Guerre e Mercati, Il Sole 24 Ore: “L’unico, vero rischio è l’escalation del conflitto”

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“Se i mercati percepiscono che un conflitto sia destinato a restare locale, allora la loro reazione tende a essere quasi nulla. Anche se le implicazioni globali (in termini di petrolio e costi energetici per esempio) possono potenzialmente essere elevate. La domanda è come potrebbero reagire gli investitori questa volta. Nessuno può saperlo, ma il fatto che ieri la Borsa di Tel Aviv non abbia sofferto fa ben sperare”.

Morya Longo su Il Sole 24 Ore di oggi, lunedì 15 aprile 2024, scrive delle ripercussioni sui mercati, sulle borse, sui listini di tutto il mondo della potenziale escalation di violenza nel conflitto in Medio Oriente, a seguito della mossa delle scorse ore dell’Iran contro Israele.

Una situazione in evoluzione, la diplomazia è al lavoro, ma la firma del quotidiano economico ricorda tuttavia che le conseguenze sull’economia globale dell’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre scorso, ebbero sì ripercussioni, ma con effetti molti limitati nel tempo.

Allora, vengono illustrati due scenari.

Scenario ottimista

Se si confronta l’attacco iraniano di questi giorni con quello di Hamas del 7 ottobre non si possono non notare varie differenze dal punto di vista dei mercati. La prima è che l’attacco di Hamas fu una totale sorpresa e l’intera reazione (quasi nulla alla fine) sui mercati ci fu il lunedì successivo. Questa volta, invece, l’attacco iraniano è stato ampiamente telefonato e i mercati già venerdì (con i listini volatili e in calo) hanno reagito. Insomma: l’incertezza è già in gran parte incorporata nei prezzi questa volta. La seconda differenza è che questa volta sembra che nessuno voglia arrivare a un’escalation: l’Iran ha già detto di aver terminato la sua rappresaglia, gli Stati Uniti fanno pressioni diplomatiche affinché tutto finisca qui. L’ago della bilancia resta Israele, che però sembra voler prendere tempo. La terza differenza è che questa volta l’attacco è stato fatto con droni e missili che non dovevano davvero colpire alcun vero obiettivo, ma solo salvare la faccia all’Iran. Nel caso del 7 ottobre, invece, l’attacco di Hamas fu cruento, efferato e colpì Israele al cuore. Stando così le cose, verrebbe da immaginare una reazione dei mercati tutto sommato contenuta. Non stupirebbe neppure una reazione positiva, dato che la realtà degli attacchi è stata forse meno cruenta di quanto non si temesse venerdì”.

Scenario negativo

L’incertezza è però elevata –  si legge -. L’aspetto curioso è che gli investitori globali, che nei fatti nell’ultimo anno hanno dimostrato di non curarsi delle varie guerre che stanno sconvolgendo il mondo, nell’ultimo sondaggio di Bank of America hanno messo la geopolitica come secondo maggior rischio per i mercati dopo l’inflazione. Questo significa che se anche le Borse sono sui massimi, un senso di insicurezza sui mercati c’è. Insicurezza che crescerebbe se aumentasse la percezione di un’escalation del conflitto in Medio Oriente. Insomma: se la guerra da locale diventasse regionale e si allargasse ulteriormente, allora i mercati finanziari non potrebbero non reagire. Per un motivo molto semplice: questo sarebbe uno scenario tutt’ora non prezzato. Allora sì che le Borse scenderebbero in maniera forse consistente, che la corsa ai beni rifugio avvantaggerebbe l’oro (già sui massimi) e i titoli di Stato (che vedrebbero rendimenti in calo e prezzi in rialzo) e che gli acquisti andrebbero a favorire il dollaro. Ma questo, almeno nell’immediato, sembra lo scenario meno probabile”.

Fonte: Il Sole 24 Ore