sua morte il partito cui  appartenne si disfece.
   Non venne meno a quanto posso  personalmente raccontare l’interesse per la letteratura. A Merano presso  l’Istituto di Cultura Italo-Tedesco, se non erra la memoria, nel 1970?  tenne un Conversazione su A. Fogazzaro e il Presidente, il filosofo  Michele Federico Sciacca, invitò noi studenti a far tesoro di ciò, non  ricordo se abbia citato Giacomo Zanella, ma è probabile.
       Dopo  la morte di M. Rumor, il testo preparatorio del saggio su Zanella  ritornò alla luce tra le sue carte e curata la trascrizione della parte  manoscritta, è stato pubblicato dall’editrice Veneta, con la  Presentazione di Achille Variati che illustra più il politico Rumor che  non lo studioso, la Prefazione di Giuseppe Caldana che tra ricordi  biografici e memoria del politico, rivela il suo affetto allo zio  Mariano, operando per la pubblicazione dell’inedito cui tanto teneva e  tiene l’avv.  Lorenzo Pellizzari devoto “conservatore” delle Carte della  “Fondazione Mariano Rumor”, oggi “emigrate”  a Roma nella sede del  Senato della Repubblica, dato che l’Amministrazione  Comunale di Vicenza  con il Sindaco Achille Variati non è riuscito a tenerle in loco,  nonostante diverse proteste; cfr. il mio L’Archivio M. Rumor deve  rimanere a Vicenza “Vicenzapiù” del  27  giugno 2015.
    La  pubblicazione dell’inedito ha anche Approfondimenti al Saggio (pp.13-17)  a cura di Mario Pavan che ricorda qualche cosa della vita di G. Zanella  e le due “scuole” quella di Isidoro del Lungo, favorevole al poeta  vicentino e quella di Vittorio Imbriani critica, in realtà il napoletano  scrive un saggio molto avverso intitolandolo “Un preteso poeta” e sarà  base della poca considerazione che B. Croce ebbe di Zanella che giudica  addirittura la poesia la Conchiglia fossile…”un pensiero non  gagliardo” (cfr. Note sulla letteratura italiana nella seconda metà del  secolo XIX. VIII Boito, Tarchetti Zanella, “La Critica” 2, 1904 pp.367  ss.). Certo nel 1928 Croce fece un po’ di autocritica, affermando che  avrebbe dovuto essere meno “duro” nei confronti di Zanella, ma non ne  fece nulla. (cfr. AA.VV., Giacomo Zanella nel pensiero dei Critici  contemporanei, Vicenza, Tip. S. Giuseppe, 1928, pp,37-38, e E. BETTAZZI,  Giacomo Zanella e la critica di B. Croce, Torino, Gallizio, 1907.
   Un cenno all’avversione dei carducciani, non di Carducci, a Zanella  andava pur fatto, cfr. O. Guerrini, Nuova polemica, Bologna, N.  Zanichelli, 1906 (XV ed.), p. 42 e p. 87.  
     Quanto allo Zanella  teologo, sarebbe stato bello citare le considerazioni di don Pierangelo  Rigon alle Note di religione di don Zanella (cfr. Giacomo Zanella  sacerdote, Vicenza, Editrice Veneta, 2015, pp.65-72, part.p.70). Se  Zanella sia “filosofo” sappiamo che egli, dice F. Lampertico, in,  Zanella, Ricordi (Vicenza, G. Galla, 1895, p. 58) era “alieno da  sottigliezze ed astruserie, […], della filosofia si serviva  soprattutto per educare l’intelletto ed il cuore dei giovani”. La  filosofia fu da Zanella insegnata e ci restano i suoi appunti, ma era  alieno alla disciplina, pur conoscendola: aveva superato uno dei tre  rigorosi esami previsti per la laurea in Filosofia all’Università di  Padova. Ma purtroppo spesso in Italia il fatto che la Facoltà sia di  Lettere e Filosofia, fa ritenere che i letterati e poeti siano filosofi,  ma l’identità andrebbe meglio giustificata per il “poeta scientista”  (p.241 dell’edizione).
  . Seguono i Corollari alla lettura  (pp.19-21) sempre di M. Pavan, (pp.1921) che sono indicazioni di  lettura, insistendo sugli ultimi anni quando in pensione, ma dedito alla  Sovraintendenza delle scuole delle Dame inglesi e Direttore della  Scuola Rurale femminile di Polegge (detto Laghetto, oggi un quartiere di  Vicenza) cfr. A. GAMBIN, La mia vita di maestra, Vicenza, Tip. G.  Raschi, 1933. Nei suoi soggiorni a Cavazzale componeva, si legga nel Dal  fragor del Chiampo al cheto Astichello (Vicenza Editrice Veneta, 1018)  le parole di Fogazzaro al proposito. Certo Rumor, indica M. Pavan, il  poeta romantico-realista rimane sempre se stesso, ma poi richiama a  Zanella precursore del Pascoli, tema che sarebbe stato da approfondire.
Dopo  il Saggio sempre M. Pavan scrive Per concludere, fornisce generiche  indicazioni bibliografiche e qualche lode a Mariano Rumor e al suo  impegno nel partito della Democrazia Cristiana.
Il Saggio su Giacomo Zanella
    Il testo  del Saggio…i compone di un Prologo  dove l’Autore  – M-  Rumor –  accenna soprattutto alla critica crociana  a Zanella  che ”  nobilita di critica austerità o aggrazia di bene o mal garbata ironia  l’irruente acredine di V. Imbriani” e ricorda quella di A. Graf ,  pubblicata nel 1910 a premessa di tutte le edizioni delle Poesie del   poeta vicentino ,  che  non ha ” né giudizio né ricerca di valori  poetici, non indagine  sulle interne movenze del sentimento che si fanno  immagini, non studio dell’anima, che  pur si prospetta così ricca di  interessi e di suggestioni” (p.24). Così Rumor cerca un’altra via,  quella dello svolgimento storico nel senso di storia interiore (p.26  passim).
    Esamina così il periodo che va dal 1828, quando Zanella  giunge per studiare a Vicenza, al 1863 prime prove di poesia in  seminario, l’attaccamento ai classici e con puntuale analisi di alcune  poesia Rumor cerca di individuare il trepido sentimento di una  aspettazione misteriosa nel fondo dell’anima che ne è imbevuta (p.35).
      Segue l’analisi dall’anno 1864 a «La Conchiglia fossile»  e «La  veglia » dove viene evidenziato sia il sentimento lirico sia  quando con  Ad una antica immagine della Madonna Zanella per la prima volta “tocca  della scienza dei suoi tempi” (p.39) e che si sostanzierà proprio nella   celebre La conchiglia fossile… Una disamina puntuale, anche se non vi  è inquadramento preciso del dibattito culturale sul problema  dell’ipotesi evoluzionistica di C. Darwin che pure era discussa, ad  esempio da N. Tommaseo e sulla quale lo stesso Zanella ritornerà con il  carme L’evoluzione.
     Gli anni dal 1865 al 1868 vedono Rumor  esaminare Il mito del progresso con la poesia Il Lavoro, Il taglio  dell’istmo di Suez e Il Sonno, lasciando in ombra quelle dedicate al  cugino Alessandro Rossi e all’Esposizione Universale. Vi è poi tutte le  poesie e i discorsi dedicati ai lavori nei campi e agli artigiani, messi  in luce da E. Franzina, cfr. Il poeta e gli artigiani: etica del lavoro  e mutualismo nel Veneto di metà ‘800, con una antologia di scritti  editi e inediti di Giacomo Zanella, Padova, Il poligrafo, 1988.
    A  Milton e Galilei (1869-70) sono dedicate da Rumor molte pagine, da  notare che la poesia era già composta prima del 1869, dato che erra già  inserita nella prima edizione de Versi (Firenze Le Monnier 1868).  Secondo Rumor la poesia chiude il ciclo lirico nel quale ha preso forma  la cosiddetta poesia scientifica di G. Zanella (p.80), ma a dir il vero  vi è anche il carne. Già ricordato, in latino-italiano L’Evoluzione. Lo  Zanella avvertirebbe la vanità della discussione tra Milton e Galileo,  ovvero la vanità della scienza e in lui s’affonde una malinconia che si  apre alle esigenze dello spirito. Da qui inizierebbe il nuovo cammino  del poeta. Che ne Ritrovamento del transunte (p.83 ss.) sfocia anche in  uno scetticismo “al quale – scrive Rumor – era l’ultimo termine al quale  erano fatalmente avviate l’anima e la poesia di G. Zanella?” (p.83). Un  dubbio che   avvicinerebbe il poeta vicentino a Leopardi? No, Zanella  ha la fede semplice, quella materna e la preghiera consentono di  superare le difficoltà del mondo che passa (cfr. G. Giolo, Zanella e  Leopardi, Vicenza, Editrice Veneta, 2012).
Una catarsi lirica (p.110 ss.) aiuta l’interiorità del poeta a superare la crisi angosciosa della sua vita.
Ben  dirò l’amico A. Fogazzaro: “Dall’Astichello, dalla quiete dei suoi  dintorni Giacomo Zanella ebbe linfa per la sua nuova poesia…” (A.  Fogazzaro, Parole per l_inaugurazione del monumento a Giacomo Zanella.  Discorso pronunciato il 9 Settembre 1893, inaugurandosi a Vicenza la  statua di Giacomo Zanella, in ID, Discorsi, Sesto S. Giovanni, (MI),  Madella, VI, pp. 110-111).
     Certo vi è la rinuncia alla  conclusione lirica, rinuncia al sogno umano del progresso (p.115), ma  Zanella sa ritrovare una dimensione nuova dove il vero è nell’armonia  dell’idea colla cosa (p.12569 ricorda Rumor. Un intuarsi nella natura,  nelle piccole cose, aspetta la poesia dello Zanella, un ritorno alla  fanciullezza a Chiampo, al natio paese (p.129) aprirà a verseggiare  nuovo. Quasi un nuovo romanticismo (p.141) non come scuola, ma come un  ritrovare se stesso. Così, opportuna riflessione di Rumor, non aulico  verso, ma verso d’impressioni (p.150) come in Ora meridiana a Recoaro  (dove non fu mai A. Manzoni). Qui l’animo è protagonista, non si tratta  di un’adesione programmatica ad una visione estetica (p.155), ma  orientamento lirico alle impressioni che l’animo raccoglie nella natura,  nella vita, negli uomini. Una visione ben più vasta di quella  dell’impressionismo pittorico. È una tavolozza completa del mondo.  Questo consentirà la vera convalescenza dell’anima e della poesia in  Zanella, dopo i tre lunghi verni di tormento (p.158 ss.) e anche  l’aspettazione della morte è men greve, perché la morte dissolve il  transeunte, non ciò che è sostanza di vita eterna. (p.173 ss.) È il lume  dall’alto (p.177) che aiuta nella vita, lasciando le vanità del mondo  Così il mistero quasi impenetrabile del divino non è oscurità come in  Leopardi, ma brillante luce per ciò che della vita resta, Certo spunti  di malinconia del vivere, ma non “male oscuro”
 Nasce così  l’Astichello, la tenera poesia dei sonetti che guizza e si nasconde come  i marsoni del piccolo fiume. Proprio a Cavazzale il poeta ritrova  quella vene lirica anche se talora in un cerchio di malinconica  nostalgia (p.197), ma questa si fa libertà di espressione, gioia lirica  senza freni o linee da seguire. Efficaci quadri di un mondo di emozioni,  di qualche puntatura umoristica e perfino sarcastica nell’ironia dei  sonetti, (p.202 ss.), ma il tutto nella visione conciliativa del mondo,  che è tutt’uno e solo raziocinio inutile divide. Così, sgravato da ogni  peso, il poeta è libero e nel tutto confonde se stesso con una capacità  di verso che lascia perfino stupiti. Non è, scapigliatura, ma  comprensione di ordine che non è quello umano, ma quello della  creazione, aggiungiamo noi.
    Nel Congedo, Rumor, dopo aver  percorso la storia di un’anima, quella di Giacomo Zanella, dei suoi  inizi, approccio al verso, alla considerazione poetica del mondo della  scienza, dei progressi del lavoro ecc., divenendo talora riflessione che  invita a ben ragionare,  approda  ad un canto  dove vita e anima si  congiungono.., facendoci anche comprendere che non vi sono due/tre  Zanella, ma uno che vive il mondo in tutte le sue suggestioni, anche  quelle particolari, ma che le sa inserire in una visione  catartica  universale, dove se non c’è Dio a che serve la vita?
Così lo  Zanella di M. Rumor che viene tratteggiato attraverso la sua storia,  come era stato dichiarato fin dall’inizio. Una storia di un uomo, di  un’anima di fronte alla natura alle altre persone, alla società, alla  cultura classica e non compresa quella di numerosi altri popoli e  lingue, come la sicula e la sarda, alla scienza, alla patria e  soprattutto al fondamento di tutto la fede in Dio. Certo l’esistenza del  poeta fu talora difficile, talora anche un forte ripiegamento su se  stesso, ma da ciò si sollevò ed ebbe quel Datur hora quieti (Qui si  concede un momento al riposo), che troneggia sul frontone della villetta  di Cavazzale in bronzo dorato (Canto V, v.44 dell’Eneide di Virgilio)  in “Quell’angolo di mondo – Cavazzale che – più di ogni altro mi  sorride” (Q. Orazio Flacco, Ode, 2, 6).
     Il Saggio su Giacomo  Zanella ci appare così un’opera portata a conclusione generale, cui  manca una rifinitura, qualche precisione; per questo la diciamo ancora  “lavoro preparatorio”, perché, mettendolo a confronto con il saggio  dedicato a G. Giacosa, così completo, perfino nella bibliografia, ci  sembra mancante ancora di qualche cosa, alla quale gli studiosi  sopperiranno. Mariano Rumor si rivela comunque conoscitore attento della  poesia di Giacomo Zanella, riuscendo a coglierne l’interiore  nostalgia  e la movenza sempre presente verso il punto “omega” della vita.
Occasione mancata?
        L’apprezzabile intento di  fornire agli studiosi il Saggio di  Mariano Rumor su Giacomo Zanella, nelle sue linee generali completo,  avrebbe però avuto bisogno di maggior apparato critico sia sulle fonti,  sulla bibliografia dell’epoca che è certo sono  servita per le stesura  del lavoro, di maggiori note dell’editore, che, ad esempio, non danno  ragione di riferimenti del testo, cfr. p.24: un zanelliano”; o, appaiono  frettolose senza opportuna giustificazione, cfr. p.151 o mancanti, come  per quella relativa a p. 83:”Vidi cuncta quae fiunt…tratta  dall’Ecclesiaste  1,14. Fa difetto anche una precisa e puntuale  bibliografia generale degli studi fino al 1940, e successiva, che  avrebbe dato solidità alla edizione stessa e ne avrebbe costituito un  punto di forza per l’edizione critica. Si poteva almeno citare  M.  Guderzo, Bibliografia di Giacomo Zanella, Firenze, L. S. Olschki, 1986 e  non rimandare genericamente alle pubblicazioni uscite in occasione del  centenario della morte, 1888,”per volere” dell’Accademia Olimpica di  Vicenza. Un eccessivo peso è stato dato fin dalla presentazione di A.  Variati, a Mariano Rumor “politico”, che all’epoca dei suoi studi  letterari era solo in “bozzolo”.
       Un maggior scavo proprio  dell’ambiente vicentino nel quale maturarono gli studi di M. Rumor,  inoltre avrebbe dato più corpo all’edizione dei precisi riferimenti  almeno generali in relazione con l’importante humus culturale  dell’Università di Padova e dell’Italia neoidealistica con particolare  riferimento proprio al “dittatore” culturale dell’epoca: Benedetto  Croce. Mancano anche riferimenti a coloro che in Vicenza avevano un  ruolo culturale molto interessante tra cui: P. Nardi, A. Giuriolo, M.  Dal Pra, G. Faggin, la figura e personalità del vescovo mons. F. Rodolfi  e i sacerdoti “colti” del Seminario vicentino, che continuavano una  tradizione che aveva formato proprio G. Zanella, come ricorda lo stesso  Rumor.
       Mariano Rumor, superata la critica crociana al suo  primo lavoro, probabilmente avrebbe voluto attestare la sua capacità in  relazione ad un poeta amato e che iniziava anche ad essere un po’  dimenticato. Il saggio non vide la luce e forse il feroce inquisitore,  B. Croce, avrebbe potuto trovare nelle parole del giovane vicentino  quelle considerazioni che avrebbe voluto fare, attenuando la sua  critica, come scrisse a Sebastiano Rumor nel 1928, a Giacomo Zanella.
      Agli studiosi ora non resta che analizzare e dare, come qua e là  abbiamo compiuto in questa limitata recensione, più ampio respiro  critico al saggio, magari con quel positivo fervore che recenti  pubblicazioni hanno saputo proporre, uscite dal territorio  dell’Astichello, grazie all’impegno dell’Amministrazione comunale di  Monticello Conte Otto con i Sindaci, prima Alessandro Zoppelletto e oggi  Claudio Benincà, e gli Assessori Maria Luigia Michelazzo e Damiano  Ceron, che promuove la cultura.
 
Coordinatore de “La voce del Sileno” Italo Francesco Baldo
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