
(Adnkronos) – Donald Trump non fornisce i missili Tomahawk all’Ucraina. La guerra, però, rimarrà un rebus irrisolto per la Russia. Vladimir Putin sta pagando costi altissimi per progressi ridotti sul campo di battaglia e la vittoria ‘classica’ appare una chimera: per conquistare l’Ucraina, servirebbe un secolo. E’ il quadro che elabora The Economist sulla base di una approfondita analisi, che sembra offrire una base solida all’ultimo messaggio inviato da Trump a Putin e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky: “Fermatevi lì dove siete”. Il presidente degli Stati Uniti invoca il congelamento della linea del fronte, con lo stop alle ostilità. E’ possibile che il tema sia stato affrontato e condiviso nella telefonata di giovedì con Putin. Venerdì, alla Casa Bianca, Zelensky ha fissato come priorità il ‘cessate il fuoco’: una dichiarazione interpretabile come un ‘sì’ al messaggio di Trump. Lo stop arriverebbe in un quadro delineato e, secondo The Economist, quasi cristallizzato mentre l’offensiva estiva della Russia si va esaurendo. Il terzo ‘attacco estivo’ di Mosca ha prodotto risultati ridotti se paragonati alle perdite. “A meno di cambiamenti drastici, Vladimir Putin non sarà in grado di vincere la guerra sul campo di battaglia”, sentenzia The Economist. Da gennaio 2025 fino al 13 ottobre, le perdite russe ammontano a 984.000-1.438.000 vittime, con un numero di morti variabile tra 190.000 e 480.000. A questi ritmi, la disponibilità di uomini diventerebbe un problema maggiore per la Russia che per l’Ucraina. Da quando le linee del fronte si sono stabilizzate dopo la fine della prima controffensiva ucraina nell’ottobre 2022, si sono verificate variazioni minime. Nessuna grande città ha cambiato ‘padrone’. Se la Russia avanzasse al ritmo degli ultimi 30 giorni, la conquista di ciò che resta delle quattro regioni che Putin già rivendica – Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia – verrebbe completata nel 2030. E per occupare tutta l’Ucraina, la Russia avrebbe bisogno di altri 103 anni di guerra. Le analisi non escludono cambiamenti repentini, che però vengono considerati estremamente improbabili. Il collasso delle linee difensive dell’Ucraina non è una prospettiva realistica: Kiev dispone di droni e armi a lungo raggio sufficienti per arginare le spallate russe. Mosca può avanzare, a costi altissimi, ma non potrebbe consolidare i progressi. The Economist accende i riflettori anche sul prezzo che Putin paga in termini di mezzi. Oryx, un sito olandese di intelligence open source, fa riferimento alla perdita di 12.541 carri armati e veicoli corazzati da combattimento; 2.674 sistemi di artiglieria e missili; 166 aerei e 164 elicotteri. I numeri sono approssimati per difetto. A questo bilancio va aggiunto l’effetto dell’attacco ucraino contro aeroporti russi e altri obiettivi a giugno, con un’azione compiuta con droni nascosti in camion: si ritiene che sia andato distrutto forse un sesto della flotta di bombardieri strategici russi. I velivoli possono essere rimpiazzati, ma non a basso costo e non in tempi rapidi. Infine, il ‘fattore economia’. L’Ucraina ha avviato la produzione di missili e droni relativamente economici. Se le linee del fronte rimangono stabili in una guerra ‘di installazioni’, osserva The Economist, non è più così ovvio che la Russia abbia il sopravvento. L’economia della Russia è più grande di quella ucraina, ma non regge il confronto rispetto a quella degli alleati dell’Ucraina: “Se il sostegno occidentale all’Ucraina dovesse reggere, la guerra potrebbe protrarsi a caro prezzo per la Russia”.
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