“Il Sudan non è una crisi lontana”, l’incontro al Meeting di Rimini

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RIMINI (ITALPRESS) – Nell’ambito del Meeting di Rimini si è tenuto l’incontro Il Sudan non è una crisi lontana”, organizzato da INTERSOS, che ha visto la partecipazione di figure di primo piano del mondo umanitario e istituzionale: Valerie Guarnieri, Assistant Executive Director del Programma Alimentare Mondiale (WFP); Michele Morana, titolare della sede AICS di Addis Abeba con competenze su Etiopia, Eritrea, Sudan, Sud Sudan e Gibuti; Irene Panozzo, analista politica ed esperta del Corno d’Africa; Marco Rusconi, Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

A moderare l’incontro è stata Alda Cappelletti, Senior Humanitarian Advisor di INTERSOS. Il dibattito ha messo in luce con chiarezza come la crisi sudanese, esplosa con il conflitto civile del 15 aprile 2023, rappresenti oggi la più grave emergenza umanitaria a livello mondiale, pur restando marginale nell’agenda mediatica e politica internazionale.

“Il Sudan non è un Paese lontano – ha osservato Alda Cappellettima una realtà che ci interpella da vicino, con ripercussioni regionali e globali”. Il conflitto vede contrapposte le Forze Armate Sudanesi (SAF), guidate dal generale al-Burhan, e le Rapid Support Forces (RSF), milizia paramilitare agli ordini del generale Hemeti. La guerra ha avuto conseguenze devastanti: oltre 14 milioni di sfollati interni, 4 milioni di rifugiati nei Paesi limitrofi, almeno 150.000 vittime (dato considerato ampiamente sottostimato) e 25 milioni di persone, la metà della popolazione, in condizioni di grave insicurezza alimentare.

Irene Panozzo ha ricostruito le dinamiche storiche che hanno portato all’attuale collasso: “Non è uno scontro nato dal nulla tra due generali rivali. Per decenni SAF e RSF hanno fatto parte della stessa architettura di sicurezza costruita dal regime di Omar al-Bashir. Le RSF, eredi delle milizie Janjaweed, sono state trasformate in forza paramilitare con accesso a risorse economiche, traffici e mercenariato. La caduta del regime nel 2019 non ha eliminato queste strutture, anzi ha esacerbato tensioni latenti”. Panozzo ha aggiunto che il conflitto è aggravato da “forti squilibri economici, il controllo delle miniere d’oro, il ruolo di potenze regionali come Emirati e Arabia Saudita, e fratture etniche e territoriali che segnano la storia sudanese”.

Michele Morana ha descritto l’azione della Cooperazione Italiana in un contesto complesso: “Il Sudan non è solo un Paese in guerra, è una crisi regionale che destabilizza Etiopia, Sud Sudan e Ciad. Abbiamo attivi 16 progetti per un valore di 61 milioni di euro, con interventi che spaziano dalla sicurezza alimentare alla formazione professionale. Grazie al lavoro con partner locali e ONG italiane, riusciamo a mantenere una presenza anche nelle aree più difficili. È un impegno che punta a resilienza e ricostruzione, nonostante le condizioni drammatiche”.

Particolarmente toccante l’intervento di Valerie Guarnieri del WFP: “Metà della popolazione vive in condizioni di grave insicurezza alimentare. In Darfur la carestia è già realtà. Abbiamo visto convogli di aiuti attaccati con droni, autisti uccisi, città come Al-Fasher isolate e sotto assedio. Le persone sono costrette a nutrirsi di rifiuti o animali domestici pur di sopravvivere”. Guarnieri ha denunciato l’insufficienza dei fondi e l’ostacolo dell’accesso umanitario: “Nonostante tutte le difficoltà, riusciamo a raggiungere 4 milioni di persone al mese, ma non è abbastanza. È indispensabile una mobilitazione globale: non possiamo lasciare il Sudan nell’ombra”.

Marco Rusconi ha ribadito la centralità del Sudan per l’Italia: “Il Sudan rimane un Paese prioritario per la Cooperazione Italiana. Non si tratta solo di interventi emergenziali, ma di rafforzare le basi per un futuro di pace e sviluppo. Continuiamo a lavorare con un approccio che unisce neutralità, presenza capillare e sostegno alla società civile”.

Rusconi ha ricordato anche il valore della rete italiana: “Il nostro sistema di cooperazione è fatto di istituzioni, ONG, missionari, università e società civile. È una forza unica che ci permette di essere presenti dove altri si ritirano”. Nel dibattito finale, i relatori hanno ribadito che la crisi sudanese non è solo lontana tragedia, ma una questione che tocca direttamente la stabilità regionale, la sicurezza alimentare globale e la credibilità delle istituzioni internazionali. “Nessuna crisi è lontana – ha sottolineato Rusconi – e il Sudan ci chiede di non distogliere lo sguardo”.

Gli esperti hanno invitato i media e la politica a rompere il silenzio: “Il Sudan è la peggiore crisi umanitaria del mondo, eppure non occupa i titoli dei giornali”, ha osservato Panozzo. “Raccontare storie di resilienza, come le community kitchen organizzate dalla società civile sudanese, è essenziale per non lasciare che l’oblio diventi complicità”. Valerie Guarnieri ha concluso con un appello: “Gli aiuti sono vitali ma non bastano. Serve una soluzione politica e serve ora. Il popolo sudanese non può aspettare”. L’incontro si è chiuso con un messaggio forte: il Sudan non è una crisi lontana. È una ferita che interpella la comunità internazionale, richiamando alla responsabilità, alla solidarietà e alla necessità di costruire percorsi di pace.

-Foto Meeting di Rimini-
(ITALPRESS).