La progettazione dell’euro digitale e gli effetti sul sistema bancario

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Euro digitale
Euro digitale

Recentemente PayPal ha annunciato il lancio di un’iniziativa volta a sostenere la diffusione delle criptovalute: a partire dall’inizio del prossimo anno, i clienti statunitensi dell’operatore finanziario potranno comprare, vendere, custodire e utilizzare criptovalute per pagare gli acquisti nei negozi convenzionati. Nel corso dell’anno questo servizio verrà esteso al resto del mondo, rendendosi disponibile ai 346 milioni di utenti del colosso dei pagamenti, che nel solo secondo trimestre del 2020 ha elaborato pagamenti per 222 miliardi di dollari.

Se il Bitcoin (o bitcoin 360 ai) non sembra al momento uno strumento adatto alle transazioni quotidiane, a causa dell’elevata volatilità che ne vanifica l’efficacia come mezzo di pagamento, si può leggere questa iniziativa come un primo passo per preparare la diffusione delle valute digitali che saranno emesse in futuro dalle banche centrali. PayPal è da tempo interessata a questo fenomeno, essendo uno dei soggetti che inizialmente aveva sostenuto Facebook nella realizzazione del suo progetto Libra, salvo poi defilarsi a seguito dell’ostilità delle autorità verso il progetto.

Infatti, come abbiamo già riportato in articoli precedenti, diverse banche centrali hanno di recente avviato studie in alcuni casi anche sperimentazioni per capire le potenzialità delle valute digitali (CBDC). La stessa BCE, nel “Rapporto su un euro digitale” pubblicato il 2 ottobre scorso, menziona la necessità di valutare l’introduzione di valute digitali per fronteggiare l’eventuale diffusione di strumenti di pagamento digitali emessi da soggetti esterni all’area euro o privati, che potrebbero rimpiazzare gli attuali mezzi di pagamento. Si ritiene che il riferimento implicito sia rivolto proprio a Libra.

Nell’articolo menzionato in precedenza abbiamo anche analizzato come i dati recenti mostrino un declino dell’utilizzo del contante a favore di sistemi di pagamento digitale, un trend indotto non solo dal progresso tecnologico e dall’operato dei Governi, ma anche dall’epidemia. Secondo Warren Kornfeld, senior vicepresident di Moody’s Investors Service, in un mondo che si muove verso il digitale gli istituti bancari potrebbero trovarsi rapidamente in difficoltà in merito alle quote di mercato nei pagamenti al dettaglio, e potrebbero perdere il vantaggio competitivo nel settore del credito al consumo, oltre alla possibilità di accedere a dati finanziari su cui formulare strategie per i consumatori.

Ma le criticità che il digitale pone agli istituti bancari non si limitano a questo: in un recente approfondimento due giovani dottorandi di ricerca, Tammaro Terracciano e Luciano Somoza, hanno analizzato le conseguenze delle scelte di progettazione per la realizzazione delle valute digitali delle banche centrali, evidenziando come queste potrebbe avere delle ripercussioni anche sugli istituti bancari.

Partendo dagli obiettivi della progettazione, le valute digitali delle banche centrali (dette CBDC) dovranno anzitutto poter sostituire le banconote fisiche garantendo la sicurezza per il pubblico. In secondo luogo, come abbiamo accennato sopra, questo strumento sarà pensato per rafforzare la sovranità monetaria, fronteggiando le eventuali iniziative esterne. Infine, bisognerà prestare attenzione all’efficacia della politica monetaria: le valute digitali potrebbero aprire nuove possibilità, dalla gestione dei tassi di interesse sui depositi alla concessione di prestiti al settore privato.

Il raggiungimento di questi obiettivi dipende dalle scelte di progettazione della valuta digitale. In primis, bisogna distinguere le valute basate su token (un “gettone digitale”) da quelle basate su account (un conto associato al proprietario). Questa distinzione riflette una differente modalità di verifica della legittimità delle transazioni: nel primo caso si controlla l’autenticità del token, come si usa attualmente con le banconote fisiche; mentre nel secondo caso si verifica l’identità del pagante e il saldo disponibile del conto, come per le carte di credito. Da questa spiegazione si comincia ad intuire un’implicazione che deriva dalla scelta di una modalità piuttosto dell’altra: un sistema CBDC account-based non potrà consentire transazioni completamente anonime. Questo non significa che non si potranno implementare soluzioni per proteggere la privacy degli utenti, ma scegliendo questa opzione non si otterrebbe un perfetto sostituto del denaro fisico dal punto di vista dell’anonimato. Tuttavia, si potrebbero anche implementare sistemi ibridi con una valuta digitale basata su token e un sistema chiuso di conti certificati. Un’altra implicazione riguarda l’impossibilità da parte della banca centrale di pagare interessi su una valuta token-based, poiché come accade per le obbligazioni cedolari il valore del token aumenterebbe fino al momento del pagamento degli interessi per poi diminuire dell’importo del pagamento nel momento successivo.

La seconda scelta da operare riguarda i canali di distribuzione: in un sistema ad un livello le valute digitali verrebbero distribuite direttamente dalla banca centrale, che andrebbe così a competere con il settore bancario in relazione ai depositi, ponendo delle conseguenti problematiche legate ai servizi finanziari complementari. La banca centrale dovrebbe così rivestire nuovi ruoli e poteri, ma potrebbe calibrare la politica monetaria in base ai dati sulle transazioni. Invece, un sistema a due livelli coinvolgerebbe degli intermediari per distribuire la valuta digitale, permettendo quindi alle banche commerciali di mantenere il contatto con i clienti e competere sui prodotti finanziari complementari, beneficiando anche della possibilità di ottenere finanziamenti dalla banca centrale in base ai portafogli CBDC detenuti dai clienti dell’istituto bancario.

La combinazione di queste scelte può dare luogo a conseguenze molto diverse: in un sistema CBDC account-based ad un livello la banca centrale acquisirebbe un notevole potere, che potrebbe tradursi anche in una maggior efficacia della politica monetaria, potendo agire sul tasso di interesse direttamente sui conti dei cittadini. Tuttavia, questa soluzione potrebbe mettere in crisi gli istituti bancari, che perderebbero un ammontare considerevole di depositi a favore della banca centrale. Questo scenario è probabilmente il più clamoroso, con numerosi punti interrogativi: uno su tutti, visto che i prestiti erogati dagli istituti bancari sono funzione dei depositi presso gli stessi, bisogna capire in che modo garantire l’emissione di credito al pubblico.

Al contrario, un sistema CBDC token-based a due livelli non comporterebbe veri sconvolgimenti: dal punto di vista funzionale si continuerebbero a ritirare le banconote presso le banche commerciali, con la differenza che si tratterebbe di banconote digitali. Gli istituti bancari potrebbero quindi offrire casseforti digitali per archiviare i token, e potrebbero utilizzare i dati sulle transazioni dei propri clienti per fini commerciali.

Il “Rapporto su un euro digitale” indica quali sono le due soluzioni che si stanno valutando: la prima opzione consiste in un sistema CBDC token-based ad un solo livello, con la banca centrale che fornirebbe direttamente portafogli digitali al pubblico. I token potrebbero essere utilizzati anche offline e garantirebbero l’anonimato, mentre i depositi bancari che pagano interessi non dovrebbero perdere l’interesse del pubblico poiché i token, come attualmente accade per le banconote fisiche, dovrebbero rivelarsi meno convenienti a causa dell’assenza del pagamento di interesse.

La seconda soluzione proposta è invece un sistema account-based su due livelli: in questo scenario gli istituti bancari avrebbero nei propri bilanci conti CBDC, che offrirebbero parallelamente ai conti bancari. L’effetto di travaso dei depositi persisterebbe anche in questo scenario, ma le banche commerciali avrebbero l’opportunità di proporre servizi finanziari complementari. Inoltre, la banca centrale potrebbe utilizzare i depositi CBDC per finanziare le banche, influendo sull’erogazione di prestiti al pubblico in ottica di politica monetaria.

Infine, il rapporto suggerisce che queste due soluzioni potrebbero coesistere, in modo da soddisfare le diverse esigenze, come attualmente coesistono banconote fisiche e conti correnti bancari.

Oltre alla valutazione tecnica, la scelta della BCE difficilmente può prescindere dal confronto con le decisioni che verranno prese al di fuori dell’eurosistema. Alcuni esperti suggeriscono che gli Stati Uniti potrebbero preferire la convivenza della propria moneta pubblica con più criptovalute private, in virtù del ruolo di riferimento globale del dollaro. Al contrario, la Cina potrebbe optare per una soluzione orientata al controllo delle informazioni sulle transazioni digitali, utilizzando questi dati anche per finalità politiche.