
ROMA (ITALPRESS) – Una piccola impresa su due vorrebbe procedere a nuove assunzioni nel secondo semestre di quest’anno. Un’intenzione ostacolata, però, dalla difficoltà di reperire le figure professionali necessarie. Anche a causa di un mercato del lavoro che non favorisce l’incontro tra domanda e offerta. A rilevarlo un’indagine condotta dall’Area studi e ricerche della CNA tra un campione di oltre 2mila imprese artigiane, micro e piccole associate alla Confederazione, rappresentative della composizione dell’apparato produttivo nazionale.
A sorprendere prima di tutto è che il risultato dell’indagine targata CNA non sia molto diverso da quello di uno studio analogo redatto dalla Confederazione quattro anni orsono. Con la differenza che allora, appena usciti dalla prima emergenza Covid, l’economia italiana cresceva a un ritmo tale da sfiorare il 9% mentre quest’anno l’incremento del Prodotto interno lordo nazionale non dovrebbe raggiungere neanche l’1%.
Insomma, la richiesta di nuova forza lavoro nelle piccole imprese italiane sembra escludere l’incidenza dei fattori di natura congiunturale. Nonostante la crescita elevata dell’occupazione nell’ultimo biennio, arrivata al massimo storico di 24,3 milioni di posti a febbraio, l’indagine rileva come il potenziale lavorativo sia ancora elevato. Il 50,8% del campione di imprese coinvolte ritiene infatti di voler procedere a nuove assunzioni nella seconda metà del 2025. Di queste il 30,8% prevede di effettuare due assunzioni e il 7,8% tre o più. Esigenze, le ultime, che emergono soprattutto nel manifatturiero.
Ma quali sono i settori dov’è più avvertita l’esigenza di nuova forza lavoro da parte delle piccole imprese? A livello macro settoriale guidano questa graduatoria le costruzioni (con il 57,5% di imprese intenzionate ad assumere), seguono la manifattura (51,9%) e, sotto la media, il comparto dei servizi, con un sempre apprezzabile 45,6%. Se dalla fotografia macro si passa all’analisi dei singoli rami emerge nell’ambito delle costruzioni una domanda di lavoro robusta nell’edilizia (54,5%) e ancor più solida nell’installazione di impianti (59,2%) un po’ perché si va verso la stagione estiva un po’ perché, evidentemente, non cala la volontà di ristrutturare e ammodernare gli immobili in particolare per adeguarli a nuove esigenze ambientali e tecnologiche.
Limitandosi alle singole specializzazioni lavorative, nell’ambito dell’edilizia sono gli installatori e manutentori di impianti (di climatizzazione, elettrico-elettronici, idrico-sanitari), i muratori, i capo cantiere le professionalità più ricercate. Passando all’analisi dei rami manifatturieri, prospettive incoraggianti riguardano la meccanica e il sistema moda, due pilastri del Made in Italy in salute nonostante l’insistente percussione dei tamburi di guerre commerciali. Nel dettaglio è il 56% delle piccole imprese meccaniche e il 52,8% delle analoghe attività della filiera moda ad assicurare la volontà di ingaggiare nuovi dipendenti.
Elettricisti; addetti alla produzione di macchine utensili e costruttori di carpenteria metallica, al taglio e alla confezione dei capi di abbigliamento; alla produzione di mobili in legno e al montaggio di arredi e infissi sono i profili più richiesti. Anche nel comparto dei servizi emergono rami dove si cercano lavoratori in maniera rimarchevole e profili professionali ambiti. Ristorazione, Trasporti e logistica, Autoriparazioni e carrozzerie sono ai vertici delle attività che prevedono assunzioni, con un gap verso l’alto rispetto alla media tra il 10 e il 20%.
Autisti, meccatronici, carrozzieri, cuochi e aiuto cuochi, camerieri, acconciatori e operatori estetici risultano a loro volta tra i profili professionali più ‘gettonati’. La volontà di ampliare gli organici da parte di imprese artigiane, micro e piccole potrebbe infrangersi contro lo scoglio della difficoltà di reperire sul mercato le figure professionali in possesso delle competenze di cui hanno bisogno. Una impresa su tre dichiara di non essere riuscita finora a trovare alcun candidato idoneo. Il resto del campione si divide tra chi assicura di non avere problemi a trovare i lavoratori necessari (11,4%) e chi ha ricevuto candidature ma ha trovato difficoltà nella selezione (55,4%).
In quest’ultimo gruppo solo il 7,7% delle imprese ha trovato candidati che hanno giudicato insufficiente l’offerta economica ricevuta mentre il 47,7% spiega di aver trovato candidati ma senza le necessarie competenze.
Può sorprendere che la modalità più utilizzata dalle imprese per reperire candidati rimanga il cosiddetto ‘passaparola’, preferito dal 42,1% delle imprese. Seguono le agenzie (21,5%) e gli annunci su canali più o meno specializzati (15,1%). Viceversa solo il 10,7% delle imprese privilegia il suggerimento di scuole, istituti di formazione, università. E addirittura uno striminzito 6,8% i canali ufficiali dedicati, quali i centri per l’impiego.
Dati che generano giocoforza dubbi sull’efficienza tanto degli strumenti di orientamento quanto dei soggetti formativi pubblici. Le imprese intenzionate a realizzare nuove assunzioni vorrebbero privilegiare la stabilità dei rapporti di lavoro, come dimostra l’auspicio di firmare contratti a tempo indeterminato (34,6%) o con forme assimilabili quali l’apprendistato (21,5%) e il tirocinio formativo (9,8%). In conclusione, ci si potrebbe domandare perché in tempi di stasi economica, o di crescita ridotta, tante imprese pensino ad assumere e, perdipiù, a tempo in qualche modo indeterminato. L’Area studi e ricerche della CNA fa rientrare questo comportamento nel cosiddetto ‘Labour Hoarding’, letteralmente ‘fare scorta di lavoro’.
Si tratta di una strategia a lungo termine utilizzata dalle imprese (che non licenziano, o addirittura assumono, in un periodo di bassa crescita) per evitare i costi di ri-assunzione, e le difficoltà di reperimento dei profili professionali adatti, qualora dovesse riprendersi l’economia.
-Foto IPA Agency-
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