Jeans in convento

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Non occorre essere un esperto di marketing per sapere che se vuoi attirare l’attenzione del mercato basta mettere insieme qualcosa che abbia a che fare con la religione e qualche riferimento al sesso e il botto è assicurato. Se poi addirittura tiriamo in campo le suore e le incrociamo con il mondo transgender, allora la soglia della provocazione è sicuramente superata e il clamore quindi assicurato.

Da questo punto di vista il corto girato da Francois Rousselet per la Diesel di Renzo Rosso ha tutti gli ingredienti per creare polemiche e far parlare di sé. E magari (perché di spot pubblicitario si tratta), far vendere jeans.

Di fronte a questi esercizi promozionali la tentazione sarebbe quella di lasciar perdere e di far proprio l’adagio dantesco “Non ti curar di loro ma guarda e passa”.

Ma questa volta non è possibile: in gioco c’è la visione antropologica dell’uomo e della donna. Qualcuno dirà che al patron della Diesel, in realtà, interessa solo il numero in fondo al bilancio e quindi quanti jeans riesce a piazzare. Non lo so. Le sue dichiarazioni in proposito esprimono anche una precisa concezione della vita rispetto alla quale, per fortuna, si può ancora dissentire.

Lo spot uscito in occasione del Pride ed evidentemente vicino al mondo Lgbt, propone la storia di un giovane uomo che non vuole più essere tale e per questo prende regolarmente delle pastiglie, si toglie i peli, assume sempre più le sembianze di una donna, fino a quando non lo diventa.

Tutto qui?

Macché! Qui c’è il colpo di scena: la nuova fanciulla bussa a una porta. È quella di un convento dove entra per diventare suora. Il tutto in 2 minuti di video.

Ora, a parte un approccio non di grande rispetto  verso il mondo religioso (evocato fin dall’apertura con la inquadratura alla crocetta al collo del protagonista). A parte le forzature abbondanti (mi si dirà “In 2’ minuti cosa vuoi?”) nella storia (il cambio di sesso non è certo una passeggiata che avviene a suon di musica, come pure per la scelta della vita religiosa non basta certo bussare a un convento per avere la strada spianata) quello che lascia sconcertati è la superficialità con cui si lanciano certi messaggi su tematiche estremamente complesse e delicate che toccano la profondità della persona. Si dirà che si vuole provocare una riflessione, far discutere. Le questioni legate all’orientamento sessuale e all’identità sessuale (presenti nel video) vanno al cuore dell’idea di persona e toccano tanti e tali temi che è evidente che chi decide di lanciare un video di questo tipo e di questa durata ha ben altri obiettivi che il confronto.

C’è da chiedersi se si è pienamente consapevoli che operazioni simili hanno ricadute su un pubblico vastissismo (e non a caso i Jeans non hanno età). Mi domando se interessi l’impatto di questi messaggi per esempio sulle generazioni più giovani, su chi ha una personalità in costruzione, una identità sessuale ancora in formazione. Non credo che la sistematica destrutturazione sia un approccio che aiuta davvero le persone a diventare adulti, a cogliere il valore della sessualità propria e altrui, a entrare in relazione in modo positivo con gli altri. Il valore della persona e della sua identità sessuale sono qualcosa di così prezioso e sacro (termine che anche per i non credenti ha un significato profondo) che richiederebbero un po’ più di rispetto.