La cucina vicentina viaggerà in alta velocità? Forse sì

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Cucina vicentina
Cucina vicentina

(Articolo da Vicenza Più Viva n. 4, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Paolo Vicari, conosciuto anche come “l’osto arrogante”, spiega come la carne sintetica e il broccolo fiolaro vanno nella stessa direzione, in una Vicenza che deve guardare al futuro.

L’anno appena trascorso è stato senza dubbio (anche) l’anno della Cucina italiana, dalla candidatura a patrimonio Unesco alla prima legge al mondo che vieta la cucina sintetica e il meat sounding, passando per le polemiche sulla carenza di personale nel settore. Carismatico protagonista di questo mondo, in chiave berica, è Paolo “osto arrogante” Vicari, dell’Osteria alle Botti in viale San Lazzaro 30, a Vicenza, dove fa squadra con la figlia Valentina e la moglie Vanda dal 2010.

Paolo Vicari
Paolo Vicari

Paolo, il governo Meloni ha lanciato la candidatura della Cucina Italiana come patrimonio dell’Unesco, cosa ne pensi?

«No, non sono d’accordo. Abbiamo visto cosa è successo dopo il riconoscimento ottenuto dal Prosecco: hanno devastato mezzo Veneto e mezzo Friuli per piantare vitigni di Glera, l’uva da Prosecco. La cucina italiana deve avere una sua identità personale, deve essere la cucina italiana e basta. La cucina italiana ha una tradizione, dalle Alpi alla Sicilia, che è pazzesca. Non c’è un posto dove non ci siano dei gran piatti. Piatti della tradizione, piatti sostenibili, specialmente in questo momento, quando mancano i soldi. La cucina italiana ha dei piatti che sono sostenibili e che riesci a fare con poco, con poco o nulla. Io terrei la cucina italiana e lascerei perdere l’Unesco».

Da sinistra la moglie Vanda, la figlia Valentina e Betty, la responsabile di sala
Da sinistra la moglie Vanda, la figlia Valentina e Betty, la responsabile di sala

Un’altra iniziativa che ha fatto molto discutere è stata la prima legge al mondo per vietare la carne sintetica e il meat sounding, cioè le diciture come “burger di spinaci”, “cotolette di sojia”, etc..

«La carne sintetica non c’entra con i nostri piatti, e al momento non serve, ma la carne sintetica è il futuro. Fra trent’anni avremo il deserto in Sicilia. Bisogna inventarsi qualcosa. I ghiacciai stanno scomparendo. La Marmolada fra trent’anni non ci sarà più. E quindi bisogna provvedere. Non possiamo continuare ad allevare bovini e suini a go go come se niente fosse, perché non sono compatibili. La carne sintetica non ha niente di male, prima la introduciamo meglio è. Prima riusciamo a finire di inquinare, meglio è. La carne sintetica non va introdotta domani mattina, non deve sostituire il prodotto naturale, però bisogna iniziare ad approcciarla e a discuterla, ad assaggiarla, perché è il futuro».

E per quanto riguarda il meat sounding?

«L’hamburger di spinaci, l’hamburger di ceci, la polpetta di lenticchie esistono da millenni. Mia nonna le faceva quando non c’erano i soldi per la carne, hanno solo aggiunto una produzione industriale, una confezione e una distribuzione. Non capisco perché adesso bisogna vietare queste cose. Moltissimi bambini non vogliono mangiare verdure, ma se gliele proponi sotto certe forme, assimilabili a quelle della carne le mangiano. Non c’è niente di male».

Il banco bar
Il banco bar

Sostenibilità alimentare significa anche “stagionalità”: ci fai un menù vicentino, veneto, con prodotti di questa stagione?

«Siamo in inverno, quindi freddo, dobbiamo pensare alle verdure del freddo. Dobbiamo pensare alla carne, non la carne estiva, la carne invernale, dobbiamo pensare alla selvaggina. Si possono trovare l’anatra, l’oca, il cinghiale, capriolo, cervo, lepre: tutti animali che si possono allevare. E poi il maiale: sostenibile perché con massimo 10 euro al chilo si trovano la braciola, le salsicce, le costine. Se si vuole fare i “bravi veneti”, nella tradizione più totale, si chiedono al macellaio le ossa, e si fanno “i ossi de mas-cio”».

E per le verdure?

«Nei supermercati si trova di tutto, perfino le ciliegie, ma se si vuole essere sostenibili, anche a livello di portafoglio, ci sono i germogli di Chioggia e di Verona, anziché il radicchio tardivo di Treviso si può optare per il più economico precoce, e non dimentichiamo il broccolo Fiolaro di Creazzo, che con tre euro al chilo si porta a casa e comunque riempie la pancina. Frutta non ce n’è, quindi se magna pomi. Ma l’Italia è uno dei più grossi e migliori produttori del mondo di arance, acquistabili con due euro o poco più a chilo. E non dimentichiamoci di quello che abbiamo messo in congelatore in primavera ed estate, le melanzane, le zucchine, i piselli eccetera».

E per la tavola siamo a posto. Ma è vero che si fa fatica a trovare personale nella ristorazione?

«Il problema del personale è enorme, in primis perché non c’è specializzazione. Anziché studiare la nostra cucina tradizionale si scopiazza malamente quella esotica, si fanno le poké. E la scuola fa poco in questo senso: gli alberghieri non insegnano la cucina vicentina e l’unico chef che abbiamo è Carlo Cracco, che però non la fa. Un altro problema è quello del tempo: noi lavoriamo quando gli altri fanno festa… E ti deve piacere tanto il tuo lavoro per stare a questi ritmi. C’è sicuramente il problema delle retribuzioni: nel nostro mondo ci sono tanti farabutti che pagano male, pagano poco e/o non pagano.
Quando uno resta scottato poi cambia settore. Noi non siamo Babbo Natale: cerchiamo di essere corretti e abbiamo il nostro staff da anni. Infine, c’è stato il problema del Reddito di cittadinanza: in tanti ci hanno chiesto lavoro, ma in nero …».

L'ingresso della trattoria “Alle botti” in viale S. Lazzaro 30
L’ingresso della trattoria “Alle botti” in viale S. Lazzaro 30

È difficile fare il ristoratore a Vicenza?

«Vicenza è una città stramorta, è una città dormitorio. Una città ricchissima, dove dormiva anche Gianni Zonin (ndr: ex presidente della Banca Popolare di Vicenza), gente che non ha problemi. E se questi non vogliono movida, la movida non c’è. Vicenza è una città morta, perché la vogliono tener morta, soprattutto grazie a giunte medievali, nel senso peggiore del termine; perché a me piace il Medioevo e adoro le narrazioni di Alessandro Barbero».

Cosa ne pensi della nuova giunta?

«Ho speranze, mi piace come si stanno muovendo, a partire dal festival all’hangar fino alla festa di fine anno, non a caso organizzata nella zona dello spaccio, davanti alla stazione, che è la porta della città. Agli spacciatori non piace la folla. Inoltre, in osteria vengono i lavoratori dei service del teatro e sento delle opinioni positive sui prossimi programmi, a partire dal nuovo presidente, Luca Trivellato. Una grande sfida sarà sicuramente il cantiere del Tav … Uno sconvolgimento, urbanistico e culturale, ma anche un’opportunità da sfruttare, a partire dalle centinaia di operai che saranno nella nostra città per mesi. Voglio essere fiducioso».