Il falso pudore del Comune e il lavoro delle accompagnatrici e degli accompagnatori

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Un controllo sulla prostituzione da parte della Polizia Locale di Vicenza
Un controllo sulla prostituzione da parte della Polizia Locale di Vicenza

(Articolo sul lavoro delle accompagnatrici da VicenzaPiù Viva n. 298, sul web per gli abbonati).

Cambiano le amministrazioni, ma il copione resta sempre lo stesso. La Giunta Possamai ha appena annunciato nuove misure contro la prostituzione in strada a Vicenza, e le ha presentate con toni solenni, come se la città fosse alle prese con un’emergenza sociale di dimensioni epocali.
In realtà, si tratta di qualche decina di “accompagnatrici e accompagnatori” maggiorenni, regolarmente presenti sul territorio e senza alcuna connessione con racket o sfruttamento. Donne e uomini che scelgono consapevolmente di offrire un servizio per il quale esiste una domanda da che mondo è mondo e, va detto, spesso discreta se non fosse che è la strada a mostrarla. Strada, che, peraltro, anche se non lo diranno mai pubblicamente, i gestori dell’ordine in privato convengono che viene protetta anche dalle loro pronte segnalazioni di anomalie.
Stando al settore Servizi sociali del Comune di Vicenza “nei territori dei Comuni di Vicenza, Altavilla Vicentina, Creazzo e Montecchio Maggiore negli ultimi 12 mesi gli operatori hanno contattato 69 persone su strada (di cui 41 donne in prevalenza rumene e 28 trans in prevalenza brasiliani). Di queste, una dozzina sono quelle che si prostituiscono lungo le strade del Comune di Vicenza”. E il dramma pubblico, allora, dov’è? Le sanzioni, grazie al confermato, ma “rafforzato”, giura Possamai, Regolamento di polizia urbana e sulla civica convivenza, sono state “84 nel 2024 (di cui 82 a persone sorprese a prostituirsi e 2 ai clienti) e 46 nei primi tre mesi del 2025 (tutte a carico di chi si prostituisce…)”.
Eccolo, quindi, nei numeri stessi, da rapportare a una popolazione adulta nell’area interessata, di circa 100.000 abitanti, il fenomeno sociale di così vaste dimensioni da giustificare ordinanze e conferenze stampa con successivo spargimento di profluvi di inchiostri mediatici e di servizi radio e tv visto anche e, soprattutto, che, dichiara il sindaco, “La presenza di veicoli utilizzati per la prostituzione risulta particolarmente molesta per i residenti e per le attività di alcune zone della città, in particolare viale San Lazzaro e viale Verona, oltre che causa di degrado”.
L’ordinanza – l’ennesima, visto che fu già firmata o mantenuta, in versioni pressoché identiche, da ben due amministrazioni Variati e da quella Rucco – rientra in quella lunga tradizione italiana fatta di perbenismo, ipocrisia e sostanziale inutilità normativa.
Non risolve nulla, non tutela nessuno se non il perbenismo di facciata e, come già accaduto in passato, si scontrerà con mancate applicazioni reali, leggansi sanzioni poi non onorate e non si sa quanto realmente sostenibili in eventuali ricorsi legali.

Accompagnatrici e accompagnatori
Accompagnatrici e accompagnatori

Ma allora, perché insistere su un finto problema? Forse perché è più facile colpire le donne in strada, ben visibili, e i loro “clienti” (quelli degli uomini sono be più discreti a Vicenza) piuttosto che affrontare la realtà di un’attività che si è ormai spostata altrove: nelle case private, negli appartamenti affittati in nero a prezzi esorbitanti (con buona pace dell’Agenzia delle Entrate) magari dagli stessi sepolcri imbiancati che protestano per le offese al “pudore”, e sulle piattaforme digitali. E lì, nessuno disturba il decoro.
Il Comune dovrebbe avere il coraggio di fare un passo avanti, non indietro. In molti Paesi europei – Germania, Olanda, Austria, Svizzera, Spagna (in parte) – il lavoro sessuale è regolamentato, tassato, sottoposto a norme igienico-sanitarie e di sicurezza.
Anche l’Italia, che pure vanta la celebre Legge Merlin, avrebbe gli strumenti per aprire un confronto serio sul tema, senza tornare ogni volta alla “soluzione rapida” dell’ordinanza moralista.
Un’occasione in questo senso potrebbe arrivare proprio dal nuovo codice ATECO
96.99.92, una nuova “categoria” professionale e/o imprenditoriale non specifica ma ampia, che racchiude le cosiddette “altre attività di servizi alla persona” non classificate altrove. In questa zona grigia oggi si inseriscono attività come quelle degli accompagnatori e delle accompagnatrici, non direttamente riconducibili alla prostituzione (che resta vietata solo se esercitata con modalità che configurano reato, come lo sfruttamento), ma che permetterebbero di regolarizzare situazioni oggi gestite con Partite IVA generiche, quando, nel maggior numero dei casi, non del tutto in nero.
Sarebbe dunque sufficiente un’interpretazione inclusiva – e coraggiosa – del codice, con una guida operativa chiara per l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, per permettere a chi offre servizi
di compagnia, intrattenimento privato, e consulenza relazionale di operare legalmente, pagando le tasse e usufruendo delle stesse tutele e doveri di qualsiasi altro lavoratore autonomo.
A guadagnarci non sarebbero solo le lavoratrici e i lavoratori del settore, ma anche lo Stato, il Comune stesso (in gettito), i cittadini (meno ipocrisia, più sicurezza), e – soprattutto – quella cultura democratica che dovrebbe distinguere un’amministrazione moderna da una da basso impero… dell’ipocrisia da “bronse cuerte”.
E magari, così facendo, si ridurrebbe anche l’evasione legata agli affitti in nero di chi mette a disposizione appartamenti – spesso a costi triplicati – per ospitare chi oggi lavora nel sommerso (accompagnatrici e accompagnatori, ndr), senza alcun controllo. Insomma, meno ordinanze e più norme. Meno slogan e più realtà. Vicenza non ha bisogno di simboli moralisti, ma di soluzioni mature. L’ipocrisia, quella sì, è davvero indecorosa.