Il Vino nell’identità culturale del Veneto moderno: un’armonia di rispetto e legame con la terra, tramandatoci dai Veneti antichi

154

«Il Veneto ha una forza trainante incredibile nella produzione vitivinicola. Complimenti, perché i record di questa regione vanno a vantaggio della filiera, dell’export e del PIL nazionale. Oggi si lavora non solo sulla quantità, ma anche sul valore perché quando si ragiona di vino ci si riferisce ad un mondo che possiede una forte componente di identità culturale, legame con la terra e rispetto per la biodiversità».“

Questa la dichiarazione del nostro premier, Giuseppe Conte, alla Vinitalty 2019, la più’ importante manifestazione mondiale del vino svoltasi gli scorsi giorni a Verona. Identità culturale, legame con la terra e rispetto per la biodiversità sono sempre state le matrici genetiche dei Veneti antichi, i Venetkens.

Non sbaglia il Presidente del Consiglio. I Veneti derivano da una civiltà,che dal XII secolo al II secolo a. C . ha quasi un millennio di storia, in uno spazio che gravitava dal delta del Po all’alta valle del Piave. Gia’, lungo il fiume più’ importante d’Italia i nostri antenati mercanteggiavano l’ambra del Baltico e le merci esotiche, come l’avorio e le uova di struzzo (oggi roba da gourmand).Rispettavano l’ambiente e “le mirabili vie dell’acqua”, offrendogli ,nei riti sacri, anche le loro prestigiose armi,in omaggio al rispetto di Mater Acquea. L’acqua e il fiume forieri di riserve di pesca e caccia, ma anche luoghi importanti per la coltivazione dei cereali.

Il Veneto antico che parte dalle storiche capitali,Este e Padova;ma anche Vicenza,Altino,Oderzo e Concordia. Un territorio del “popolo delle 50 città’” che nella produzione della ceramica esibisce la sua avanzata civiltà e cultura. La lavorazione della ceramica che copre ormai ogni esigenza per la cucina, la mensa, le cerimonie, appagando anche i gusti più esigenti e ricercati. Nel cuore di questi centri abitano anche i migliori committenti delle opere d’arte destinate alla celebrazione delle feste e dei banchetti, che possono diventare anche doni prestigiosi per l’al di là. Da qui l’ “arte delle situle”, la più esplicita narrazione della vita sociale e politica, degli ideali, dell’immaginario collettivo. Quanto di più prezioso ci abbiano lasciato i Veneti che vissero nel cuore del primo millennio a. C. Si tratta dell’espressione più alta del livello di maestria raggiunto da una cerchia di artigiani artisti rimasti anonimi.

Ma cosa sono le situle? La traduzione dal latino: ‘secchie’ ne indica la forma adatta a contenere liquidi; la presenza di manico suggerisce la trasportabilità; l’ampiezza dell’imboccatura agevola l’atto di attingervi.Le situle possono essere ricondotte a due classi dimensionali sulla base della capacità, la minore intorno ai due-tre litri, la maggiore, nove, in relazione a modalità diverse del consumo della bevanda e/o ai differenti gruppi di destinatari ai quali veniva servita; ma quali bevande contenevano le situle?Vino diluito con acqua e profumato con spezie, birra, altro. La situla Benvenuti , definita da Giulia Fogolari il ‘poema epico delle genti venete’, realizzata a Este intorno al 625a.C. ammirabile nel museo Atestino (www.atestino.beniculturali.it),rappresenta l’esemplare più antico e più famoso. Nelle immagini che adornano le situle, sono molto frequenti scene che mostrano quanto volentieri e con quanta abbondanza« il vino venisse consumato e come esso venisse offerto, assieme al dono di cibi, all’ospite. Cibi e vino venivano poi offerti alle divinità nelle sacre cerimonie.

I “ Venetkens”, un termine, recuperato da una stele del Iv secolo esposta presso il museo naturalistico archeologico di Vicenza (www.museicivicivicenza.it),rinvenuta casualmente a Isola Vicentina qualche anno fa, rappresenta la prima testimonianza in assoluto dell’utilizzo del concetto di Veneto in forma scritta nell’antico alfabeto dei nostri progenitori, simile all’etrusco. Alcune ipotesi asseriscono ,che proprio il vino, detto in lingua greca ènos, abbia dato il nome alla popolazione veneta (come sappiamo, i Veneti erano chiamati, in greco, Enetoi o Hènetoi).

Reperti dal VII al V sec a. C., risalenti al tempo dell’arrivo degli Etruschi e al loro incontro con i Reti Arusmati, attestano che nella zona il frutto della vite veniva già trasformato in vino e risulterebbe che il vino Retico si potrebbe considerare un antenato dell’attuale Valpolicella www.consorziovalpolicella.it ), il cui termine latino forse significava “valle dalle molte celle” (vinarie?). . Alcuni tra i vini prodotti nella regione veneta divennero famosi presso i Romani e ricercati per il loro sapore. Tra i vini più apprezzati vi era, ad esempio, quello chiamato «acinaticum», un vino denso, liquoroso, simile forse al nostro «vin santo».Una speciale tecnica di appassimento delle uve Oggi , da questa origini venetiche, sui Colli di Conegliano, si produce il «Torchiato di Fregona», un vino passito bianco a denominazione di origine controllata e garantita,ottenuto da uve Glera,Verdisio e Boschera (www.colliconegliano.it ).

Sempre in zone montane venete veniva lavorato il vino «retico» coltivando la vite selvatica: lo preferiva e desiderava trovarlo sulla propria tavola la consorte dell’imperatore Augusto,Livia Drusilla Claudia.

Una testimonianza della produzione gia’ a livelli industriali dei vini in terra veneta ci è stata lasciata dallo storico e geografo greco Strabone. Egli riferisce come “i Veneti avessero l’abitudine di intonacare le loro botti con la pece, per cui il vino veniva ad assumere un sapore asprigno”. Ci dice poi “che la quantità di vino era così abbondante che si rendeva necessario usare delle botti tanto grandi da sembrare delle case” . E’ interessante notare che, fino a non molti anni fa, nei paesi lungo le grave deI Piave ancora era diffusa l’usanza di conservare il vino Raboso ,un termine dialettale usato per descrivere un frutto che è ancora un po’ acerbo e pertanto un po’ astringente, non nelle cantine, ma in botti, robuste e molto alte, tenute all’aperto.

I Veneti antichi ,caro Presidente Conte,custodiscono nel nettare degli Dei,la propria identità culturale, frutto di armonia e rispetto laico e religioso verso la propria madre terra,che si potrebbe sintetizzare in questo vecchio proverbio veneto :

Chi ga inventà el vin, se nol xe in Paradiso, el xe vissìn.
Chi ha inventato il vino, se non è in Paradiso, è lì vicino