Isabella Sala: “Parità di genere solo tra oltre 100 anni. Si può accelerare grazie ad un linguaggio più inclusivo, normative e certificazioni”

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isabella sala
Isabella Sala

(Articolo di Isabella Sala, Vicesindaca, Assessora alle risorse economiche, al lavoro e alle pari opportunità Comune di Vicenza da Vicenza Più Viva n. 3 dicembre 2023-gennaio 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Le previsioni in base alle statistiche attuali ci dicono che dobbiamo attendere 135 anni per raggiungere la parità di genere nel mondo. Mi pare un motivo sufficiente per capire come le azioni positive, fra cui le quote di genere, abbiano un obiettivo e un senso: accelerare il riequilibrio in ciò che la storia, prevalentemente declinata al maschile, ha creato e che questi anni – di pandemia e conflitti – hanno peggiorato.

Le accelerazioni non sono semplici e provocano reazioni che vanno messe in conto e gestite. Vorrei in questa sede presentare, seppur brevemente, alcuni esempi concreti di accelerazioni a mio parere decisamente positive.

Una prima linea importante è quella normativa. Una legge che ha fatto la differenza è la Golfo Mosca: legge “a tempo”, con scadenza fissata, atta a promuovere la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende quotate, definita nel 2019 dal Sole24Ore “il successo più grande in campo di empowerment femminile nel nostro Paese”. In 10 anni le donne nei CDA sono passate dal 17% al 40%, con miglioramenti negli indicatori economici aziendali. Fare le cose insieme, con le proprie diversità, aiuta ad affrontare un mondo complesso, che abbisogna di skill, molto diverse: competenze sociali, relazionali, organizzative, manageriali…

Così come oggi si parla di leadership diffusa, condivisa, partecipata, partendo dal presupposto che i risultati si ottengono da un lavoro comune e che nessuno – nemmeno il miglior leader sulla piazza – possiede tutte le competenze necessarie, così la diversità di genere arricchisce e porta risultati migliori.

Di recente è intervenuta un’altra innovazione importante: il PNRR finanzia il “Sistema di certificazione della parità di genere”: le aziende possono accedere a fondi per raggiungere un’attestazione che consente di chiedere contributi, sgravi fiscali, opportunità. Per ottenere la certificazione le aziende devono rispondere, in modo progressivo, a precisi indicatori che spaziano dalle opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, all’equità remunerativa, alla tutela della genitorialità e alla conciliazione vita-lavoro.

L’altro punto a cui vorrei accennare riguarda il linguaggio. Molti lo reputano un tema non prioritario, superfluo, inutile, dannoso. Le obiezioni sono spesso le seguenti: una donna non ha bisogno di farsi chiamare con qualificativi di genere se è brava, se si è meritata il ruolo per capacità e impegno. È un tema profondo e complesso, non di “regole” da applicare meccanicamente, ma di pensiero che le sottende, spesso più importante delle regole stesse: perché il pensiero diventa parola e contribuisce a forgiare il mondo.

Il linguaggio inclusivo è un linguaggio che rispetta ogni persona; che dà un nome a ruoli e situazioni; che non discrimina e contrasta gli stereotipi. Il linguaggio aggiunge, non toglie, non limita. Sono in questo senso importanti lo studio e la cultura per un linguaggio inclusivo portati avanti nelle università, nelle amministrazioni pubbliche, nelle aziende, e oggi nell’agenda della nostra città.

In chiusura reputo fondamentale il lavoro comune con le tante istituzioni e persone impegnate nel superamento dei molteplici divari di genere. Il pensiero va in particolare alle giovani e alle future generazioni. Perché solo nel rispetto e riconoscimento reciproco, nella bellezza delle diversità, potremo costruire un mondo meno violento, e più bello da abitare e vivere.