L’isola di Pellestrina, la perla della laguna veneta lunga 11 km e larga 1,2 con bambini per strada, pescatori, donne col tombolo e il fantasma

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L’isola dei bambini che giocano ancora per strada, dei pescatori e delle donne con il tombolo. Pellestrina, isola più meridionale del comune di Venezia, si presenta al visitatore in tutta la sua virginea naturalezza e viva tradizione. Lunga 11 km e larga 1,2 km dal suo litorale si possono vedere in un solo colpo d’occhio mare Adriatico da un lato e laguna di Venezia dall’altro. Piccole chiese, case colorate, orti curati e spiagge selvagge contribuiscono a conservare intatta la storia dell’isola e della sua piccola comunità di poco più di 4000 abitanti.

Pellestrina, l’origine

L’origine del nome Pellestrina è ancora incerta. Il filologo Olivieri lo mette in relazione con Filisto, generale e storico di Siracusa il quale, esiliato ad Adria, avrebbe fatto scavare dei canali che mettevano in comunicazione l’Adige e la Laguna Veneta, che allora si estendeva anche in questa zona (chiamata nell’antichità fossae Philistinae ). Il Filiasi prima di lui ricordava che anticamente le fosse erano dette anche Pistrine, Pelestrine e Pilistine da cui, in ultima, il nome attuale. Un’altra versione, più popolareggiante, lo fa derivare da “pelle strana”, come era quella degli abitanti, pescatori costretti a lavorare tutto il giorno in barca.

L’anno della fondazione ufficiale di Pellestrina è tuttavia il 1380: la Serenissima del Doge Contarini, guidata dal Capitano da Mar Vettor Pisani, vince la guerra di Chioggia e strappa la città ai genovesi. Pellestrina, come Chioggia, esce dal conflitto distrutta. Il Podestà incarica allora quattro famiglie padronali (Scarpa, Zennaro, Vianello e Busetto) di ricostruire la città e ricostituirne il nucleo abitativo. Le famiglie si spartiscono il territorio suddividendolo in quattro sestieri, i quartieri che ancora oggi costituiscono Pellestrina.

I Murazzi

L’isola vanta come unica costante architettonica i cosiddetti Murazzi (muràssi o muràsi in veneto). Collegamento pedonale tra la località di Pellestrina e la Riserva Naturale e la spiaggia di Ca’ Roman, i murazzi sono un insieme di pietre d’Istria aventi la funzione di diga, costruiti dalla Repubblica di Venezia per difendere gli argini della laguna dall’erosione del mare. Ancora oggi sono fondamentali per la salvaguardia del litorale e sono diventati anche un percorso ciclabile di notevole interesse per la bellezza del paesaggio. A Pellestrina, infatti, si gira a piedi, in autobus o in bicicletta.

Proprio dalla strada dei Murazzi, che ne segue le linee, si sviluppa “a pettine” la distribuzione delle calli, che attraversano l’isola dalla laguna al mare, e delle parallele “carrizade” (calli percorribili dai carri, da cui il toponimo). Tra questi calli non mancano osterie, trattorie, caffetterie e punti di ritrovo per i turisti e gli abitanti, nonché di luoghi religiosi.

Le chiese di Pellestrina

Sono ben quattro i luoghi di culto per i residenti, diventati attrazione turistica per il peculiare stato di conservazione nei quali si trovano.

Da nord a sud si incontrano la piccola Parrocchia di San Pietro Apostolo, la Chiesa di Sant’Antonio, il Santuario della Madonna dell’Apparizione e il Duomo di Ognissanti, tutte rigorosamente rivolte sul corso principale di Pellestrina e quindi all’interno della laguna veneziana, il quale si ricongiungerà con la Strada Comunale dei Murazzi.

Feste e mestieri

Rinomata soprattutto per la produzione di merletti a tombolo, detti “balon”, Pellestrina è dedita ad attività tipiche della zona lagunare come la pesca, l’agricoltura e la cantieristica navale. Le tradizioni marinare legate alla pesca, si possono approfondire presso il museo della laguna sud. A livello folkloristico durante il periodo estivo vengono celebrate ogni anno varie feste e sagre, tra tutte la festa della Madonna dell’Apparizione il 4 di agosto e poi la sagra di Santo Stefano a metà agosto con le sue regate di voga veneta.

Pellestrina

La leggenda di Gnuche

Infine, come ogni isola, Pellestrina ha la sua leggenda che riguarda Gnuche, armatore di una piccola flotta mercantile che commerciava in legno e pietre d’istria. Durante una tempesta i membri dell’equipaggio avvistarono il corpo di un annegato e chiesero al comandante Gnuche di poter issare a bordo il corpo e portarlo a riva, ma l’armatore fece valere la propria autorità e diede ordine di continuare la navigazione. Finita la tempesta, l’imbarcazione arrivata in Istria scaricò il legname per fare carico della pregiata pietra da sbarcare in seguito a Venezia e a Chioggia.

L’intera navigazione sembrava non avere più intoppi, ma nell’accingersi ad entrare in laguna, l’imbarcazione incontrò un impetuoso vento contrario impedendo così l’accesso alla bocca di porto e sospingendo l’imbarcazione di nuovo in mare aperto. L’intero equipaggio abbandonò Gnuche e il natante, ormai ribaltato, gettandosi in mare e guadagnando la costa a nuoto. Gnuche rimase solo sulla barca, a gridare e imprecare.

Fu allora che vide affiorare il braccio del morto annegato che non aveva voluto salvare, e sportosi per issarlo a bordo, e dargli quindi sepoltura, si accorse invece che non di un braccio si trattava, ma di un ramo avvolto da alghe. Fu allora che Gnuche capì di essere stato dannato. Sconvolto dall’esperienza Gnuche decise che mai e poi mai avrebbe rimesso piede in mare e decise pertanto di vendere l‘intera sua flotta. Tuttavia, la maledizione dell’annegato non smise mai di perseguitarlo, infatti nessuno volle comprare la flotta che il vecchio armatore aveva messo in vendita, dal momento che tutti erano a conoscenza della maledizione.