Italia-America Friendship Festival, Giacomo Possamai replica ma anche no a Emilio Franzina: lo aiutiamo noi e il suo…avatar

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Giacomo Avatar Possamai
Giacomo Avatar Possamai

Abbiamo pubblicato di nuovo oggi l’intervento dell’8 luglio 2025 di Emilio Franzina («Vicenza agli americani, Emilio Franzina “bis”: “Dov’è finito il sindaco che avevamo votato? Di che amicizia con gli USA si va cianciando?”») per farlo ricordare in funzione delle risposte chieste a Possamai, la cui tipica (non)reazione, che riportiamo a seguire, è  su VicenzaPiù Viva n. 300 in edicola o sfogliabile online per gli abbonati. Per approfondire tutta la questione, noi poi analizzeremo a breve (seguiteci), tra mille difficoltà di trasparenza, quella economica, vi suggeriamo di leggere anche “Vicenza militare e americana: il “bignamino” di Emilio Franzina di anni fa ma attualissimo e storico contraltare al festival“.

Italia-America Friendship Festival, la controversia

Introduzione esplicativa

Giacomo Possamai
Giacomo Possamai, l’originale

Questo testo, o, meglio, quello seguente. è stato generato da un’intelligenza artificiale in forma di avatar AI ispirato al “nostro sindaco”. Gli avevamo chiesto subito, mercoledì 8 luglio notte, il giorno stesso della pubblicazione su ViPiu.it delle osservazioni di Emilio Franzina, riportate nelle pagine precedenti, “una risposta a tutti spiegando l’iniziativa, senza polemizzare” conoscendo il carattere ecumenico di Possamai. Dopo pochi minuti, ci messaggiava “Ok, domattina ci sentiamo”. Preso, non è ironia, dai suoi impegni, mi messaggiava pochi minuti dopo la mezzanotte di giovedì 9 “Tra l’altro oggi grazie a te ho fatto una bella chiacchierata con Franzina. L’articolo mi ha dato lo stimolo per sentirlo dopo tanto tempo. Domattina sono in viaggio dalle 7 alle 11, quando posso chiamarti?”.

Alla mia immediata risposta “Quando vuoi” è seguito il silenzio assoluto, abitudine democristiana, buona o cattiva ce lo potrebbe dire il Maestro Achille Variati.

Italia-America Friendship Festival, promotori e finanziatori
Italia-America Friendship Festival, promotori e finanziatori

Abbiamo, quindi, pensato, noi che non abbiamo alcun incarico, interno od esterno, di aiutare il sindaco e abbiamo chiesto al nostro programma preferito GPT (Generative Pretrained Transformer) di scrivere, sotto il nostro check di corrispondenza al vero, quello che avrebbe scritto Giacomo Possamai: lo stile, i contenuti e il punto di vista riflettono una simulazione realizzata sulla base di fonti pubbliche in base alle istruzioni fornite. Si tratta, quindi, di una rappresentazione artificiale e non di una dichiarazione autentica o ufficiale della persona citata. Ma, al 99%, da essere dotato di normale AI (Autonoma Intelligenza) mi sembra più che realistica. Se vorrà, il buon Giacomo Possamai, quello vero, potrà sempre… replicare.

Il direttore

“Un festival non per dividere, ma per raccontare”: così l’Avatar di Giacomo Possamai risponde a Franzina e al centrosinistra che critica il sindaco di Vicenza

Negli ultimi giorni, e in particolare dopo la pubblicazione della lettera aperta del professor Emilio Franzina su ViPiu.it, ho letto con attenzione una serie di riflessioni, critiche, persino inviti a tornare sui miei passi. Lo dico con rispetto e senza polemiche: non condivido queste letture e sento la necessità di spiegare, nel merito e nel metodo, perché ho scelto di sostenere l’Italia–America Friendship Festival.

Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto
Italia-America Friendship Festival, Vicenza, città della pace dimenticata, la denuncia de Il Manifesto

Non è un mistero che su questa iniziativa si siano divise non solo le forze politiche in Consiglio comunale, ma anche quelle della mia stessa maggioranza. Lo considero legittimo, e persino utile se il dissenso nasce da una volontà di dialogo. Ma vorrei che si sgombrasse il campo da un equivoco di fondo: questo Festival non è una parata militare, né un’operazione propagandistica. È invece un evento culturale, pensato per valorizzare Vicenza come ponte tra due mondi, tra due storie, tra due popoli che da decenni convivono, a volte faticosamente, in questa città.

Mi si chiede: “Ma che tipo di amicizia celebriamo, con chi, e perché proprio ora?”. La risposta è semplice: non celebriamo l’America delle guerre, dei muri e dei bombardamenti, ma quella della cultura, delle università, della comunità americana che vive a Vicenza e contribuisce, anche economicamente, alla nostra città. Non ho mai nascosto, nemmeno in campagna elettorale, di voler rilanciare una politica di relazioni internazionali che valorizzi Vicenza oltre i confini del suo perimetro storico. Il brand Vicenza, come città di cultura e di dialogo, ha bisogno di strumenti nuovi, e tra questi c’è anche una diplomazia culturale che sappia parlare lingue diverse senza smarrire la propria.

Il Festival – che si svolgerà dal 12 al 14 settembre – ospiterà concerti, dialoghi tra università italiane e statunitensi, incontri con scrittori e intellettuali. A organizzarlo con visione e cura è Jacopo Bulgarini d’Elci, che ho scelto come mio consigliere per la valorizzazione culturale della città, convinto com’ero (e come sono) che la sua esperienza possa servire a Vicenza. A chi, come Franzina, mi rimprovera un certo stile “corporate”, quasi pubblicitario, rispondo che non c’è nulla di sbagliato nel voler comunicare bene ciò che si fa, se dietro c’è sostanza. E la sostanza, in questo caso, è una proposta culturale che abbraccia molte sfaccettature: storiche, artistiche, perfino gastronomiche.

È vero: su questa iniziativa ho trovato il sostegno anche dell’opposizione di centrodestra. Ma non è una scelta “contro” qualcuno. Non lo è contro la sinistra con cui governiamo, né contro chi teme che questo Festival normalizzi la presenza della base americana. Su questo punto, voglio essere chiaro: non ho mai smesso di interrogarmi sul ruolo di quella presenza, e resto convinto che il confronto con le forze civili e pacifiste sia sempre necessario. Allo stesso tempo, però, penso che non sia contraddittorio cercare spazi di dialogo anche con chi oggi è nostro ospite e sarà nostro vicino ancora a lungo.

Concludo con una nota personale. Mi ha colpito che il professor Franzina mi chieda “dov’è finito il sindaco che avevamo votato?”. Sono qui, e sono lo stesso. Solo che oggi ho anche la responsabilità di un’intera città, delle sue sensibilità plurali, delle sue esigenze concrete, delle sue aspirazioni più alte. Cerco di fare il mio mestiere con equilibrio e serietà. So che non tutti saranno d’accordo, e accetto volentieri il confronto. Ma non accetto l’idea che la cultura debba sempre stare nel recinto delle identità politiche. Se vogliamo davvero essere europei, se vogliamo essere città del futuro, allora dovremo anche imparare a parlare linguaggi che sappiano unire, non solo distinguere.

Giacomo Possamai tramite il suo Avatar e Giovanni Coviello