Si è riempita della misurata leggerezza dell’eleganza e dell’intensità di Fiorella Mannoia l’ultima serata di “Vicenza in Festival 2024”, rassegna musicale che da anni ospita artisti di fama nazionale ed internazionale.
Lo scorso 5 settembre l’interprete romana ha incantato la splendida cornice di Piazza dei Signori gremita di fan pronti ad ascoltare i suoi più grandi successi che si sono succeduti nel corso del concerto e della tournée che l’artista ha deciso di donare al proprio pubblico dopo aver spento le 70 candeline.
Stretta in un raffinato abito bianco, da cui esplodeva la sua inconfondibile voce, ricca del calore dell’estate e preziosa depositaria di molti fra i più grandi successi della musica italiana, ha preso finemente spazio sul palco adornato con tre farfalle luminose a simboleggiare le tre sorelle dominicane Mirabal, assassinate il 25 novembre del 1960 per la loro dissidenza verso il regime a causa della sfrontata femminilità e per essere divenute capofila di una lotta che aveva come unico fine la libertà.
Tre farfalle a decantare le “Mariposas” (loro nome in codice che significa Le Farfalle) che l’artista ha celebrato anche nell’ultimo singolo sanremese, manifesto dell’emancipazione femminile.
Ad aprire la serata le note di un altro brano sanremese, quello dell’esordio del 1981, “Caffè nero bollente”, con cui l’Orchestra Saverio Mercadante di Altamura, diretta dal Maestro Rocco De Bernardis e composta da 21 elementi, ha offerto l’anticipazione di quella che sarebbe divenuta una serie di inediti arrangiamenti magistralmente scritti ed eseguiti assieme alla band della cantante (Sebastiano Burgio al pianoforte, Carlo di Francesco e Raul Scebba alle percussioni, Pierpaolo Ranieri al basso e Max Rosati alla chitarra).
Toccanti le interpretazioni de “I treni a vapore” di Ivano Fossati e di “Nessuna conseguenza”, inno della Fondazione Una Nessuna Centomila che sostiene i centri antiviolenza ed il grido di dolore e ribellione di molte donne.
Ma è dalle parole di Battisti e di “Io vivrò (senza te)” che il pubblico prende coraggio ed i cori, inizialmente incerti, cominciano ad allargarsi formando una nuvola luminosa di emozioni sopra la quale si sostengono la Mannoia e le sue interpretazioni.
Particolarmente toccante è il ricordo che quest’ultima ha riservato a “Giovanna d’Arco”, canzone ispirata all’eroina francese che De Gregori scrisse ed affidò a Fiorella dopo aver visto i riflettori illuminarle il capo durante un concerto ed aver avuto l’impressione che stesse indossando un elmo: “Uno tra i migliori brani mai scritti” è stato il commento della cantante.
Il pensiero corre a Lucio Dalla con “Se io fossi un angelo” mentre nella piazza cadono gocce leggere a benedire una serata che fino a poche ore prima era stata minacciata dall’ombra del maltempo.
In molti, infatti, avevano temuto di non poter trascorrere quelle ore da tanto attese nel suggestivo quadro vicentino in cui un gioco di suoni e luci ha riempito una cornice con i lampioni spenti e i cuori accesi.
L’orchestra dialoga con chitarra acustica e basso elettrico e l’artista introduce “In viaggio”, una riflessione epistolare da lei scritta per il disco “Sud” ed indirizzata ad una figlia immaginaria che vede partire verso il proprio futuro: “Rivendica il diritto ad essere felice, non dar retta alla gente, non sa quello che dice. Ricorda che l’umiltà apre tutte le porte e che la conoscenza ti renderà più forte.”
Da “Le notti di maggio”, “Combattente” e da “Margherita” di Cocciante – cantata all’unisono con gli spettatori-attori dello show di piazza – nascono emozioni intense che poggiano su delicati ed al contempo audaci accompagnamenti: sensazioni che abbracciano il pubblico fino a toccare le corde dell’anima, dove, lo sento dentro di me, rimarranno impigliate per sempre.
Mentre la pioggia si fa più rada fino a scomparire giunge il momento di “Pescatore” di Pierangelo Bertoli, accompagnato dall’ovazione del pubblico e dal drone che dall’alto riprende una piazza soldout.
Accorato l’appello di Fiorella e la sua riflessione sugli ideali pacifisti che animavano i giovani come lei negli anni Settanta: una generazione figlia dei drammatici conflitti bellici della prima metà del secolo scorso che custodiva ed allenava quotidianamente il sogno di un mondo migliore. “E se vi avessero e ci avessero detto che oggi il mondo sarebbe andato a rotoli ci avremmo creduto?” sono le parole di disappunto sull’attuale situazione mondiale che vede milioni di profughi nel mondo “vittime di decisioni politiche che corrono sopra alle nostre teste”.
E se i cori si assecondano instancabilmente come nodi di una corda che non si spezza sostenuta, come è, da archi e fiati, sono le sonorità latine di “Besame mucho”, che si intrecciano in un appassionante ed inaspettato mashup con “Quizas quizas quizas”, ad introdurre il “colpo di scena sonoro” quando i suoni tribali degli djembè di Carlo di Francesco (tra l’altro direttore artistico del concerto) sapientemente si sposano con i celebri versi di questi due classici intramontabili.
All’intensa interpretazione di “Sally” e di “Che sia benedetta” segue la consegna di alcuni poster e fiori alla cantante da parte di alcuni fan a cui concede dei selfie; poi arriva messaggio potente “Insegnate ai vostri figli che quando una donna dice ‘no’, è ‘no’ “ ad anticipare la canzone senza tempo “Quello che le donne non dicono”.
L’ultima parte del concerto vede l’artista mostrarsi in tutta la sua raffinata eleganza ballare sinuosamente su “Mariposa” mentre incita il pubblico che si stringe a lei in un unico abbraccio raggiungendola sotto il palco.
È “Il cielo d’Irlanda” a suggellare la serata in un finale elettrizzante in cui i riflettori virano ed i suoni si vivacizzano, in un connubio di groove ed armonia che veste il cielo di Vicenza dei colori della gioia e della pace… la stessa che, sotto forma di bandiera, Fiorella stringe tra le mani.